Tra Ovada ed Acqui Terme

il 09/10/2010 · Commenti disabilitati su Tra Ovada ed Acqui Terme

11/09/2010

Come esco dall’ autostrada noto l’ ipermercato a fianco, è inutile avanzare alla ricerca di un posteggio con tale abbondanza a portata di mano. Fa niente se allungo di 3km e se domani ci sarà il giro della valle Staffora, questo mi sembra un buon posto. L’ itinerario si snoda prima sulle collinette a sud di Ovada, poi in quelle più alte tra le valli Orba e Bormida, è un giro ricco di salite nuove suggerito parzialmente da Andrea Viterbori e Marco Guzzinati.

Dopo pochi km esco da Ovada dirigendomi verso la pianura, le numerose buche mi fanno sentire a casa, ma sulla sinistra c’è Rocca Grimalda che svetta su uno sperone raggiunto da uno strappo che mi manda in affanno nella parte finale. La vista panoramica sulle prime colline e su Ovada è bella, ma il giro è ancora lungo e quindi riparto poco dopo verso Carpaneto. Mi trovo sulle collinette dell’ alto Monferrato, le salite qui sono brevi e facili, con poco dislivello e poca pendenza portano dal basso sino a paesi fortificati ognuno con il loro personale castello. Carpeneto, Morsasco e Trisobbio, 3 salite con complessivi 200m o poco più di dislivello, intervallati solo da pochissima pianura.

Ritorno sulla statale e supero il passaggio a livello di Prasco, da qui panorami e strade cambiano improvvisamente. Sino alla parte alta del paese le pendenze sono contenute entro il 6%, dopo si svolta in tutti i sensi… Si comincia a rampare sù con la carreggiata che si restringe quando entra nel bosco, protetta da formazioni rocciose sedimentarie su cui le radici tentano di intrufolarsi, salendo a volte con calma, a volte con decisione. Per fortuna la segnaletica è buona e corrisponde sempre alla mia cartina, l’ unico dubbio viene a Morbello, dove la discesa che devo prendere sembra una stradina senza fondo.
Svalico un piccolo crinale su alcune interessanti rampe in un fitto bosco, poi salgo di nuovo verso Ponzone, un paesone sul crinale deturpato da grossi condomini con vista verso la val Bormida. Mi butto in picchiata verso la valle e ne risalgo il corso cercando il bivio per Cimaferle, raggiunta da una bella e ripida salita fortemente consigliatami da Guzzi. Il panorama cambia in fretta, passo dalle colline incolte al classico aspetto brullo e roccioso dell’ entroterra Savonese, col torrente che scorre a sinistra e le pareti verticali sulla destra. Sono così confidente sulla segnaletica che non trovo il bivio e proseguo sempre diritto fino a superare il cartello “provincia di Savona” dove capisco di aver perso l’ incrocio, ma visto che è da tanto che vorrei passare a Sassello, ci arrivo.
L’ amaretto è il comune denominatore di questo posto, 3 negozi affiancati vendono i loro prodotti incuranti della concorrenza, e già che ci sono ne approfitto per assaggiare gli ottimi dolci locali, dopo aver chiesto e ricevuto in maniera esaudiente tutte le informazioni sulla salita da compiere dalla proprietaria del negozio, in un misto di ammirazione ed apprensione per me a causa delle pendenze che voglio affrontare. Gli amaretti mi lasciano l’ amaro in bocca (giustamente direi), li assaporo mentre scendo spedito sino al bivio che avevo precedentemente mancato.

Lassù vedo delle antenne, troppo alte per essere il mio obbiettivo, ma dopo non molto la salita mi mostra il suo vero aspetto con diverse centinaia di metri che mi rendono fiero di non aver fatto togliere il 27. Si spiana, ma subito dopo si ricomincia con un continuo variare di difficoltà che mi porta in pochi kilometri sino a quelle antenne e a Cimaferle, la fine della salita.
Sbuco sulla strada che collega Acqui Terme col Bric Berton, seguendola lungo il crinale salirò più del dovuto a causa dei vari saliscendi. Quasi subito mi accorgo che la ruota posteriore fa uno strano rumore, dopo qualche imprecazione per una temuta foratura mi accerto che sia tutto a posto, forse è la strada penso, ma quando risento quel rumore con il cerchione che traballa controllo meglio e scopro che in un punto ha ceduto e si intravede la tela! La camera d’aria è ancora ben protetta, non dovrei bucare, ma è meglio proseguire senza deviazioni e facendo attenzione. Scendo con cautela dal Bric Berton, diventato famoso grazie ad alcuni passaggi alternativi al Turchino alla Milano-Sanremo, ma poi mi aspetta una salita inaspettata in direzione Urbe.
La ruota sembra reggere bene, tanto che seguo il percorso originale con la salita di Acquabianca. La discesa verso Tiglieto è snervante, uno strappetto si presenta ogni 3×2… Peggio ancora è la valle Orba, io pensavo di scendere e invece trovo alcuni strappi e addirittura 1km abbondante su sterrato battuto, quello che ci voleva con la mia ruota… Il resto prosegue in questa stretta vallata nella quale un tempo c’era una diga, che ha ceduto a causa delle intense pioggie inondando i paesi lungo il corso del torrente, provocando anche numerose vittime.
Non ho pace, mi sembra addirittura di guadagnare quota da quanti sono i cambi di ritmo, inoltre mi fermo a sgonfiare la ruota dietro visto che la tela è ormai uscita e non so quanto possa reggere. A Molare questa tortura finalmente finisce, mi mancano solo pochi km verso Ovada nei quali spero di non rimanere appiedato, speranza che stranamente viene realizzata.

In totale 142km e 2400m di dislivello.

Vista verso Ovada (sulla destra) dalla terrazza panoramica di Rocca Grimalda


Zona Ponzone con la valle Erro in basso ed il Monviso sullo sfondo


Bormida dal ponte verso Cimaferle

Dopo un attimo di riposo si riprende ad arrancare


Valle Orba e Tiglieto sullo sfondo

Ho fatto 80km con la ruota così

Lago di Naret (Ticino-CH)

il 05/10/2010 · 2 Comments

Sabato 31 luglio 2010

Che giornata!

Sono di nuovo qui a raccontarvi un’altra delle mie avventure estive.  Questa volta sono in compagnia di Paolo. E’ ormai più di un anno che puntavamo a mettere a referto questa salita che prometteva “fuoco e fiamme” sia per quanto riguarda i panorami sia per la lunghezza ed il fascino della salita d’alta montagna svizzera.

Nessuno ci mette fretta, per cui decidiamo di svegliarci con calma e di partire in direzione di Bignasco, piccolo paese situato lungo la Vallemaggia, una delle valli che si snodano su per le montagne sopra a Locarno. Dopo meno di due ore, tra severi limiti di velocità da rispettare (almeno in Ticino..), due chiacchiere, un po’ di sana e buona musica hard-rock e… la colazione in macchina di Paolo … arriviamo nel luogo di partenza. La valle, vista dall’automobile, si rivela fin dai primi momenti davvero affascinante e promette bene per la giornata e future nuove gite in zona (individuiamo con piacere alcuni bivi che portano ad altre salite che prima o poi faremo).

Parcheggiamo sotto una parete di roccia poco prima del paese, scarichiamo le bici e ci prepariamo. L’adrenalina è già alle stelle, è da troppo tempo che sogniamo questa salita ed ora è arrivato il tanto desiderato momento per “matarla”. Partiamo! Dopo i primi 300m, passiamo sopra il ponte nel centro di Bignasco, qui inizia ufficialmente la salita del Lago di Naret (per quanto alcuni risalgono la valle da Locarno! 66km in totale!)

Questo è il grafico della salita:

http://www.salite.ch/CH/naret.png

L’inizio è soft. I primi 10 km dei 32 abbondanti di salita sono abbastanza tranquilli e pur partendo dall’auto in salita le nostre gambe sembrano rispondere bene. Già questo è un buon segno per la scalata. Il panorama è il classico di media montagna, tanto verde e boschi la fanno da padroni mentre la lunga e larga striscia d’asfalto si inerpica per di essa, ogni tanto tra un drittone e tratti di interessanti tornanti e tornantelli guardiamo sulla nostra destra e scorgiamo il fiume Maggia e i suoi pittoreschi massi grigio-baincastri.

Siamo a Peccia, paese del marmo e della scultura. Qui dopo aver superato il bivio che porta tramite una facile salita di 10km ai Piani di Peccia, proseguiamo verso l’estremo Nord della valle e il paesaggio si fa sempre più selvaggio e affascinante. La giornata non può essere migliore, limpidissima, neanche una nuvoletta di passaggio. Qui le pendenze iniziano a farsi interessanti, in diversi tratti si supera il 10% di pendenza. Due tornanti ravvicinati ci permettono di addentrarci nel sopra-valle. Superato questo tratto non certo facilissimo arriviamo a Mogno, caratterizzata dalle sue particolari malghe, dopodiché un tratto pianeggiante ci permette di tirare un po’ il fiato.

Ecco Fusio, altro bellissimo borgo arroccato sulla sinistra della salita con i suoi interessanti “magazzini” in legno.

Un tratto di vera salita e un paio di gallerie scavate nella roccia ci permettono di arrivare all’intermedio della salita, ovvero la Diga del Sambuco. Impressionante l’altezza della diga.

Cerchiamo di non spingere troppo in questi 3km abbondanti di piano ma del resto è il paesaggio che ci obbliga a goderci tutti lo scorci di questi luoghi. Proseguendo sulla strada a destra della diga notiamo diverse piccole cascatine che danno il loro contributo alla diga.

Ora è tempo di fare sul serio, non che i primi 23km fossero una passeggiata ma pensiamo di essere preparati a quello che ci aspetta. Ma forse non abbastanza eh eh. Appena lasciataci la diga alle spalle  (ogni tanto un’occhiata indietro è sempre benvenuta) le pendenze passano subito all’8-11% medio per più di 1km prima del terribile muro.

Ci aspettavamo pendenze quasi proibitive, ma in quel tratto ci sembra di essere sulle rampe più dure del Mortirolo! Ed in effetti non ci aspettavamo un drittone, contavamo su qualche tornante dove rifiatare ed invece … per quasi 500m la pendenza media è del 16% ma ci sono tratti al 19-20% che tagliano le gambe. Con fatica (e soddisfazione) superiamo il Muro. Riesco a rimanere davanti a Paolo nonostante le pendenze proibitive e questa è una seconda impresa! Pascoli, malghe, mucche, capre, crinali e il cielo limpido la fanno da padroni. Siamo sempre più affascinati e ci verrebbe voglia di fermarci e gustarci il tutto più lentamente. Ma non c’è tempo, la decisione era quella di fare tutta la salita senza fermarci e quindi rinviamo alla discesa il tour naturalistico. E comunque, davanti a noi in mezzo alla montagna spicca una stretta ma ben visibile lingua d’asfalto che porta al Naret. Rimaniamo un attimo sconcertati da quello che ancora ci aspetta ma proseguiamo senza remora. Un paio di tornanti impegnativi portano ad una brevissima discesa e a un tratto in falsopiano nei pressi della località Grasso di Dentro.

Superata la fattoria e portatici (per la prima volta) sul fianco sinistro della valle ci aspetta il pezzo più duro e temuto. Gli ultimi 5km sono davvero impegnativi, quasi proibitivi se dopo quasi 30km non hai più resistenza per le lunghe salite. Fortunatamente quest’anno gli allenamenti sono andati bene e quindi ci apprestiamo all’impresa. Mancano 500m di dsl circa al lago del Naret in 5,5km…

Affrontiamo dei drittoni impressionanti e delle curve, semicurve e tornantoni che arrivano al 17% (a me sembra di più) . Nel primo tratto il paesaggio non è ancora “lunare”, alcune centinaia di alberi sparsi per i crinali ci fanno compagnia. La salita non dà tregua, non ci sono spazi dove si può respirare. Maledico il fatto di avere a disposizione come rapporto più agile solo il 28 ma stringo i denti e proseguo. Dopo averlo staccato di qualche centinaio di metri, Paolo con la sua progressione mi riprende e scatta in fuga solitaria. Io arranco ma gli scenari paradisiaci di questo angolo di Svizzera mi fanno letteralmente dimenticare la salita. Lungo questo tratto di ascesa passiamo tra diversi laghetti morenici protetti, nonostante sia ormai agosto, ancora da qualche rimasuglio di neve. Sopra i 1950-2000m non c’è più un albero. Dominano il verde e l’azzurro incontrastato e rassicurante del cielo.

Tra un laghetto e l’altro sono ormai convinto che la salita è quasi finita ma così non è, la salita sempre dura si inerpica su per la montagna mentre alla nostra sinistra sfrecciano alcuni ciclisti in discesa (le macchine sono davvero rade per tutta la salita, fortuna c’è anche una piccola discesina che precede gli ultimi 500m. In qualche modo riesco a superare gli ultimi km e sono finalmente davanti alla diga. Penso ormai che la salita sia finita. Macché… Bisogna oltrepassare la diga e quindi ancora salita dura fino alla diga. Ma pian piano, dopo quasi 3h di ascesa supero gli ultimi 2 tornanti e gli ultimi 50m come al solito caratterizzati da pendenze oltre al 10%.

FINALMENTE IL LAGO! C’è un piccolo dosso appena arrivati alla diga, decido che è lì la fine della salita e scatto alla sua conquista. Ora è davvero conclusa la salita.

Paolo si sta già crogiolando al sole seduto sul parapetto della diga. Rimaniamo letteralmente incantati da quello che ci offre la natura incontrastata di questi posti. Siamo davvero esaltati e soddisfatti. Scatto non so quante foto e dopo diversi minuti di beata contemplazione esploriamo tutta la diga. Ci dirigiamo prima verso Est, dove l’altro lato della diga ci presenta una tipica valle di montagna e dove diversi pescatori sembrano davvero soddisfatti.

Il lato ovest della diga presenta una strada sterrata che ci porta oltre il Lago di Naret per poterlo ammirare da un’altra visuale (Nord) e per permetterci di scorgere altri due piccoli e suggestivi laghetti. I cartelli indicano i sentieri che portano alle cime sopra il lago. Per chi volesse salire al passo sono altri 30minuti a piedi. Non c’è la sentiamo di salire con la bici da corsa. Del resto siamo già soddisfatti. Qualche altra foto (sono davvero tanto ma non potevo postarle tutte) e si è fatto tempo di tornare indietro, non prima di una foto a Paolo in mezzo ai rimasugli di neve dell’inverno trascorso. Durante l’inverno spaccerà la foto come appena scattata :-)

La lunga discesa diventa davvero un piacere con il passare dei km. I primi sono tecnici ma Paolo va giù spedito mentre io scendo tranquillamente godendomi il paesaggio e scattando le fotografie. Ad un certo punto penso addirittura di essermi attardato decine e decine di minuti. Ma così non è. Poco sotto la Diga del Sambuco trovo Paolo sdraiato nell’erba accanto all’unico chiosco esistente in tutta la salita. Sosta pranzo obbligatoria mentre un brutto tafano si accanisce sul piede del mio compagno di pedalata …

L’escursione avrebbe previsto l’esplorazione di altre due piccole valli laterali che ci avrebbero portato ai Piani di Peccia (da Peccia) e più tardi alla Valle Bavona (dalla stessa Bignasco) ma il piede gonfio di Paolo ci suggerisce che forse è meglio tornare al nostro paese anche perché poi si farebbe troppo tardi; inoltre è da constatare il fatto che siamo abbastanza stanchi, fateli voi 32km di quasi continua salita con punte al 20%!

Gli ultimi km di discesa sono una pura formalità e tocchiamo anche punte di 70-80km/h. Alcuni paesini che ci lasciamo alle spalle meritano davvero di essere visitati …

Alla macchina e per tutto il viaggio di ritorno la soddisfazione è palpabile. D’altronde questa salita era un obiettivo di antica data e rappresenta per il sottoscritto (ma anche per Paolo) la più avvincente avventura del 2010 e forse il Naret rappresenta la salita più bella che abbiamo mai scalato in assoluto. Nivolet e Gavia non sono troppo lontani …

Col sorriso stampato in faccia torniamo verso casa mentre Paolo, come sempre eheh, si addormenta. Io intanto mi ascolto Rolling Stones, Whitesnake, Audio slave e 3 doors down tra una curva e l’altra distogliendo gli occhi quando possibile per ammirare il sempre eterno e paradisiaco panorama fornitoci gratuitamente da quel gigante piatto che corrisponde al nome di Lago Maggiore.

Alla prossima avventura

Fabio (Spurs84)

p.s. La scelta delle foto da selezionare è stata davvero ardua!

p.s.s. Consiglio a chi voglia intraprendere questa salita di andarci in una giornata limpida possibilmente senza nuvole. Vedrete che ne varrà la pena.

Val d’Aveto

il 02/10/2010 · Commenti disabilitati su Val d’Aveto

04/09/2010

La val d’ Aveto è nei miei pensieri da anni ormai, ma non ho ancora avuto l’ occasione di esplorarla. Grazie all’ aiuto di Piero Lenti e Roberto Bartoli riesco a tracciare quello che forse è l’ itinerario migliore rimanendo in un range di difficoltà normale. La partenza è da Ponte Organasco, frazioncina della val Trebbia ai piedi del monte Lesima, e dopo un solo km di discesa inizio già a salire verso Cerignale lungo la strada sul crinale sinistro della val d’ Aveto, piccolo torrente che come il Trebbia si è scavato una stretta e scenica valle tra le vette dell’ Appennino.
La salita scorre via tranquilla, la temperatura è quella giusta e la visibilità buona mi permette di ammirare sia il Lesima lassù a 1724m che Corte Brugnatella là in fondo. Dopo il paesino si sale ancora con più discontinuità, ogni tanto si spiana e ne approfitto per guardarmi intorno, il panorama boschivo è tagliato dalla valle e l’ unico spunto di varietà rispetto al manto di vegetazione è dato da paesini aggrappati alle pendici e fuori dal mondo. Supero il bivio per Ottone e proseguo su questa stradina tenuta bene, superando alcuni nuclei abitativi ed una piccola salita ad un passo quasi sconosciuto di cui non ricordo il nome. Una discesa tecnica mi fa abbandonare il crinale lanciandomi nella valle al centro del mio itinerario, dove mi aspetta un asfalto grattugia, che sebbene sia uniforme è talmente ruvido da mangiarsi una parte della mia pedalata fino a Rezzoaglio, paese che sinceramente mi aspettavo più grande.

Riparto salendo verso Santo Stefano d’Aveto, chicca montana dell’ alta Liguria ad oltre 1000m di altezza. La strada continua a mantenersi ruvida, superando varie frazioni una dopo l’ altra sino alla seguente discesa, che avevo già preventivato e che mi fa guadagnare una salita extra al mio elenco. Sulla destra in prossimità di 2 stradine trovo il cartello per il passo Tomarlo, so che la strada sulla quale sono è quella giusta, ma poi capisco dove mi trovo ricordandomi di esserci passato ad inizio estate con Aresius e fratello, per cui avanzo tranquillo sino a Santo Stefano.
Nonostante sia lontano da altri luoghi importanti qui non manca di certo la vita, bisogna stare attenti al traffico prima di continuare verso i 1482m del passo. L’ asfalto riesce addirittura a rendere faticoso il 7% costante di questa strada a 2 corsie, ma ormai anche la fame si sta facendo viva e lo stomaco brontola cibo… In cima fa freschetto, nulla di che comunque, ne approfitto per una foto che mi ha scattato un appassionato di funghi con un cesto trabordante.
Non finisco completamente la discesa, nonostante la fame ho ancora le forze per soddisfare la mia curiosità lungo le rampe di Rocca d’Aveto, dove le “dolomiti liguri” si aprono e si stagliano sopra questa stradina che non condede tregua se non al piazzale della seggiovia sciistica. Mi annoto mentalmente di usare la funivia sino in cima una volta nella vita, e quindi torno indietro a Santo Stefano stizzito perchè mi toccherà spendere per mangiare. Ma l’ arte del risparmio (o della tirchieria) mi appartiene ed entro in un supermercato nel quale con 1€ acquisto focaccia e brioche, che fagocito con tranquillità al parchetto osservando i vecchietti giocare a bocce. E’ bello vedere che non hanno ancora perso questo spirito di comunità, rafforzato dagli inverni tutt’ altro che Liguri della zona.

Ormai leggermente sfamato mi manca l’ ultima nuova salita, che poi scende a Torrio e da li in val d’ Aveto, su uno stradino nascosto da un fitto bosco che ad Ottobre deve essere spettacolare, e che non a caso è una delle salite preferite di Roberto. Il vento di discesa mi sospinge tra le strette pareti di questa nervosa valle, alcuni strappi rompono il ritmo di questa carreggiata tra monti e fiume, che prima prosegue diritta e poi improvvisamente si tuffa in basso con tornanti e curve addirittura scavate nella roccia. Molto bella, ma anche molto lunga, aziono il count down per Corte Brugnatella coi cartelli kilometrici a lato, a -2 sono tecnicamente in val Trebbia, ad -1 invece col 34, ma poi arrivo… finalmente!
Manca poco, oggi non sono energico come al solito ma pazienza, mi manca solo la salita della casa Cantoniera al 5% lungo la valle e l’ ultimo km che non mi permette l’ attimo di relax finale. Un bel cappuccino al bar/ristorante di fronte al piazzale è quello che mi serve prima del ritorno, visto che non si butta via niente mi bevo pure il latte caldo avanzato!

In totale 122km, 2700m di dislivello e 6 nuove salite.

Ponte Organasco, paese in val Trebbia da dove sono partito


L’ abitato di Cerignale con il monte Lesima lassù sullo sfondo


La val Trebbia e Corte Brugnatella dallo stesso punto

Foto ricordo, in fondo il Tomarlo è pur sempre un passo importante


Santo Stefano d’ Aveto


Salendo verso Rocca d’Aveto


La salita della casa cantoniera in val Trebbia, quella finale al 5%


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