Melogno, Tanaro e Toirano

il 29/05/2011 · Commenti disabilitati su Melogno, Tanaro e Toirano

Studiandomi vari itinerari liguri, anche grazie ai preziosi consigli di Piero Lenti, sono saltati fuori 2 percorsi niente male nel Savonese. L’ unico loro punto in comune è a Garessio, nel Cuneese, ma per comodità di viaggio pernotterò a Toirano, paese con un tipico centro a pochi kilometri dalle spiagge di Borghetto santo Spirito.

Oggi è il giorno del giro facile, che grossomodo percorre al contrario la Medio fondo di Pietra Ligure che ho disputato nel 2003 e 2007. Non ho aspettative particolari, ci sarà molto fondovalle ed i posti non mi saranno nuovi, sebbene in gara abbia solo percepito la bellezza della salita al giogo di Toirano, o l’ impegno necessario per il colle del Melogno.

I primi metri scorrono via veloci, sul lungomare cerco di rimanere il più possibile al confine delle spiagge, già frequentate da turisti che come me respirano il sapore della salsedine emanato dalle onde infrante sugli scogli. Queste sono le zone in cui lego i miei ricordi vacanzieri dell’ età pre-adolescenziale, quando guardavo quella via che saliva a Toirano, e sognavo gli alti monti che sovrastano il mare… Ora i sogni sono alla mia portata e partono da Finale Ligure, con il nome di Colle del Melogno, una salita infinita di 14km senza un metro in cui rifiatare. Una di quelle ascese da prendere costanti per potersi salvare. Non è nulla di eccessivo, però 1000m di dislivello son da prendere con la dovuta cautela.
Poco prima del GPM scopro che ho sempre incluso questo passo nel mio elenco senza permesso, le gare arrivavano a questo bivio che si trova 500m prima del fortino che segna il punto più alto, regalando un suggestivo passaggio in un tunnel. Torno indietro a quel bivio ed incontro un altro disperso come me, che ha ancora 2 ore di libertà e cerca di sfruttarle al meglio studiandosi la cartina. Il bello del ciclismo è che bastano 2 parole per diventare soci e proseguire insieme verso la frazione Bormida, schivando buche e trovando accidentalmente il bivio per Osiglia, che intraprendiamo. Lui è di Alba, dopo la salita insieme gli lascio il biglietto da visita di questo blog, spero che lo stia leggendo :). Il suo ritorno sarà nuovamente per il colle del Melogno, mentre per il sottoscritto si tratta ancora della prima metà.

Osiglia mi accoglie lanciandomi sulle rive del lago ononimo, c’è un forte vento a favore che dal mare scavalca i monti e che mi spinge sino alla val Bormida. Ora c’è il tratto più noioso, la strada larga e bella scorre tra 2 strette file di monti incontrando sporadiche frazioni e una frana che ha completamente chiuso il passaggio, tanto che è stata creata in fretta e furia una deviazione apposita. Eolo fa i capricci, prima mi spinge, poi mi frena, poi mi rispinge senza soluzione di continuità sino al bivio del colle dei Giovetti. L’ idea iniziale mi porterebbe a Garessio, ma quei tornanti dalla pendenza contenuta mi invitano troppo e quando sono in cima decido di semplificarmi il percorso scendendo a Bagnasco, in val Tanaro, consapevole di sorbirmi una quindicina di km di piano in una vallata più larga della precedente, ma con l’ aria costantemente in faccia che fa saltare la catena dal 50 (nei momenti di bonaccia) al 34, quando arrivano le sferzate più forti. L’ inclinazione sotto la ruota è trascurabile, ma è qui che farebbe proprio comodo un compagno di viaggio con cui dividere le fatiche.

Garessio mi accoglie con l’ ultima neve dei suoi monti e con delle pale eoliche sul crinale, già penso a domani quando queste bellezze le avrò sottomano, per adesso devo preoccuparmi della successiva salita, con diversi kilometri tra 9% e 10% che terminano ai 1130m del colle Quazzo. Questa è stata tosta, ed ora la fatica si fa sentire, il ritmo cala anche grazie alla volontà subconscia di risparmiare energie per domani (160km e 3.4km di dislivello). Picchiata divertente a Calizzano, manca solo uno svalicamento prima della fine, o almeno è ciò che credo.

Un giro a Bardineto è un’ ottima scusa per far riposare la gamba, manca ancora della strada al giogo di Toirano e questo vento opposto aumenta del 2-3% la pendenza che sulla carta è molto facile. Rimango sorpreso quando intravedo il passo, sono felice perchè alla fine non c’è stata salita, però credevo di aggiungerne una al mio lunghissimo elenco. La discesa è bellissima, un asfalto tenuto bene accompagna i diversi tornanti di questa serpentina che si incunea in 2 pareti di roccia, con un panorama di forti contrasti tra la montagna ed il mare sullo sfondo, con paesini che sembrano sorti qui come se i semi dell’ umanità sia stato portato dal vento e si siano fermato proprio in questi punti.
Nonostante tutto sono in orario, decido quindi di scalare il ripido strappo delle famosissime grotte di Toirano, dopo tutti i kilometri controvento il 15% fa quasi piacere. Il B&B in cui dormo è nel centro storico del paese, fatico a trovarlo avendo così l’ occasione di conoscere la faccia bella di questo paese, formato da un centro vietato alle macchine e meritevole dei 100 borghi più belli d’ Italia, circondato invece da condomini e strade come molti luoghi turistici liguri.

Finisco la giornata con una doccia (ovviamente) ed una cena con pizza e secondo. La pizza Margherita è la miglior scelta per il rapporto qualità/prezzo: costa la metà di un piatto di pasta e nutre un 30% in più. E come dolce, un bel gelatone gigante!

In totale 143km e 2700m di dislivello alla ragguardevole media dei 25 orari! La traccia è questa: http://tracks4bikers.com/tracks/show/52914
I consigli che posso dare sono questi:
le valli Tanaro e Bormida sono molto ventose, essere in un gruppo anche piccolo è di grande aiuto.
Forse è meglio percorrerlo in senso inverso, salendo prima al Gioco di Toirano e poi al Melogno direttamente da Osiglia.

Chi vuole accorciare può evitare il passaggio in val Tanaro evitando Garessio, in tal caso diventa un giro piuttosto abbordabile.

Colle del Melogno nella galleria artificiale del forte

Panoramica del lago di Osiglia

La frana a Murialdo che ha completamente bloccato la statale

Dal Giogo di Toirano verso il mare. Mi lancerò lì in mezzo

Toirano dal parcheggio delle grotte


bi-superFaiallo e sterrato

il 18/05/2011 · Commenti disabilitati su bi-superFaiallo e sterrato

10 Aprile

La provincia di Genova è la mia seconda casa, il luogo delle mie prime avventure extraterritoriali e di quelle che all’ epoca erano le più dure salite mai fatte. Ora, nel 2011, conosco quasi tutte le strade tra Savona e Chiavari, ma mi mancano ancora alcune salite secondarie di grande importanza: il Faiallo via Cannellona e Cappelletta e almeno un versante meridionale della Madonna della Guardia, che spero di completare quest’ oggi partendo da Masone.

Il clima nell’ entroterra è rovente, l’ ideale per la fine di Maggio con massime stimate sui 28° (ma è metà Aprile!), ma in riviera sarà ben più fresco con massime sui 20°, la canutiera leggera tornerà utile. Ho con me nel baule anche una camera d’aria e un copertone di scorta, non si sa mai con le mie ruote abbastanza consumate.
Via Cappelletta è un muro, in poco più di un kilometro arriva sulla strada del Faiallo, ben sopra al Turchino. Nella sua ricerca vengo rapito dal cartello “strada panoramica del serpente”, che seguo trovandomi appena sopra ad una piccola cascata in un territorio brullo e roccioso, con alcune abitazioni avvinghiate alla nuda roccia a pochi minuti dal paese principale. Riscendendo imbocco il bivio giusto, su un asfalto ruvido che entra nel bosco ed inizia a respingere il mio pur docile peso, lottando contro la forza newtoniana per eccellenza e contro la mia volontà che porterebbe la catena sul 34×27. Arranco dignitosamente su tratti al 17%, poi alle prime case di Cappelletta posso respirare, il primo “Super-Faiallo” è fatto!.

Ricordo dal 2004 la bellissima discesa del Turchino, ora piena di motociclisti che tento di sfidare con curve al limite della sopportazione del mio copertone ormai liscio, che trema alle velocità maggiori e che mi preoccupa un po’ sino alla foratura ai 50kmh in una semicurva a destra, lasciandomi il tempo di frenare prima di constatare l’ ovvio: la prima foratura dell’ anno. A destra un cartello indica la stazione di Mele, sento che la sfiga deve essere pareggiata e tento di arrivare in stazione con la speranza di prendere al volo uno dei rari treni per Masone, dove ho a disposizione qualsiasi ricambio. Purtroppo un abitante gentilissimo mi avvisa dell’ attesa di un’ ora, cercando di aiutarmi con una pompa non compatibile con le valvole di una bicicletta stradale.
Ricado sui vecchi metodi, smonto la gomma, cambio camera d’aria e rigonfio la ruota a circa 4 atmosfere. Il giro è rovinato, ma ora che sono in zona cerco comunque di approfittarne.

Scendo comunque a Voltri e cercando via Cannellona seguo una forte triatleta che per preparare una mini Ironman mi porta sino a Fabbriche, un’ altra salita imprevista seppur facile, poi con lo spirito dell’ esploratore sperduto chiedo indicazioni, finisco su strade sterrate e solo alla fine trovo quel famoso muro assimilabile ad un tratto di Mortirolo Genovese. La chiamano “il brevetto“, se la si fa tutta senza mettere il piede a terra si è buoni ciclisti, sta di fatto che grazie al 27 mai fatto togliere non solo non corro il rischio di uno stop, ma la trovo meno difficile del previsto, con massime non esagerate e soli 2,4km consecutivi veramente duri, che scopro solo adesso avere una media del 13%, tratto nel quale non sono mai sceso sotto gli 8 orari.

Anche questa è fatta, ritorno a Masone per mangiare la brioche e sistemare ruota e ricambi. E’ troppo presto per andare a casa, è troppo tardi per il giro originale, ma ho già l’ idea di riserva che guarda quel cartello blu indicante i Piani di Praglia, voglio vedere sin dove arriva l’ asfalto e si sa mai che la cima sia raggiungibile!
Salgo e salgo abbastanza, ma alla fine mi aspetta solo uno sterrato sporco con pietre e sabbia, improponibile per una bicicletta da corsa, non mi resta che scendere e vedere dove mi porta quel bivio in discesa da Romitorio verso Prato Rondanino. Dopo un tratto molto ripido scopro che la strada arriva sino ad un guado cementato, seguito da un altrettando duro strappo che da l’ inizio ad una salita in cui il dislivello dato dalle autentiche voragini non è trascurabile, una addirittura è talmente grossa che mi scopro funambolo nel passare negli unici 20cm di strada intera, omettendo la foto della più grossa buca mai vista (e dire che ci sono abituato!).
Anche qui, a Prato Rondanino, si arriva allo sterrato, ma mi dicono essere ciclabile, perciò tento l’ impresa. La ciclabilità è bassa, alcuni punti sono su pietre, altri su sabbia scavata da rili d’ acqua piovana, devo fare attenzione a non scivolare sul terreno sdrucciolevole e in alcuni tratti sono al limite dell’ equilibrio su pendenze da salita vera, ma alla fine trovo le sbarre e l’ asfalto con esse. Dopo il Bi-Super-Faiallo compio un’ altra piccola impresa off-road, ci vorrebbe come minimo la bici da ciclocross per salire, ma solo la mtb è adatta a questa via.

Salgo sino a raggiungere i Piani di Praglia e fermarmi al bar per un gelato, seduto al sole assieme a decine e decine di gitanti della domenica venuti qui per godersi la montagna, ma non il fresco, dato che la temperatura è la stessa che c’era a pochi metri dalle spiagge. Scendo a Campo Ligure facendo bene attenzione a non farmi fregare da quella curva infida prima del paese, fallendo parzialmente, per poi arrivare a Masone sospinto dalla tramontana in compagnia di un tifoso sampdoriano triste per gli scarsi risultati dei blucerchiati, ciclista che mi fa i complimenti sia per la Cannellona che per lo sterrato odierno, e che mi porta ad allungare di alcuni kilometri sino a Molino del Pesce, la più pianeggiante delle frazioni di Masone.

Ho perso la Guardia dal versante sud, ma nonostante tutto è stato un bel giro di 105km e 2400m di dislivello

La cascata del Serpente


quartieri alti di Voltri


verso la Cima dell’ Inferno, passo Faiallo


panorama dai Piani di Praglia

L’ altimetria di Via Cannellona per gradire

La provincia di Genova è la mia seconda casa, il luogo delle mie prime avventure extraterritoriali e di quelle che all’ epoca erano le più dure salite mai fatte. Ora, nel

2011, conosco quasi tutte le strade tra Savona e Chiavari, ma mi mancano ancora alcune salite secondarie di grande importanza: il Faiallo via Cannellona e

Cappelletta e almeno un versante meridionale della Madonna della Guardia, che spero di completare quest’ oggi partendo da Masone.

Il clima nell’ entroterra è rovente, l’ ideale per la fine di Maggio con massime stimate sui 28° (ma è metà Aprile!), ma in riviera sarà ben più fresco con massime sui

20°, la canutiera leggera tornerà utile. Ho con me nel baule anche una camera d’aria e un copertone di scorta, non si sa mai con le mie ruote abbastanza

consumate.
Via Cappelletta è un muro, in poco più di un kilometro arriva sulla strada del Faiallo, ben sopra al Turchino. Nella sua ricerca vengo rapito dal cartello “strada

panoramica del serpente”, che seguo trovandomi appena sopra ad una piccola cascata in un territorio brullo e roccioso, con alcune abitazioni avvinghiate alla nuda

roccia a pochi minuti dal paese principale. Riscendendo imbocco il bivio giusto, su un asfalto ruvido che entra nel bosco ed inizia a respingere il mio pur docile

peso, lottando contro la forza newtoniana per eccellenza e contro la mia volontà che porterebbe la catena sul 34×27. Arranco dignitosamente su tratti al 17%, poi

alle prime case di Cappelletta posso respirare, il primo “Super-Faiallo” è fatto!.

Ricordo dal 2004 la bellissima discesa del Turchino, ora piena di motociclisti che tento di sfidare con curve al limite della sopportazione del mio copertone ormai

liscio, che trema alle velocità maggiori e che mi preoccupa un po’ sino alla foratura ai 50kmh in una semicurva a destra, lasciandomi il tempo di frenare prima di

constatare l’ ovvio: la prima foratura dell’ anno. A destra un cartello indica la stazione di Mele, sento che la sfiga deve essere pareggiata e tento di arrivare in

stazione con la speranza di prendere al volo uno dei rari treni per Masone, dove ho a disposizione qualsiasi ricambio. Purtroppo un abitante gentilissimo mi avvisa

dell’ attesa di un’ ora, cercando di aiutarmi con una pompa non compatibile con le valvole di una bicicletta stradale.
Ricado sui vecchi metodi, smonto la gomma, cambio camera d’aria e rigonfio la ruota a circa 4 atmosfere. Il giro è rovinato, ma ora che sono in zona cerco

comunque di approfittarne.

Scendo comunque a Voltri e cercando via Cannellona seguo una forte triatleta che per preparare una mini Ironman mi porta sino a Fabbriche, un’ altra salita

imprevista seppur facile, poi con lo spirito dell’ esploratore sperduto chiedo indicazioni, finisco su strade sterrate e solo alla fine trovo quel famoso muro assimilabile

ad un tratto di Mortirolo Genovese. La chiamano “il brevetto”, se la si fa tutta senza mettere il piede a terra si è buoni ciclisti, sta di fatto che grazie al 27 mai fatto

togliere non solo non corro il rischio di uno stop, ma la trovo meno difficile del previsto, con massime non esagerate e soli 2,4km consecutivi veramente duri, che

scopro solo adesso avere una media del 13%, tratto nel quale non sono mai sceso sotto gli 8 orari.

Anche questa è fatta, ritorno a Masone per mangiare la brioche e sistemare ruota e ricambi. E’ troppo presto per andare a casa, è troppo tardi per il giro originale,

ma ho già l’ idea di riserva che guarda quel cartello blu indicante i Piani di Praglia, voglio vedere sin dove arriva l’ asfalto e si sa mai che la cima sia raggiungibile!
Salgo e salgo abbastanza, ma alla fine mi aspetta solo uno sterrato sporco con pietre e sabbia, improponibile per una bicicletta da corsa, non mi resta che

scendere e vedere dove mi porta quel bivio in discesa da Romitorio verso Prato Rondanino. Dopo un tratto molto ripido scopro che la strada arriva sino ad un guado

cementato, seguito da un altrettando duro strappo che da l’ inizio ad una salita in cui il dislivello dato dalle autentiche voragini non è trascurabile, una addirittura è

talmente grossa che mi scopro funambolo nel passare negli unici 20cm di strada intera, omettendo la foto della più grossa buca mai vista (e dire che ci sono

abituato!).
Anche qui, a Prato Rondanino, si arriva allo sterrato, ma mi dicono essere ciclabile, perciò tento l’ impresa. La ciclabilità è bassa, alcuni punti sono su pietre, altri

su sabbia scavata da rili d’ acqua piovana, devo fare attenzione a non scivolare sul terreno sdrucciolevole e in alcuni tratti sono al limite dell’ equilibrio su pendenze

da salita vera, ma alla fine trovo le sbarre e l’ asfalto con esse. Dopo il Bi-Super-Faiallo compio un’ altra piccola impresa off-road, ci vorrebbe come minimo la bici da

ciclocross per salire, ma solo la mtb è adatta a questa via.

Salgo sino a raggiungere i Piani di Praglia e fermarmi al bar per un gelato, seduto al sole assieme a decine e decine di gitanti della domenica venuti qui per godersi

la montagna, ma non il fresco, dato che la temperatura è la stessa che c’era a pochi metri dalle spiagge. Scendo a Campo Ligure facendo bene attenzione a non

farmi fregare da quella curva infida prima del paese, fallendo parzialmente, per poi arrivare a Masone sospinto dalla tramontana in compagnia di un tifoso

sampdoriano triste per gli scarsi risultati dei blucerchiati, ciclista che mi fa i complimenti sia per la Cannellona che per lo sterrato odierno, e che mi porta ad

allungare di alcuni kilometri sino a Molino del Pesce, la più pianeggiante delle frazioni di Masone.

Ho perso la Guardia dal versante sud, ma nonostante tutto è stato un bel giro di 105km e 2400m di dislivello

Entroterra Spezzino

il 12/05/2011 · Commenti disabilitati su Entroterra Spezzino

5 Aprile

Ritorno sul blog dopo un bel pezzo con il racconto della terza giornata di questa tripletta Spezzina. Oggi sulla carta c’è il giro meno bello e più facile, che si snoda lungo la val di Vara ed arriva in riviera sconfinando in provincia di Genova. Un giro ideale pensando al rientro a casa e all’ eccesso di kilometri accumulato nei 2 giorni precedenti. Ma …

La colazione al B&B “La luna nel borgo” è addirittura meglio del giorno precedente, con prelibatezze locali che si tuffano nel mio esofago e com le poche superstiti che vengono insacchettate per un “pranzo” da consumare con l’ avanzare dei kilometri. Il dolore al ginocchio si è affievolito rispetto al giorno precedente, dovrò stare attento a non muoverlo troppo fuori dai pedali e a non forzare troppo in salita, così da finire il giro senza problemi.
Non lo scriverò più, ma la catena mi darà un sacco di fastidi saltando in continuazione, specialmente quando si troverà sui rapporti più usati, sempre accompagnata da imprecazioni non riportabili… Col senno del poi avrei potuto sistemarla semplicemente agendo pesantemente sul regolatore del filo del cambio che si era allungato in modo anomalo (per poi rompersi 12 giorni dopo con 400m di dislivello davanti), una leggera prova in tal senso mi ha dato esito negativo e perciò non ho insistito nella via corretta.

Riconsegno la penna prestatami ieri al fruttivendolo e giro Brugnato con la fotocamera in mano per avere una memoria visiva di questo piccolo e grazioso borgo, a due passi dall’ autostrada sebbene immerso nella tranquillità e nella storia che lo contraddistinguono.
Parto, i primi panorami sono gli stessi del giorno precedente, ma stavolta continuo a seguire la val Vara in direzione Varese Ligure, percorrendo una bella statale deserta con un fastidioso vento contrario che non mi preoccupa. La giornata è veramente limpida, i boschi stanno timidamente rinascendo e gli Appennini più alti trattengono a fatica l’ ultima neve stagionale.
Dopo un bel riscaldamento arriva la prima salita, da San Pietro Vara alcuni tornanti mi innalzano per portarmi lungo un torrente verso Torza. Fin qui nulla di strano, a parte un sole caldo ed un’ aria abbastanza secca, ma sulla destra vedo un cartello che mi fa rabbrividire: 30%! Sono indeciso, non voglio allungare inutilmente, ma sono troppo curioso di scoprire quanto sia veritiero, perciò ecco che devio verso Doga, su una strada piuttosto ruvida che effettivamente tira abbastanza, ma non quanto il tratto cementato in paese, pezzo che supera il 20% (30 è proprio esagerato). In cima mi inserisco su una via quantomeno segnata sulle cartine, ma nell’ indecisione ritorno sui miei passi e tranquillamente arrivo all’ imbocco del tunnel per Sestri Levante, che evito salendo ulteriormente verso Tavarone, tra pini, ombra e pace dei sensi.
A Tavarone capisco che il muro appena scalato sbuca poco più in là, ma ho ancora tutto il tempo per procedere con calma, scattare foto e fare soste “alleggerimento liquido” nel tratto in discesa per Maiassana, un tratto boscoso e deserto come tutte le strade sino a qui. Ecco un’ altro strappo per Maiassana paese, supero il bivio per il passo del Bocco (un ononimo vicino a quello più tristemente famoso) e scendo su strade mediamente belle verso Varese Ligure, bandiera arancione per la qualità della vita nonchè uno dei più bei borghi d’Italia. Sinceramente mi aspettavo un paese medioevale stupendo, invece lo trovo più smorto e comune di Brugnato, dove al suo interno ho respirato la vita di paese d ‘un tempo e sono riuscito facilmente a legare con gli abitanti.

Un avviso di un anziano signore mi mette in guardia, ma come spesso accade alcuni tipi tendono ad esagerare i pericoli delle strade di montagna, infatti come immaginavo la salita al passo Biscia non è “brutta”, ma normale, con le sue buche, qualche tratto rovinato, con il suo falsopiano iniziale ed il suo tratto finale abbastanza agevole che segue a lungo la montagna, aggirandola con lievi pendenze sino allo scollinamento con vista mare. Solo il pezzo centrale sale in maniera costante tale da obbligarmi a faticare, ma senza per questo mai mettermi in difficoltà. Uso il gilet in discesa solo perchè in tasca è fastidioso, ma la temperatura gradevole lo rende superfluo già da subito, tra i secchi tornanti e la strada stretta che forma la serpentina da Sestri Levante sino (appunto) al passo Biscia.
Più vado in basso e più ritorno alla civiltà, ora ci sono due corsie ben distinte e devo pedalare per mantenermi veloce sino ad un bivio sulla sinistra che vedo in tempo, quello che porta a Monte Domenico. Non mi aspettavo un’ ulteriore salita, ancor meno 2km abbondanti tra il 9 ed il 10% sino al valico bruciato negli anni scorsi da uno dei tanti incendi, con il sole del primo pomeriggio riflesso dalle onde.

Pedalando in Liguria è impossibile non trovare il mare, infatti a Sestri Levante raggiungo quota 2/3m trovando, con l’ aiuto di un passante locale, la statale del passo Bracco, 610m di dislivello per un’ altezza finale di poco superiore. Uscito dal paese il traffico si riduce notevolmente, nonostante sia la via principale tra Genova e La Spezia non passano più di 2-3 auto al minuto. La salita è lunga e pedalabile, a tratti impegnativa e a tratti piana, prima sul lato sinistro della montagna e poi su quello destro. Al bivio per Moneglia mi si apre un orizzonte incredibile, che solo i migliori giri alpini sanno regalare: sullo sfondo ad ovest ci sono le Alpi Liguri ancora innevate, ben visibili ad est le Alpi Apuane, spingendo lo sguardo verso sud si può riconoscere bene la Corsica, mentre l’ Elba è proprio là sulla sinistra, non lontana dalle coste toscane! Incredibile, ecco come un giro apparentemente di ripiego può ripagare con panorami eccezionali! Peccato però, avrei volentieri barattato la giornata odierna con quella di sabato.

Il resto della salita scorre tranquillo, così come la discesa. A Carrodano voglio cambiare percorso, ma sbaglio strada e riesco a prendere involontariamente la via originaria, con l’ ulteriore salitella del Termine e l’ arrivo a Borghetto di Vara e Brugnato. E’ ancora presto, allungo un po’ con la sosta al punto turistico costruito all’ uscita del casello autostradale nel quale faccio incetta di cartine, poi mi fermo in piazza in paese per parlare di bicicletta, di giri e del resto con quelli che sono i pensionati del mio nuovo paese adottivo, scoprendo che proprio qui abita un giovane professionista che si allena su queste splendide strade. Non sono nemmeno stanco, le mie gambe sentono 60/70km, non gli effettivi 130km con circa 2750m di dislivello, mica male per essere il giro “facile”!
Questa la traccia:   http://tracks4bikers.com/tracks/show/43142 . Non ho suggerimenti particolari, ma la parte Tavarone/Maiassana può essere saltata per rendere il giro più corto.

Ho passato 3 giorni splendidi attraverso l’ 80% più significativo della provincia Spezzina, con paesaggi a tratti stupendi e zone quasi prive di traffico. E’ un’ ottima alternativa per passare delle vacanze ciclistiche, non mancano le opportunità ed i posti sanno farsi valere. In totale 425km e 8800m di dislivello, spendendo in tutto 170€ (che in due sarebbero stati 140). Peccato solo per diversi problemi meccanici e fisici che però non sono riusciti a rovinarmi questa tripletta quantificabile a quella Valtellinese!

Brugnato, oggi la giornata è proprio limpida


La curiosità ha vinto


Salendo al passo Biscia da Varese Ligure


Scendendo verso Sestri Levante, zona di estrazione dell’ ardesia


La foto si spiega da sola

Adoro la Liguria


Le 5 terre, seconda parte

il 01/05/2011 · Commenti disabilitati su Le 5 terre, seconda parte

3 Aprile 2011
Ancora salita davanti alle mie ruote, sebbene sia al mare, parola che qualcuno potrebbe abbinare a pianura, vivere qui non è molto diverso che abitare in Valtellina, ogni spostamento prevede metri di dislivello, raggiungere gli altri paesi invece necessita di centinaia di metri di salita e discesa. Cambiano solo le quote ed ovviamente i panorami, per il resto è un posto da puri scalatori.

Il mare è sempre laggiù lontano, visibile nonostante le nuvole basse sopra alla mia testa e la fiorente vegetazione mediterranea che lo copre parzialmente per tutto il tempo. Supero senza accorgermene il passo Termine, le 5 terre si stanno mostrando con tutta la loro bellezza, sfoggiando interessanti terrazzamenti, paesini colorati in posizioni assurde e montagne solcate da strade che sembrano impossibili. Il massimo dello stupore lo raggiungo dopo il bivio per Vernazza, che evito, quando davanti a me compare Corniglia: c’è uno sperone di roccia quasi verticale, 100m più in basso il mare si infrange contro gli scogli, e sopra ci sorge un paese! Rimango affascinato, ma dove sono andati a vivere?
Una visita al centro è d’obbligo, la discesa è strettina e mi capita di incrociare auto con targhe olandesi o tedesche, ma non ho problemi nonostante in alcuni tratti debba tirare i freni. Pedalando nel centro del paese non mi rendo ben conto dove mi trovi, ma so che il mare dista da me più sul lato verticale che orizzontale! Vorrei salire una scalinata per affacciarmi al balcone panoramico, ma il ginocchio mi da seri problemi e l’ unica soluzione è trascinarmi a dietro la gamba malandata, affaticando l’ altra più del dovuto. Vedo bene il mare e assaporo i primi raggi di sole del giorno, ma desisto in ulteriori camminate rientrando a fatica sulla strada. Come se non fosse abbastanza, scendo in bicicletta sino alla stazione ferroviaria nella speranza di trovare un sentiero diretto per Manarola, ma anch’esso è chiuso per frana ed avrebbero pure il coraggio di farmi pagare il pedaggio… Non mi resta che sfidare le toste pendenze ed i tornanti per San Bernardino, per proseguire in leggera discesa evitando la 4° Terra, Manarola, molto simile a Corniglia.

La quota si è ridotta, il mare è più vicino a me, ed incassata in una piccola valle terrazzata c’è Riomaggiore, paese che mi ricorda molto Portofino, più che altro per il divieto di accesso ad autoveicoli forestieri. Anche qui vale lo stesso discorso di Corniglia, arrivo sin dove mi porta agevolmente la strada, poi giro la ruota e ritorno indietro. Finalmente il cielo si schiarisce regalando quei 2° gradi che non fanno mai male quando ci si lancia in picchiata alle porte del capoluogo di provincia, impattando col caos cittadino ad un orario che comincia ad essere di uscita dagli uffici.
L’ intuizione giusta mi fa notare la strada per Portovenere, l’ ultima chicca costiera prima del meritato rientro. Non ci dovrebbe più essere salita o quasi, ma la strada che segue il tortuoso andamento costiero è piuttosto irregolare, con un dosso prima della meta finale che rientra però nei miei parametri di “salita”. Pedalo e pedalo sino a raggiungere il fondo della costa davanti all’ isola Palmaria, fermandomi in una sosta troppo prolungata nel contemplare una partita di scacchi con pedine giganti alte un metro e degli improbabili arrocchi di regina, tutto mentre finisco la fetta di torta col suo concentrato di energie per il ritorno.

E’ tardi, è terribilmente tardi per i miei programmi, sono le 18 passate e Brugnato dista mezza provincia da dove mi trovo. Ad occhio e croce sono almeno 30km, fortuna che sino quasi alle 20 ci sia luce, però mi sarebbe piaciuto fare tutto con calma, invece che mettermi a spingere il padellone con un ginocchio si leggermente migliorato, ma pur sempre critico fuori dai pedali. Fortuna che il vento marino mi soccorre, fosse contrario sarebbe una piccola tragedia. A La Spezia cerco la via più breve, non mi importa di pedalare nel traffico caotico tipico dell’ orario, purchè mi sbrighi. So che ci sono almeno due strade, una con una salita ed un’ altra con 2km di galleria, io seguo le indicazioni per Genova sperando che quella strada e quel tunnel siano permessi ai velocipedi.
Supero lo svincolo ed è ok, si tratta solo di una normale stradona, e la galleria ottimamente illuminata non riporta divieti, quindi tiro cercando di uscirne il prima possibile da quella cappa di smog senza rendermi conto di essere in una lunga e leggera salita al 2%. Arriva finalmente l’ aria più pura, ed arriva, prendendo ancora quota, anche il paese di Riccò del Golfo, ma se sin’ ora ho elevato la mia posizione, quando si scende per risalire la valle? Erroneamente ero convinto di essere già in val di Vara, invece ci giungo solo dopo una breve discesa.
Il vento dal golfo è un preziosissimo alleato in questi lunghi e dolcemente desolati kilometri, riesco a tenere una buona velocità e ad arrivare a Borghetto di Vara prima del previsto. Al bivio per Brugnato crollo scaricando le ultime energie nervose, gli ultimi metri sono tipici di chi non ne può più e non vede l’ ora di rientrare a casa, con pedalate pesanti che portano avanti un fisico stanco ed affamato.

Risalire i 2 piani del B&BLa Luna nel borgo” (e ci rifaccio pubblicità perchè merita) trascinandomi dietro una gamba è un’ ulteriore fatica, ma nel farmi la doccia mi rendo conto che, come sospettavo, le fitte al ginocchio ci sono solo nei movimenti liberi, non piegandolo e nemmeno forzandolo. Dovrò stare attendo domani, ma il giro che è in programma è confermato. Finisco la serata con 2 primi ed un secondo alla “Locanda dell’ autista”, il tipico ristorante per camionisti, ma la fame è talmente tanta che mi fermo in un bar per un gelato, e finisco pure le scorte dolciarie che mi ero portato appresso da casa per essere sazio.

Domani il giro sulla carta meno interessante dei 3, per oggi 159km e 3200m di dislivello stimati in 9 ore di giro di cui 7 pedalate. Questa invece la traccia che suggerisco, i paesi delle 5 Terre meritano tutti una visita, mentre si può omettere Portovenere. Il dislivello è sopravvalutato a causa di alcune gallerie, ed in ogni caso è possibile accorciare il tragitto in numerose maniere: http://tracks4bikers.com/tracks/show/52839

Corniglia, spettacolare! Altro che Stelvio o passo Sella

Corniglia vista all’ ingresso
La spiaggia sotto a Corniglia

Terrazzamenti sempre a Corniglia

Mare e Sole, che splendido binomio

Sentieri assurdi scavati nella roccia (sempre nei dintorni di Corniglia, si capisce che mi è piaciuto il paese?)

Riomaggiore e la sua via dell’ amore.

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