11° giro dei vigneti d’Oltrepò, seconda parte e merenda

il 29/10/2018 · Commenti disabilitati su 11° giro dei vigneti d’Oltrepò, seconda parte e merenda

Siamo a Rovescala, paese che galleggia su dolci colline a vigneti poco distante dal confine emiliano, siamo sparsi tra chi riempie le borracce in una giornata troppo calda per essere metà ottobre, chi riempie la tazza di caffé al bar e chi avendo perso il gruppo sta affrontando il percorso originale senza il taglio deciso all’ultimo, ognuno ha il suo da fare, io riempio invece la memoria della fotocamera qualche tornante più in basso in attesa del gruppo che mi raggiunge compatto poco più tardi. Ma dopo oltre 1000m di dislivello la fatica, seppur blanda, si comincia a far sentire e sulle pedalabili e rugose rampe di S.Damiano al colle ci si sgrana con ritmi completamente differenti, ritrovandosi poco dopo nei saliscendi in costa che ci portano a Montù Beccaria, uno dei tanti paesi con più cantine che abitanti che riempiono le sponde della val Versa.
Qui ci dividiamo, dopo la discesa alcuni proseguono diretti verso Montescano, tutti gli altri si fermano alla fontana del ciclista, sosta obbligata per i tanti che dal pavese giungono qui per trovare il dislivello. Montescano non presenta difficoltà, è l’ennesima blanda ascesa per svalicare verso la valle Scuropasso che raggiungiamo nella bella e ripida discesa di Martinasca, un brutto sogno in salita e quasi un piacere in senso inverso.

In partenza verso Montescano
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Paolo, Angela & co. sono avanti, ma conoscendo la strada l’unico pensiero è di ritrovarli più avanti per pedalare ancora assieme, quello di oggi è un giro tra amici libero nel quale si può anche andare avanti da soli senza problemi. Questi 3km di falsopiano servono principalmente per mettere a dura prova i telai e la schiena, oppure i riflessi e le capacità di guida per evitare le infinite buche omnipresenti in provincia di Pavia e qui ancora più diffuse. Sfioriamo Broni e come iniziamo ad abbandonare la pianura allo stagno di Cigognola il ritmo si fa malato, Christian va a tutta e noi come dei deficenti tentiamo di stargli in scia, si è accesa la miccia della competizione e davanti saliamo forte e compatti senza fare selezione tra noi primi cinque, ma Christian cede e poco dopo ci troviamo in testa Andrea ed io col mio cancello in prestito ansimando sino al bivio del castello, fine del primo tratto di salita al quale arriviamo in una volata a quattro e laddove ritroviamo gli altri che ci avevano anticipato. Ripartiamo alla spicciolata scorrendo su una parziale balconata verso la pianura inebriati di salite e con la voglia di merenda in costante aumento, a Pietra de Giorgi ci manca veramente poco e tutti uniti scendiamo veloci verso l’ultima salita, poco più di uno strappo allo scenico paesino di Mornico Losana, anch’esso a pura estrazione viticola col suo castello a far da balconata sulla coltivazione unica di questi luoghi.

Cigognola (nella foto non si vede il fiatone)
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Panorama su Cigognola
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Tra Pietra de Giorgi e Mornico Losana
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Discesa decisa e rieccoci in pianura sull’odiosa statale, unica alternativa semplice per rientrare a Casteggio. Gli ultimi chilometri sono sempre un “libera tutti” con delle trenate ai 40 ma anche ai soli 30, io rimango ad aspettare Paola, Alberto e Christian e con calma affrontiamo il traffico sino agli ultimi due strappetti che attraversando la zona residenziale ci riportano in mezzo ai grappoli presso l’azienda Guerci, sede della merenda. Elia e Paolo già sazi ci salutano, il loro percorso medio è filato liscio e sono qui da quasi un’ora, ma anche noi siamo arrivati in perfetto orario, l’appuntamento era attorno alle 15 e gli ultimi sono giunti alle 15:02. C’è chi ci saluta, c’è Luca che non è riuscito ad unirsi a noi per la pedalata e lo fa solo per la merenda (Luca che ringrazio per avermi prestato la sua bicicletta!), c’è una lunga tavolata da 20 persone affamate che volatilizzano salame e coppa, spumante metodo classico di benvenuto ed una bella scelta di rossi tra Croatina, Pinot, Bonarda e Barbera per accompagnare anche un piatto di pasta, formaggi e miele di vario tipo. E poi la crostata da abbinare ad un rosso dolce e al famoso ottimo moscato, una merenda veramente super da cui è difficile uscire sani o con ancora dell’appetito.

La tavolata
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E l’organizzatore il “Pedra”
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Tutti contenti e sorridenti, un’idea che piace sia per l’aspetto sportivo impegnativo ma non agonistico sia per il dopo-corsa in compagnia, un qualcosa che sicuramente ha le potenzialità dei grandi numeri offrendo uno sviluppo turistico, oppure che rimane così divertendosi tra amici nel numero giusto di persone come è stato oggi. Chissà…

11° giro dei vigneti d’Oltrepò

il 23/10/2018 · Commenti disabilitati su 11° giro dei vigneti d’Oltrepò

Tranquillità, il sostantivo principe al risveglio del mattino di questa 11° edizione del mio giro dei vigneti d’Oltrepò, un appuntamento annuale partito con quattro temerari ed esploso lo scorso anno con oltre 110 partenti, troppi per quel che può essere un semplice giro tra amici e che richiederebbe un’organizzazione che non sono in grado di offrire. Per cui, superati i timori iniziali, ho deciso di ritornare piccolo invitando solo i conoscenti, sia gli storici come Elia, Paola, Christian, Paolo, Massimo, Valerio, sia altri magari principalmente podisti alla loro prima esperienza di questo tipo. Ma 27 è comunque un buon numero e la tranquillità sta nel sapere che tutti conoscono il tipo di organizzazione e le zone, non dovrò offrire un servizio professionale ma semplicemente accompagnare senza stress.

Il gruppo
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La merenda è stata in dubbio, ma alla fine tutto si è risolto e dopo una colazione offerta dall’az. Guerci di Casteggio partiamo per un giro dal clima caldo sia come temperatura che come colori, con l’umidità autunnale a bloccare lunghi panorami sulla pianura che però per farsi perdonare ci offre quel clima perfetto per il finale di stagione. 300m e rischiamo un incidente con un SUV che esce da uno spiazzo, iniziamo bene… ed il traffico oggi sarà ben maggiore del previsto, sempre accettabile ma elevato per essere su zone parzialmente sperdute tra le colline viticole della provincia di Pavia.

La prima salita di Montalto ci vede abbastanza uniti, ma qualcuno sta gia forzando e si vede dai visi affaticati, a partire dal febbricitante Elia ad altri che patiscono un ritmo un po’ sopra al tipico cicloturismo. Ma oggi il dislivello abbondante (1800m) sarà ben diviso tra tanta salita sempre pedalabile e nessuno avrà difficoltà, le uniche rampe sono quelle ben asfaltate (un unicum in Oltrepò) della prima discesa di Bosco Chiesa. La seconda salita è per molti una novità al suo esordio in questo evento e ci porta a Montecalvo Versiggia, ora si comincia a fare sul serio e la selezione avviene su pendenze non banali e buche fin troppo abbondanti che sboccano sulla provinciale del passo Carmine, il centro dell’Oltrepò ed anche il bivio da cui il percorso corto si separa dal medio. Si continua e ci si ricompatta a Pometo, davanti a noi il “piccolo Stelvio” che ci butta in modo tortuoso sino in Emilia, ben 19 sono i tornanti che in 2km ci fanno girare la testa.

La nuova entrata dei vigneti, la seconda salita
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Giù in val Tidone
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Si scende
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Tranquillità, sin’ora tutto bene e si respira in val Tidone, ma oggi la pianura è un miraggio ed infatti senza rendercene conto siamo nuovamente in salita verso Tassara, molto pedalabile e presa veloce dal gruppo di scalatori come Christian, io, Andrea e Daniele a cui rimane agganciato senza fatica il giovane Alessandro, il quale è molto migliorato rispetto a due anni fa.

Ci sono un paio di bivi e con un gioco di squadra riusciamo a dirigere bene tutti gli altri, complice una partenza ritardata decido di tagliare un pezzo bello ma che poco aggiunge alla giornata evitando il crinale di Vicobarone, sembra che ci siano tutti ed allora ripartiamo in direzione Torrone di S.Maria della Versa lungo stradine secondarie ad uso agricolo, con viti ormai spogliate del loro carico anche di colore rosso ed odore di mosto che fuoriesce dalle cantine. Ma i conti non mi tornano, infatti noto che manca qualcuno... Di sicuro non si perdono, però li contatto e scopro che non avendoci visto al bivio hanno giustamente tenuto la traccia originale, per cui in attesa di ricongiungerci ci avviamo a Rovescala per un caffè. Poco male, questo sarà il peggiore problema del giorno, dieci minuti extra di attesa che ci consentono una sosta al bar e delle fotografie.

Da Torrone
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Da Rovescala si vede il prossimo GPM
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Ci facciamo i conti sul contakm, siamo a metà giro ma almeno al 66% del dislivello, ancora diverse salite ma brevi e facili, ed è un bene perché comincia a farsi viva un po’ di stanchezza. Ma la merenda ci attende!

Via del sale 2: Torriglia – Recco

il 16/10/2018 · Commenti disabilitati su Via del sale 2: Torriglia – Recco

Siamo a Torriglia in una fresca mattina di fine settembre, appena risvegliati per una colazione e pronti a partire in direzione mare lungo la via del sale. La cena abbondante della sera precedente danza ancora nello stomaco, ma i chilometri che ci separano da Sori e saranno propedeutici per trovare lo spazio per una bella scorpacciata di pesce. Le due ragazze che hanno dormito con noi al rifugio equestre “Mulino del lupo” (un maneggio con posti letto) purtroppo proseguiranno in autobus, una di loro tra vesciche e ginocchio dolorante non se la sente e, col senno del poi, hanno fatto bene. Perché in apparenza sarà la tappa più facile con tanta discesa, ma ho sottovalutato l’Appennino ligure…

Qui a Torriglia il sole del mattino è sempre in ritardo e fa piuttosto fresco, ci sentiamo un po’ fessi coi pantaloni corti mentre attraversiamo il paese ammirandone vicoli, monumenti e ville e mentre ci fermiamo in panetteria per la leggendaria focaccia ligure, ma poi inizia la vera via del sale raggiunta da due noiosi chilometri asfaltati ed una galleria dalle luci stupefacenti che ci fanno provare l’ebrezza di essere daltonici, le lampade arancioni annullano ogni colore e vediamo tutto in bianco e nero. Ma dopo una ripida salita ancora bitumata ritroviamo finalmente i cartellini ufficiali ‘VM’ che ciclicamente ci danno la certezza di essere sulla retta via. Il prossimo punto di interesse è il monte Lavagnola, una dorsale boschiva senza panorama e tranquilla con temperature sensibilmente più alte, ora si può rimanere addirittura in maniche corte.

Ville di Torriglia
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E Torriglia
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La discesa però ci fa capire cosa ci riserverà questo viaggio, esposti a metà altezza affrontiamo un sentiero sassoso e talvolta ripido in cui serve sia saltare tra i massi sia mantenere alta l’attenzione per non scivolare, nulla di agevole sino alla Colla dei Rossi, uno sputo piano prima del successivo sentiero che prosegue con svariati saliscendi tra erba e sassi che ammirano le montagne a ridosso del mare, quelle che sovrastano il blu del Ligure di svariate centinaia di metri.
La via del sale era anticamente una via di comunicazione utilizzata dai contrabbandieri del prezioso oro bianco, non è la via più diretta verso le saline ma quella con meno probabilità di incappare in controlli ed oboli, per cui non scende veloce in val Fontanabuona come faremmo noi oggi, ma si mantiene in quota scavalcando sopra lo Scoffera ed il traffico oggidì motorizzato della sua galleria, con una strana deviazione ad ovest che ci manterrà sempre a quote superiori ai 600m dopo aver toccato il picco allo stesso Lavagnola a 1100m.

Si scende dal Lavagnola
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Ora siamo nuovamente in un fitto bosco con un’irascibile altimetria che mette in sequenza strappi duri e piani, discesina e sentieri erbosi, un tratto un po’ noioso ma molto ombreggiato, questo mare si fa attendere… sfioriamo anche alcune caselle in pietra, troppo strutturate per essere dei semplici ripari, probabilmente si tratta di vere e proprie abitazioni di decenni fa. Ma anche ora non mancano i panorami, il mare finalmente si intravede sotto la foschia ed anche troviamo pietraie occasionali in discesa che ci inducono prudenza sino all’arrivo del primo centro abitato visto dal mattino, S.Alberto. E qui la segnaletica è talmente ben fatta da bypassare le strade infilandoci tra le abitazioni ed i prati.

Io credo che il peggio sia fatto, quei monti qui vicini sono troppo alti per appartenere alla traccia, ma in parte mi sbaglio: subito abbandonata la civiltà ci ritroviamo in un altro bosco chiuso e sotto i nostri piedi ormai provati non abbiamo che roccia, dura ed instabile roccia che forma delle gradinate su cui qualcuno ha provvidenzialmente sistemato delle corde passamano e i lati sono ripidi, se fossimo all’aperto in alta montagna soffriremmo le vertigini. I quadricipiti lavorano, le proiezioni per l’arrivo cominciano a spostarsi nel primo pomeriggio e non vediamo l’ora di poter scendere, il pesce ci aspetta! Passiamo al colle del Bado e l’ambiente cambia, siamo prossimi al monte Fasce ed il sentiero è aperto ma disseminato di deiezioni di cavallo, tra pietre ed cotanti resti diventa un continuo saltare su una sede larga circa un metro. Ma poi arriviamo nuovamente sull’asfalto, quello ben tenuto che unisce Genova ed Uscio con piazzali panoramici da cui finalmente lo vediamo bene “sto mare!”

Verso il colle Bado
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Asfalto e ripido, tanto brutto da camminare che corricchiamo per guadagnare tempo, anche qui i cartellini della Via-Mare sono presenti e li seguiamo. C’è un bivio ben indicato, lo vedo ma porta al monte Cornua, per cui lo ignoro e gli altri mi seguono. Asfalto, troppo asfalto, fortuna che troviamo un bivio dietro al guard-rail che ci fa scendere veloci a Calcinara, dove però qualcosa non torna: VM ci ributta indietro, ma dove siamo finiti? Chiediamo indicazioni al prete e ci suggerisce la via dietro alla casa gialla poco più avanti che però è tutt’altro che agevole stretta tra il lato scosceso e la vegetazione a tratti fitta. Controlliamo le cartine ormai digitali e ci rendiamo di essere fuori rotta e non di poco, quel bivio di cui ho scritto sarebbe stato quello corretto ma io, ingannato dalla mancanza della scritta ‘Sori’ e dalla contemporanea presenza del segnavia bianco/rosso che stiamo seguendo da Capanne di Cosola non ho considerato un aspetto importante: la via del sale/mare ufficiale scende a Portofino!

E cosa vuoi fare a questo punto? Di sicuro rinunciare al pesce e poi scendere a Recco, non ci cambia la vita sebbene rischiamo di trovare molto più asfalto rispetto a quanto ipotizzato. Inizialmente la discesa verso Testana mi diverte, ripida ed in lastricato esalta le doti da discesista zampettando sulla dura roccia con le mie scarpe piuttosto minimali, poi giunti in paese troviamo un agriturismo e ci fermiamo a pranzo. Sembra quasi che diamo fastidio, ma mangiamo un primo e solo quello, 10€ per un piatto di pasta mi paiono eccessivi, la zuppa ligure si sta ribellando nell’intestino!
Cellulare alla mano e grazie al progetto OpenStreetMap troviamo diversi tagli tra i numerosi tornanti che risalgono la montagna ed in poco tempo siamo a bassa quota in periferia di Recco con altri segnavia da seguire che ci evitano i tratti più trafficati e, una volta giunti in paese, ci tolgono dal casino della riviera.

La Liguria, dove lo spazio per le infrastrutture va inventato
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Manca pochissimo, sosta focaccia per me ed ormai ci siamo, il mare è lì davanti ai nostri occhi: SIAMO ARRIVATI! Partiti alle 8:00 di sabato ed arrivati alle 15:00 di domenica per complessivi 81km e 3400d+. Niente male per essere un’escursione!
Marco ed Edo fanno il bagno, io non avendo nemmeno concepito quest’idea prima di partire inumidisco appena le gambe portando sino a casa, incrostato tra i peli, il prezioso oro bianco che per secoli i commercianti hanno trasportato da qui sino alle nostri valli a ridosso della pianura.
E’ arrivata la fine, ma come nei veri viaggi che si rispettano quello in cui l’avventura termina è un momento quasi triste, unendo la soddisfazione alla malinconia di due giorni intensi e faticosi. Forse l’ideale è veramente camminarla in tre giorni, ma per noi sarebbe noiosa, e così ora siamo già a studiare nuove proposte!

L’arrivo
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Un piccolo passo per l’uomo, uno degli ultimi 80000 di questa avventura
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Gelatone d’ordinanza, rientro in treno ed aperitivo alle 19 a Voghera, è finita ma dopo oltre tre anni di tentativi ci siamo riusciti! 32,5km, 1030d+ ed una soddisfazione da dover ricordare con tre lunghi racconti.

Recco
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Under Escursioni

La via del sale: Capanne di Cosola – Torriglia

il 08/10/2018 · Commenti disabilitati su La via del sale: Capanne di Cosola – Torriglia

Siamo appena usciti dall’albergo di Capanne di Cosola a 1500m di quota sui crinali Appenninici, in mattinata abbiamo marciato su quella che tipicamente è la prima tappa della famosa “via del Sale“, via escursionistica che in 3/4 giorni collega Varzi al mare. Ma noi siamo atleti abituati a correre e due tappe le bruciamo in un singolo giorno.
Eravamo in anticipo sulla tabella di marcia, ma tra tagliolini ai mirtilli, meringata e Gutturnio ora siamo in ritardo, alle 13:40 abbiamo 5h30 di luce e davanti a noi 25km di cammino per arrivare a Torriglia, tutto se non abbiamo intoppi… per cui mi sale un filo di ansia per fare in fretta.

Il crinale che guarda verso la val Borbera
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Quello tra Capanne di Cosola e Capanne di Carrega è probabilmente il tratto più affascinante, iniziamo subito in un sentierino che ben presto bricca violento sino a sfiorare la cima del monte Cosforione ed il suo panorama sulle alte vette della zona: il solitario monte Alfeo, il Lesima ed il suo ripetitore a forma di pallone, Chiappo ed Ebro, Penice ed Antola, ma anche Maggiorasca al confine del reggiano, una fantastica giornata sopra l’umidità dei bassi strati che ci invita ad una sosta che non possiamo permetterci. La discesa è altrettanto ripida e ben presto si inverte in un tratto uguale e contrario verso il monte Legnà, la cui cima è raggiunta da una deviazione che affronto correndo poi in discesa verso gli altri. Per molti questo è il tratto più bello, ed ora capisco il perché.

Ci si arrampica
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Il solitario monte Alfeo
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E ci si butta in discesavia_del_sale 011

Ci si può finalmente rilassare un po’, la strada si allarga ed incrociamo qualche escursionista giornaliero, ma dura così poco che rimaniamo sorpresi di trovarci ancora in un fitto bosco a dover usare le rocce come gradini in stretti tornanti prima del Poggio Rondino, vetta che sfioriamo, non come quel cucuzzolo verticale che si innalza davanti a noi e su cui ci mandano i cartelli piccolini ma omnipresenti con scritto VM (Via Mare). E qui si ansima, è una salita durissima e Marco coi suoi bastoncini può almeno scaricare la forza su quattro arti al contrario mio e di Edo. La discesa seguente cambia aspetto, ora siamo in un denso bosco su una carrozzabile nella quale fare attenzione a qualche sasso sparso, ma nulla di preoccupante tanto che scendiamo corricchiando coi nostri zaini a far peso sulle spalle.

La vista dal monte Carmo merita la fatica per raggiungerne la vetta

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Eravamo lì sopra poco fa
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Rientriamo alla civiltà a Capanne di Carrega e 200m dopo entriamo ufficialmente in Liguria, dove abbandoniamo questo breve tratto di asfalto seguendo i segnali verso il monte Antola, indubbiamente il punto più simbolico di tutto il viaggio e meta di tanti camminatori che, al contrario di noi, ormai stanno tornando verso casa. Monte Antola, 2h (per quelli normali), grossomodo 1h20 per noi… pensavo fosse molto più vicino! Non è tardi, ma è già pieno pomeriggio e sì, rimango un filo in ansia, sia perché voglio assolutamente evitare di arrivare col buio, ma anche perché vorrei arrivare un po’ prima per potersi sistemare con calma e magari per un aperitivo gratificante in paese.
La via è bella ed abbastanza panoramica, tra l’umidità si intravede il mare e le pendenze cattive sono momentaneamente un ricordo, tratti nel bosco ci riparano dai raggi solari ed ogni passo che facciamo sentiamo l’arrivo più vicino. Ma l’Antola non si fa conquistare così facilmente, dopo un lungo passeggio sui crinali che separano Piemonte e Liguria arrivano le sue pendici orientali a farci ansimare e a farci sentire le gambe vive, ma lo conquistiamo ed io prima degli altri attirato dalla mia 4° cima nuova del giorno che mi annebbia parzialmente il cervello, ma si parla di un minuto di differenza, in queste occasioni si cammina e si viaggia assieme e si assaporano assieme le emozioni che questa montagna “sacra” dei genovesi regala a chi la conquista, a partire dalla vista a 360° ai piedi della sua croce sino al blu del lago del Brugneto. Le foto di gruppo sono un obbligo morale, civile ed emotivo!

La via per la montagna sacra dei genovesi
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Foto di rito col lago del Brugneto come sfondo
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Scendiamo e poco dopo troviamo il rifugio Antola di recente costruzione nel quale ci fermiamo per una merenda ristoratrice, io personalmente sto molto meglio del previsto, l’unico dolore è ad un braccio mentre piedi, ginocchia, caviglie ed energia sono pienamente ok, ma gli altri a detta loro sono “un po’ cottini” e dopo 40km direi che è normale. Ufficialmente per arrivare a Torriglia ci vogliono due ore, noi abbiamo due ore di luce ancora ed anche sbrigandoci non saremo in paese prima delle 19 (e via con l’ansia), ma il ritmo un pochino cala e le discese sono più prudenti sia per i sassi sparsi tra le foglie e le radici, sia perché non c’è bisogno di prendere rischi tra rami ed infide contropendenze bastarde. Inoltre dobbiamo affrontare quello che forse è il tratto più spaccagambe della via del sale, quello che “poi senti le ginocchia che fanno male”, un lastricato di sassoni belli ripidi e duri. Io volo, salto da un punto all’altro così che le ginocchia stiano bene, solo qualche risentimento alle caviglie che devono reggere lo sforzo ma nulla di più. Incrocio anche due ragazze che come noi stanno affrontando il cammino, partite venerdì pomeriggio da Varzi sono abbastanza provate da sforzi per loro non abituali. Dormiranno con noi (non pensate male eh…), ma la differenza di ritmo è netta per cui ci vedremo per cena.

Arriviamo alla civiltà periferica di Donnetta e le tracce si dividono, la VM segue l’asfalto mentre la nostra scende diretta, io non voglio rischiare di incastrarsi in sentieri non mantenuti per cui seguo quella ufficiale che ben presto taglia l’asfalto e con un sentiero diretto si butta verso Torriglia, anche se la VM interseca spesso l’asfalto le indicazioni ci permettono di arrivare alla periferia di questo paese delle alti valli Trebbia e Scrivia, in quel punto di confluenza da cui nascono questi due importanti fiumi. Col senno del poi il taglio della nostra traccia sarebbe stato una scelta migliore, la via del mare in realtà non passa a Torriglia ma ormai sono le 19 e da qualche parte dobbiamo mangiare e dormire! Grazie ai ricordi di vecchi giri in bici riesco ad orientarmi tra scalini e viette finché non troviamo un pub in piazza.

Le indicazioni abbondano

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Direi che la tappa è finita, entro per chiedere un aperitivo e dopo un iniziale momento di panico (“aperitivo… eh… non li facciamo”) chiariamo che vogliamo giusto una birretta, dopo 49km e 2400 disl ce la meritiamo! E non solo, ci portano stuzzichini, melanzane alla parmigiana e farinata, un ottimo antipasto.
Per pernottare abbiamo scelto il rifugio equestre “Mulino del lupo“, un maneggio a gestione familiare con camerate di letti a castello, un solo bagno comune ed una cena a menù fisso coi gestori, non è comodo quanto un albergo, ma la mia non è una lamentela quanto un complimento perché innanzitutto è un rifugio, ha prezzi veramente ottimi (35<80> mezza pensione!) e poi ci troviamo con Mari e Clara a tavola per una cena con acciughe, zuppa ligure (passato di verdura a base pesto), funghi e patate, torta di mele, vino rosso, uva e castagne, ho mangiato talmente tanto da scoppiare. Come si può chiedere di più? E poi è un’escursione, lo spirito di adattamento fa parte del pacchetto!

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Domani è un altro giorno, quello dell’arrivo della nostra mini avventura, ma ora si dorme… La seconda semitappa sono 26,5km e 1080d+, oggi 49km e 2700d+. Ma anche scrivere questo raccontino non è poco, per cui chiudo questo capitolo

Under Escursioni

La via del sale: Varzi – Capanne di Cosola

il 03/10/2018 · Commenti disabilitati su La via del sale: Varzi – Capanne di Cosola

La via del sale è sicuramente l’itinerario escursionistico più famoso della zona, quello che collega Varzi al mare, itinerario che si snoda sulle alte creste dell’ Appennino ed arriva sino a Portofino, ma anche in altri paesi a seconda delle varianti scelte. Sono oltre tre anni che voglio percorrere questo piccolo viaggio, ma mentre gli escursionisti normali impiegano almeno tre giorni, io ed i miei compagni podisti abbiamo intenzione di arrivare a Sori per il pranzo di domenica, quindi stando in giro un giorno e mezzo per poi goderci un pomeriggio di relax in spiaggia e rientrare con calma.

Il ritrovo è sull’autobus che collega Voghera e Varzi, dove alle 8 del mattino il termometro segna 7° e fa effettivamente fresco, si sta bene con felpe, giacchette e pantaloni lunghi. Si parte, fin tardi rispetto al solito, ma siamo in tre con già diversi chilometri per giungere alla partenza ed abbiamo davanti a noi una sfida con una distanza poco consona ed una lotta contro un sole che ormai tramonta presto verso le 19. L’ arrivo di tappa è a Torriglia, paese situato nelle alte valli liguri ad oltre 45km di cammino con oltre 2300d+ da percorrere in 11 ore, anche se abbiamo l’alternativa di emergenza che prevede di pernottare al rifugio Antola nel caso rischiassimo di arrivare col buio. Non nego i timori per una escursione ben oltre ai limiti canonici, da ciocche ai piedi a dolori vari, crisi o contrattempi in una giornata con poco margine, ma siamo allenati e capaci di reggere sforzi del genere, l’accordo è di camminare lasciandosi però andare in discesa in quanto meno faticoso di una continua frenata.

Km 0,1 su 45, Marco ed Eddy sbagliano strada andando diritti al bivio: “ragazzi, ma se già dopo 100m ci perdiamo iniziamo male!”. Poco male, giusto un sorriso per reimmettersi sul percorso giusto ed ottimamente segnato che in questa prima fase segue il corso dello Staffora, salvo velocemente inerpicarsi verso il fosso di Monteforte, un sentiero che funge anche da canale per le acque piovane con rocce alte e smosse, un impegno muscolare dopo un facile riscaldamento. A Monteforte siamo fuori dal tempo con abitazioni in pietra, cavalli, vecchie fontane ed una temperatura già più elevata che ci suggerisce un alleggerimento degli abiti, proseguiamo poi sull’asfalto verso Castellaro parlando allegramente di ogni argomento ed assaporando le ultime more selvatiche dell’anno.
Ora viene il bello, come superiamo l’ultima casa il sentiero diventa ripido e la via ufficiale è ancora più diretta, la salita è dura e stretta, si ansima e solo grazie al buon allenamento riusciamo a non soffrire le arcigne pendenze che raggiungono il 30%. Siamo in un fitto bosco e ben presto superiamo quota 1000m, ma al pensiero che al Bogleio ne mancano quasi 500 mi viene un attimo di sgomento, ma su dai che dopo il grosso è fatto!

Il fosso di Monteforte20180929_081926

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Sempre a Monteforte20180929_084506
Le segnalazioni sono ottimeIMG_5099
Superato il Bogleio siamo sul crinale tra le valli Staffora e Curone, alti sul confine tra Lombardia e Piemonte sopra la cappa di umidità e smog che sta coprendo la pianura e sferzati da una brezza fresca normale in questa stagione. Io mi conosco e so quanto le mani siano importanti per la mia termoregolazione, invece della felpa mi accontento dei guantini rimanendo con lo strano outfit di maglietta e guanti, proseguendo sicuri sfioriamo qualche cacciatore poco minaccioso, cavalli in libertà, vette prative e sentieri ombreggiati con pozze di fango che evitiamo a fatica, tutto sino ai piedi del monte Chiappo, la vetta più alta di tutto l’itinerario coi suoi 1700m. Gli ultimi 300m sono nuovamente duri, si ansima ma la vista della cima, la tabella di marcia rispettata appieno e la fame per il pranzo ci danno l’energia per toccare la statua di S.Giuseppe posta sul confine di tre regioni. 21km di viaggio su 75, ma grossomodo la metà del dislivello è fatta, bene così!

Dal monte Bogleio
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Che bella avventura che stiamo facendo!
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Scendiamo agevoli a Capanne di Cosola ed entriamo nell’albergo ristorante per il pranzo già soddisfatti per questa prima tappa, purtroppo ci facciamo prendere la mano e ci sediamo a tavola con tanto di servizio, vino e dolce, perdendo una mezz’ora di troppo che mi creerà un po’ di ansia nel resto del viaggio. Inoltre il Suunto gps non ha registrato bene il percorso bloccandosi prima del Chiappo e al momento del caffè tra sonno, quota e troppi caffé regressi mi viene uno svarione che mi costringe a sedermi con un orecchio che fischia, probabilmente un crollo di pressione che si risolve in pochi minuti.

Questa la prima tappa, ma oggi pomeriggio ne abbiamo un’altra altrettanto impegnativa!

Salita al monte Chiappo
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I crinali verso il monte Ebro. Luoghi fantastici, ma anche la fine della zona che conosco
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