Lesima Lesimin…

di Pedra il 10/07/2012 · Commenti disabilitati su Lesima Lesimin…

Lesima lesimin, tutt’i mont i ghè fa inchin, non ghè che mont Alfé che l’è ciu alto che ne lé… Così recita un’ antica canzoncina ligure, quando ancora non esistevano strumenti per capire che il Lesima in realtà è più alto del monte Alfeo dominando tutto il panorama circostante dai suoi 1724m. E’ la cima Coppi e Mortirolo dell’ Appennino pavese, per giungere alla sua sommità si deve affrontare una strada molto ripida che tutti gli inverni soffre di forti escursioni, frantumandosi in ghiaia che disturba la pedalata già precaria.

E’ l’ obbiettivo principale della giornata, ma non l’ unico, dato il caldo da estate piena indosso una vecchia maglia trasformata in canutiera (che errore…) e parto con lo scopo principale di compiere un giro talmente lungo da far diventare Giugno 2012 il secondo mese di sempre per chilometri, considerato che per me è stato sempre un mese di scarico. Alla fine sbaglierò i conti e questo mese rimarrà il 3° di sempre a 3km dal secondo, comunque 490km in più del precedente record. Non male considerato che non ho fatto ferie e gli unici permessi di lavoro che ho avuto li ho presi per i giri ciclo-enologici…

La statale verso Varzi è troppo trafficata al sabato mattina, sino a San Ponzo passo sulla secondaria e poi obbligato mi sorbisco 7km di traffico. A Varzi inizia il passo Brallo, molto pedalabile che mi conferma che oggi la gamba gira bene, poi perdo qualche metro di quota sino a Casanova Staffora ed intraprendo il Pian dell’ Armà, quasi 1000m di dislivello altimetrici, almeno 1100 considerando buche ed asfalto “d’ epoca”. Una settimana fa in discesa mi ha messo di cattivo umore per 2 giorni (ma come si fa a tenere una strada così?), in salita è poco meglio… Sino a Cegni si sale bene su una strada regolare, poi cominciano le buche, i rattoppi ed a faticare per spianare migliaia di microdislivelli presenti tra i sassi collegati tra loro da quel che rimane dell’ asfalto. La pendenza ufficiale arriva al 10% prima di Negruzzo, quella patita è almeno dell’ 11%. Il panorama è comunque buono, sono sulle pendici dei monti Bogleio e Chiappo ed un nascente Staffora scorre sensibilmente più in basso formando una specie di lussureggiante gola.
Sfioro i 1500m dello scollinamento e scendo al passo Giovà / Pian del Poggio, dove approfitto della fontana per riempirmi di acqua (almeno mezzo litro bevuto in un attimo) e dove incrocio Ciro e Damiano, 2 compagni di squadra che stanno facendo una pausa godendosi il fresco clima che c’è qui a quota 1300. Ho tempo da perdere e mi offrono una bella e buona birra fresca (la Castello lager per la precisione). Ok, ormai non c’è giro lungo in cui non assumo alcolici, sto prendendo una brutta piega…
Scendiamo dal Giovà assieme, la strada si butta nell’ alta valle Staffora con un asfalto dignitoso interrotto da troppe curve con sassi in mezzo, motivo per cui la prendiamo tutti tranquillamente. A Pianostano comincia già ad esserci caldo, ma mentre per loro ci sarà il ritorno, per me c’è una salita che mai sono riuscito a fare intera, gli altri 2 tentativi sono sfumati al bivio di Cima Colletta al quale sono giunto completamente privo di forze. E non avevo il Pian dell’ Armà di mezzo, ma nemmeno i rapportini di adesso. Supero agevolmente il bivio per Cencerate e non patisco nemmeno il tratto successivo nel fitto bosco su una carreggiata larga tre metri. Al bivio di Cima Colletta sto bene, il Lesima è alla mia portata.
Sono stati 3 in tutti i tentativi di arrivare in cima, al primo stavano riasfaltando la strada e ci sono arrivato a piedi, al secondo invece ho rinunciato dopo 300m. Al terzo nel 2007 ci sono riuscito, ora sono confidente di non patire e quando la famosa sbarra alzata si presenta davanti ai miei occhi combatto il 20% iniziale a viso aperto, con la catena sul bel 34×27 e tutto seduto per non far slittare la ruota sulla ghiaia. Il primo tornante arriva in fretta e le pendenze si fanno più umane, la vegetazione mi abbandona e scalo questo muro incastonato tra ripidi prati fino al crinale, dove si può respirare in attesa del muro finale che porta sino al famoso ripetitore aereo, muro che manda in acido lattico le mie cosce ma che non mi crea troppi problemi. Più facile del previsto è il mio responso…

Fatto 30 faccio 31 e salgo sino alla vera e propria vetta a piedi su un piccolo sentiero, dalla cima la visuale è fantastica sebbene mitigata dalla foschia. Da qui si dominano la selvaggia val Boreca, la più antropizzata valle Trebbia, si vede lo Staffora, tutte le alte cime dell’ Appennino ligure e sullo sfondo l’ afosa pianura. Però se le pile della fotocamera non mi avessero fatto lo scherzo di esaurirsi proprio ora sarebbe meglio… salvo riprendersi più avanti in discesa… molto ripida da fare a freni tirati. Ad un certo punto vedo una roulotte di un allevatore in basso, una curva e quella roulotte è al mio fianco… C’è ancora un tratto di leggera salita verso Cima Colletta, poi sino al Brallo è tutta discesa e pure messa meglio di quanto mi aspettassi, alla fine l’ unica strada montana veramente indecente è quella dell’ Armà, le altre le si affrontano facendo un po’ di attenzione.
Ai 950m del Brallo ricomincia a fare caldo, che aumenta al termine della discesa al bivio del Ponte Blu, dove inizierà per me un’ altra salita che da Menconico arriva quasi al passo Penice.

Sino al paese alle pendici del Penice nessun problema, poi la strada si impenna rimanendo immersa tra la vegetazione che non copre il sole all’ apice del suo tragitto. Non la ricordavo così ripida, i 10% abbondano ed aggiungendoci temperature di poco inferiori ai 30° a 1000m di quota faccio fatica ad arrivare al bivio delle 4 strade, un chilometro prima del passo Penice.
Scendo verso Romagnese ma non posso saltare la fresca fontana di Casa Matti in cui bevo a sbafo e bagno i guanti che sto indossando esclusivamente in discesa. Questa sarebbe una bella discesa se non trovassi sabbietta o crepe proprio in curva. Supero il paese ed affrontando la calura estiva ormai pesante arrivo sino al bivio di Le Moline, dal quale parte un assolato strappetto che mi porta sino a Valverde e dal quale prosegue la salita sino a S. Albano.
La val di Nizza è un lunghissimo e ripido falsopiano che in discesa scorre agilmente, a Ponte Nizza seguo la statale per quel chilometro necessario a riportarmi su stradine secondarie su cui pedalo sino a casa.

In tutto 154km, 3400m di dislivello, 6:30 pedalate in solitaria, tanto caldo ed una scottatura memorabile sulle spalle scoperte. Ma ne valeva la pena.

Il monte Lesima da Pian dell’ Armà

Il muro finale del monte Lesima

Ripido lato orientale del Lesima, verso la val Trebbia

Eccolo il ripetitore aereo


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