Al mare sulla Strada di Serse e Fausto

di admin il 16/07/2012 · Commenti disabilitati su Al mare sulla Strada di Serse e Fausto

(ciclogiro di Stefano Belgeri di sabato 8 luglio 2012)
“….sì, le bici si possono portare”, mi dice la capotreno. “Ma sul tabellone non è riportato il simbolo
della bicicletta”, obietto io, “è lo stesso possibile?”…”ah…già…no, allora no, anche perché questo
treno delle 7.32 è a due piani e non è previsto il trasporto bici…deve prendere quello delle SEI e trenta…”.
Cominciamo bene, penso, domattina mi aspetta una levataccia. Già dormo poco per via del caldo estivo…vabbé, andiamo a fare il biglietto!
Punto la sveglia alle 5.55 ma non suona…questi smartphone ancora un po’ fanno il caffè ma da spenti non fanno suonare la sveglia, o almeno non ho ancora imparato come fare! Meno male che ho puntato anche quella vecchia analogica, sennò avrei perso il treno perché stavo dormendo della grossa! In compenso con ‘sto ammennicolo prodotto della moderna tecnologia potrò anche fare delle foto da allegare al cicloracconto…
Tre fette di pane e miele, tazzone di caffè, ultimi controlli a bici e accessori e via, verso la stazione ferroviaria di Lambrate, con la testa che ancora mi pulsa per l’alzata antelucana!
Il cielo è plumbeo e minaccia pioggia, ma nell’oretta che il treno impiega per arrivare a Tortona si rasserena, tanto che prima di scendere inforco gli occhiali da sole.
La strada per Serravalle Scrivia corre piatta e dritta, arranco un po’ per via della stanchezza ma giunto alla deviazione per Gavi e notato il cartello segnaletico marrone con la scritta “La strada di Serse e Fausto Coppi”, devo ammettere che l’eccitazione sale e la mente si apre. Poco prima, a Villalvernia, avevo notato la deviazione per Castellania, paese natale del Campionissimo, Fausto per chi non frequenta il ciclismo. Avrei voluto andare a visitare la casa-museo ma ho promesso ai gemelli che avrei fatto il bagno con loro prima di pranzo, quindi avevo tirato dritto!
Ora salgo lungo questo serpente di asfalto, dove immagino i due fratelli che si allenano per cercare la gloria diventando campioni di ciclismo, percorro una breve ma buia galleria (ho montato luci davanti e dietro proprio per le gallerie, che si incontrano specialmente in Liguria) e mi ritrovo in un pianoro circondato da gradevoli e regolari appezzamenti coltivati a filari di viti e sovrastati da case padronali ben tenute…già…siamo a Gavi, patria del noto vino! Devo proprio essere stanco!
Seguo per Carrosio e poi per Voltaggio, seguendo le indicazioni per il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo. Superato Voltaggio entro nel nulla, nel senso che la strada d’ora in avanti si addentra nel parco in un continuo saliscendi davvero bello per chi ama le salite (un po’ meno le discese nel mio caso, lo ammetto sono un po’ un freno a mano, non mi piace molto andare a 70 all’ora su due copertoncini larghi meno del mio pollice, anche se ammiravo tantissimo Chiappucci per la sua capacità di andare in discesa!).
Lo spettacolo naturale è bellissimo, tra vallette disabitate e boschi in cui si sente solo il frinire dei grilli e delle cicale. Incontro rarissimi veicoli a motore e qualche ciclista, con il quale, come da usanza, non manchiamo di salutarci. Scatto delle foto (al vecchio acquedotto, ai crinali della valle, al cartello bianco posto dove è situato il punto di ristoro del Parco, a quello giallo dedicato ai Martiri della Benedicta).
Mangio un paio di barrette di cereali (lo sforzo delle salite mi ha fatto aumentare il senso di fame) e mi immergo nel silenzio assoluto di questi luoghi, girando la faccia al sole, ascoltando il vento e scordando per un poco le frenetiche consegne di traduzioni, gli impegni vari a cui tocca tenere fede in città e il suo ritmo frenetico. Giungo al bivio che da una parte porta ai Piani di Praglia e dall’altra a Campo Ligure e prendo quest’ultimadirezione, riservandomi i Piani di Praglia e magari il Passo della Bocchetta a un prossimo ciclogiro. La discesa è a tratti vertiginosa; mi supera un atletico e guizzante ciclista con maglia sociale di un gruppo ciclistico delle vicinanze ma lo lascio andare, anche perché all’inizio, cercando di stargli dietro, arrivo a una curva a gomito cieca nel cui mezzo mi trovo parato davanti un tizio che arranca salendo in mountain-bike e che mi costringe ad aggrapparmi ai freni e a  scodare non poco! Meglio dunque scendere al mio ritmo, proprio come si fa in salita!
Campo Ligure ha un bel castello, dove ero tra l’altro stato qualche anno prima con mia moglie a sentirvi un concerto in memoria del grande Faber, Fabrizio De André. Si era tenuto nel cortile del castello, di sera, con le torce accese sui camminamenti e le merlate che illuminavano musicisti e pubblico, creando un’atmosfera davvero suggestiva, quasi magica! Finora ho percorso circa 70 km ma vivo la pendenza che da Campo Ligure porta a Masone, sulla statale del Turchino, con fatica, direi peggio dell’anno scorso in cui, sceso dal treno a  Mortara, ero venuto al mare in bici, e a questo punto ne avevo percorsi sui 130…deve essere la stanchezza che ho accumulato in queste ultime settimane lavorative, oltre a quella dovuta al percorso appena lasciatomi alle spalle, quindi accolgo la discesa dal Turchino quasi con un senso di liberazione, canticchiando motivetti allegri mentre percorro le veloci curve che mi portano a Voltri. Da qua ai bagni Pria Pulla di Arenzano è un attimo, la testa è già in acqua a rinfrescarsi coi gemelli e a pensare al prossimo ciclogiro!

(Le seguenti fotografie le ho scattate io il giorno 14 Luglio)

Vista del Gaviese dal monte Lanzone

L’ antico acquedotto della Benedicta

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