Apoteosi ligure, parte 2 (Beigua-Guardia-Bocchetta)

di Pedra il 24/07/2012 · Commenti disabilitati su Apoteosi ligure, parte 2 (Beigua-Guardia-Bocchetta)

Ritornato nell’ entroterra ritorna a splendere il sole, ma so che salendo verso il Beigua reincontrerò la famigerata nebbia… A Vara inferiore intraprendo una
stradina sconosciuta ai più che percorsa in autunno si trasforma una fantastica galleria boschiva giallo/arancio che scorre su un tappeto di castagne, ma che
anche adesso garantisce una bella ombra e comunque pendenze da non sottovalutare. E’ divisa in due parti intervallate da una discesa, terminata la quale trovo dei massi a chiudere la strada… C’era un cartello che indicava strada interrotta, ma esso era coperto da una rete e perciò l’ho ignorato. Ma non posso certo ignorare la totale mancanza del ponte, non sono dotato della capacità di volo come ET nel famoso film e perciò non ho molta scelta se non tornare indietro, oppure… guardando meglio c’è un sentierino a lato che scende verso il torrente, il quale sembra in qualche modo guadabile. Tornare indietro mi farebbe perdere troppo tempo, allora prendo il velocipede in mano, mi tolgo le scarpe riponendole nelle tasche e passo dopo passo appoggio i piedi sui sassi istabili che spuntano dall’ acqua e supero il tratto senza bagnarmi, salvaguardando calzature e kilometri, con ancora un bel pezzetto al 10% prima di giungere a Pianpaludo, paesino alle pendici settentrionali di questa vetta ligure.

La salita non è nulla di complicato, fatta eccezione di alcune voragini e di una nebbia che pian piano comincia a riavvolgere tutto rendendo l’ ambiente buio e surreale al punto di dover togliere gli occhiali per poter distinguere l’ asfalto dalle buche. Verso la fine si esce dal bosco e la luminosità aumenta lasciando ben visibile le correnti calde umide provenienti dal mare che qui incontrano l’ aria più fredda condensandosi. Arrivo alla cima ed il paesaggio è quello tipico del Beigua, parlando con un anziano che ha lavorato qui a lungo ottengo un’ ulteriore conferma che qui il sole è un evento eccezionale…
La discesa la ricordavo peggiore, è sempre stretta con punti larghi tre metri, ripida, con qualche buca, asfalto umido e pure la nebbia, tanto che alla fine le mani duolgono, ma mi ricordavo più buchi… Al sole marino di Alpicella riempio la borraccia e mi infilo in un’ altra stradina poco conosciuta che taglia via Varazze e Cogoleto, passando in una brulla valletta separata dal Tirreno da una schiera di collinette. Anche questa via è strettissima, a tratti rovinata e pure occasionalmente ripida, ed è la strada dell’ eremo del deserto. La carreggiata è così stretta che mi vedo obbligato a far manovra per far passare una macchina, evitandone al pelo un’ altra poco dopo. Ritorno alla civiltà a Lerca (sopra Cogoleto), ma prima di arrivare al mare imbocco un taglio che mi riporta all’ imbocco della colletta di Arenzano, che in questo modo sapientemente evito infilandomi uscendo sull’ Aurelia praticamente in cima.

Una veloce discesa mi riporta al caos turistico della Liguria, con centinaia di auto e moto di bagnanti parcheggiate alla meglio lungo la statale, ragazze carine in costume (ma tutte accompagnate) e l’ odore di salsedine che finalmente assaporo a pieni polmoni. Questo sino a Genova Pegli è l’ unico tratto di pianura, osservo un poco invidioso la massa sulla spiaggia, almeno sinché a Voltri non entro de facto a Genova, con semafori capannoni e cantieri portuali a completare il paesaggio. Non esistono cartelli stradali che indicano la mia prossima meta, ma me la sono studiata bene con Google street view e non dovrei perdermi, se non che ad un certo punto non capisco più dove mi trovi e rallento temendo di aver perso il bivio. So che la strada scorre a lato di un torrente che ancora non ho visto, ma mi assale il timore di essermelo perso sinché un ponte non mi fa capire di essere all’ ingresso di Pegli, proprio dove devo abbandonare la costa in direzione Madonna della Guardia!

La strada abbandona in fretta la civiltà, la Liguria qui mostra il suo altro aspetto fatto da casette ai bordi di torrenti in secca e circondate da alte vette ricoperte da una florida vegetazione. La salita sale tranquilla e solo dopo San Carlo Cese richiede un po’ di impegno, quando ormai la quota comincia ad essere interessante e quando Lencisa è ormai alle porte, paesino che arriva prima del previsto. Guardo verso l’ alto e vedo il santuario della Madonna della Guardia, non pensavo mancasse così tanto, ma lì devo andare e lì andrò! La velocità cala velocemente e la catena salta sull’ ultimo rapporto disponibile, le pendenze sono nettamente a doppia cifra ed ora sto cominciando a patire la fatica di un tragitto già impegnativo, fatica che esplode sul famoso muro finale in pavée con punte del 16%. Ma arrivare in cima merita come sempre, a parte qualche nuvola svolazzante sopra la città il panorama è splendido e Genova si mostra brillante come poche altre volte.
Finisco le scorte alimentari (il pollo alla griglia del Faiallo mi ha rovinato i piani) e scendo sperando di recuperare in vista della Bocchetta, una delle salite che preferisco con pendenze a me congeniali tra l’8% ed il 10% ed alcuni tratti in cui rifiatare.

La Bocchetta appunto… Ormai conosco bene queste strade e trovo subito l’ imbocco nonostante i sensi unici di Campomorone, l’ inizio respinge indietro chi non si merita di domarla ed io comunque fatico a reggere un buon ritmo su questa ripida via cittadina, ma il peggio passa e dopo qualche chilometro in cui cerco di forzare l’ andatura per battere il mio record risalente al 2005 finalmente spiana e, purtroppo, ne approfitto per bere e rifiatare.
Il secondo tratto è meno complicato di quello iniziale, ma qui la spia entra in riserva sparata e mio malgrado devo diminuire lo sforzo tenendomi idratato e cercando di salvare la gamba in attesa del secondo pezzo piano a Pietralavezzara. Ma non c’è niente da fare, quando la luce si fa fioca l’ unica possibilità è salire al risparmio cercando di sopravvivere, metto la catena sul 27 ed ogni tanto smetto di pedalare, trovandomi praticamente fermo dopo 2 metri con l’ ulteriore consumo energetico per riprendere velocità. Capiamoci… non è nulla di epico o proibitivo, solo stanchezza che non mi permette di superare i 10 orari in tratti al 9/10%, ma salire quando la gamba non risponde è in ogni caso una difficoltà mentale da superare e sopportare sinché il cartello indicante i 772m del passo della Bocchetta non scorre alla mia destra.
E’ fatta, ora mi resta la discesa ombreggiata e divertente nel primo tratto e diritta e tutta da pedalare nel secondo, ma le difficoltà sono finite e l’ unico dislivello restante arriva poco prima della fine, su un infido ponticello.
In totale 154km e 4000m di dislivello, 3° giro più duro di sempre e soprattutto la coronazione di un percorso che ha visto 5 delle mie salite preferite tutte insieme!

Ecco il ponte che non c’è…

Non è il set di un horror/zombie, ma il Beigua ai 1000m di quota

Belin! Zena

Fine delle fatiche


Comments are closed.

Archivi