La via del sale: Capanne di Cosola – Torriglia

di admin il 08/10/2018 · Commenti disabilitati su La via del sale: Capanne di Cosola – Torriglia

Siamo appena usciti dall’albergo di Capanne di Cosola a 1500m di quota sui crinali Appenninici, in mattinata abbiamo marciato su quella che tipicamente è la prima tappa della famosa “via del Sale“, via escursionistica che in 3/4 giorni collega Varzi al mare. Ma noi siamo atleti abituati a correre e due tappe le bruciamo in un singolo giorno.
Eravamo in anticipo sulla tabella di marcia, ma tra tagliolini ai mirtilli, meringata e Gutturnio ora siamo in ritardo, alle 13:40 abbiamo 5h30 di luce e davanti a noi 25km di cammino per arrivare a Torriglia, tutto se non abbiamo intoppi… per cui mi sale un filo di ansia per fare in fretta.

Il crinale che guarda verso la val Borbera
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Quello tra Capanne di Cosola e Capanne di Carrega è probabilmente il tratto più affascinante, iniziamo subito in un sentierino che ben presto bricca violento sino a sfiorare la cima del monte Cosforione ed il suo panorama sulle alte vette della zona: il solitario monte Alfeo, il Lesima ed il suo ripetitore a forma di pallone, Chiappo ed Ebro, Penice ed Antola, ma anche Maggiorasca al confine del reggiano, una fantastica giornata sopra l’umidità dei bassi strati che ci invita ad una sosta che non possiamo permetterci. La discesa è altrettanto ripida e ben presto si inverte in un tratto uguale e contrario verso il monte Legnà, la cui cima è raggiunta da una deviazione che affronto correndo poi in discesa verso gli altri. Per molti questo è il tratto più bello, ed ora capisco il perché.

Ci si arrampica
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Il solitario monte Alfeo
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E ci si butta in discesavia_del_sale 011

Ci si può finalmente rilassare un po’, la strada si allarga ed incrociamo qualche escursionista giornaliero, ma dura così poco che rimaniamo sorpresi di trovarci ancora in un fitto bosco a dover usare le rocce come gradini in stretti tornanti prima del Poggio Rondino, vetta che sfioriamo, non come quel cucuzzolo verticale che si innalza davanti a noi e su cui ci mandano i cartelli piccolini ma omnipresenti con scritto VM (Via Mare). E qui si ansima, è una salita durissima e Marco coi suoi bastoncini può almeno scaricare la forza su quattro arti al contrario mio e di Edo. La discesa seguente cambia aspetto, ora siamo in un denso bosco su una carrozzabile nella quale fare attenzione a qualche sasso sparso, ma nulla di preoccupante tanto che scendiamo corricchiando coi nostri zaini a far peso sulle spalle.

La vista dal monte Carmo merita la fatica per raggiungerne la vetta

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Eravamo lì sopra poco fa
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Rientriamo alla civiltà a Capanne di Carrega e 200m dopo entriamo ufficialmente in Liguria, dove abbandoniamo questo breve tratto di asfalto seguendo i segnali verso il monte Antola, indubbiamente il punto più simbolico di tutto il viaggio e meta di tanti camminatori che, al contrario di noi, ormai stanno tornando verso casa. Monte Antola, 2h (per quelli normali), grossomodo 1h20 per noi… pensavo fosse molto più vicino! Non è tardi, ma è già pieno pomeriggio e sì, rimango un filo in ansia, sia perché voglio assolutamente evitare di arrivare col buio, ma anche perché vorrei arrivare un po’ prima per potersi sistemare con calma e magari per un aperitivo gratificante in paese.
La via è bella ed abbastanza panoramica, tra l’umidità si intravede il mare e le pendenze cattive sono momentaneamente un ricordo, tratti nel bosco ci riparano dai raggi solari ed ogni passo che facciamo sentiamo l’arrivo più vicino. Ma l’Antola non si fa conquistare così facilmente, dopo un lungo passeggio sui crinali che separano Piemonte e Liguria arrivano le sue pendici orientali a farci ansimare e a farci sentire le gambe vive, ma lo conquistiamo ed io prima degli altri attirato dalla mia 4° cima nuova del giorno che mi annebbia parzialmente il cervello, ma si parla di un minuto di differenza, in queste occasioni si cammina e si viaggia assieme e si assaporano assieme le emozioni che questa montagna “sacra” dei genovesi regala a chi la conquista, a partire dalla vista a 360° ai piedi della sua croce sino al blu del lago del Brugneto. Le foto di gruppo sono un obbligo morale, civile ed emotivo!

La via per la montagna sacra dei genovesi
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Foto di rito col lago del Brugneto come sfondo
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Scendiamo e poco dopo troviamo il rifugio Antola di recente costruzione nel quale ci fermiamo per una merenda ristoratrice, io personalmente sto molto meglio del previsto, l’unico dolore è ad un braccio mentre piedi, ginocchia, caviglie ed energia sono pienamente ok, ma gli altri a detta loro sono “un po’ cottini” e dopo 40km direi che è normale. Ufficialmente per arrivare a Torriglia ci vogliono due ore, noi abbiamo due ore di luce ancora ed anche sbrigandoci non saremo in paese prima delle 19 (e via con l’ansia), ma il ritmo un pochino cala e le discese sono più prudenti sia per i sassi sparsi tra le foglie e le radici, sia perché non c’è bisogno di prendere rischi tra rami ed infide contropendenze bastarde. Inoltre dobbiamo affrontare quello che forse è il tratto più spaccagambe della via del sale, quello che “poi senti le ginocchia che fanno male”, un lastricato di sassoni belli ripidi e duri. Io volo, salto da un punto all’altro così che le ginocchia stiano bene, solo qualche risentimento alle caviglie che devono reggere lo sforzo ma nulla di più. Incrocio anche due ragazze che come noi stanno affrontando il cammino, partite venerdì pomeriggio da Varzi sono abbastanza provate da sforzi per loro non abituali. Dormiranno con noi (non pensate male eh…), ma la differenza di ritmo è netta per cui ci vedremo per cena.

Arriviamo alla civiltà periferica di Donnetta e le tracce si dividono, la VM segue l’asfalto mentre la nostra scende diretta, io non voglio rischiare di incastrarsi in sentieri non mantenuti per cui seguo quella ufficiale che ben presto taglia l’asfalto e con un sentiero diretto si butta verso Torriglia, anche se la VM interseca spesso l’asfalto le indicazioni ci permettono di arrivare alla periferia di questo paese delle alti valli Trebbia e Scrivia, in quel punto di confluenza da cui nascono questi due importanti fiumi. Col senno del poi il taglio della nostra traccia sarebbe stato una scelta migliore, la via del mare in realtà non passa a Torriglia ma ormai sono le 19 e da qualche parte dobbiamo mangiare e dormire! Grazie ai ricordi di vecchi giri in bici riesco ad orientarmi tra scalini e viette finché non troviamo un pub in piazza.

Le indicazioni abbondano

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Direi che la tappa è finita, entro per chiedere un aperitivo e dopo un iniziale momento di panico (“aperitivo… eh… non li facciamo”) chiariamo che vogliamo giusto una birretta, dopo 49km e 2400 disl ce la meritiamo! E non solo, ci portano stuzzichini, melanzane alla parmigiana e farinata, un ottimo antipasto.
Per pernottare abbiamo scelto il rifugio equestre “Mulino del lupo“, un maneggio a gestione familiare con camerate di letti a castello, un solo bagno comune ed una cena a menù fisso coi gestori, non è comodo quanto un albergo, ma la mia non è una lamentela quanto un complimento perché innanzitutto è un rifugio, ha prezzi veramente ottimi (35<80> mezza pensione!) e poi ci troviamo con Mari e Clara a tavola per una cena con acciughe, zuppa ligure (passato di verdura a base pesto), funghi e patate, torta di mele, vino rosso, uva e castagne, ho mangiato talmente tanto da scoppiare. Come si può chiedere di più? E poi è un’escursione, lo spirito di adattamento fa parte del pacchetto!

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Domani è un altro giorno, quello dell’arrivo della nostra mini avventura, ma ora si dorme… La seconda semitappa sono 26,5km e 1080d+, oggi 49km e 2700d+. Ma anche scrivere questo raccontino non è poco, per cui chiudo questo capitolo

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