3° comandamento: ricordati di trailificare le feste25/12, il tradizionale trail di natale Panorama su Nazzano, già qui abbiamo ottimi panorami 26/12, Retorbido fangoso Anche oggi si vedono bene le Alpi Bei vigneti, soprattutto affrontati in verticale Forse la foto simbolo di questo periodo 28/12, Monleale luogo del cuore Oltrepò e tortonese, due territori simili e confinanti che sembrano divisi da una sottile membrana per cui raramente ci sono scambi attravero la linea di confine, perdendosi sia da una sponda che dall’altra diverse zone affascinanti e nuovi panorami. E’ così che convinco Francesca a questa piccola trasferta nella mia collina del cuore, luogo che semmai dovesse succedermi qualcosa rimarremme nel mio testamento come sede di un “memorial Pedrazzani” trail. Il freddo che ancora pervade le zone in ombra Guado nel quale ho lanciato un sasso, così da non bagnarmi Non capisco il senso di attrezzatura per esercizi in questa zona
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Lo sport delle feste, parte 2Rieccoci coi raccontini ancora precedenti alle vere festività 21/12, Salomon demo tour E in via Emilia (come a Voghera!) E qui sul Lavello si sale a fatica 22/12, Camminando lungo lo Staffora 23/12, Viguzzolo immersion 24/12, Calvignatale
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Le corse delle festeRicordati di santificare le feste, ed anche quest’anno l’obbligo è stato compiuto. 18/12, la Tapapizzata Viva i babbi natale E si corre in via Emilia, centro di Voghera 19/12, prova del Salomon demo tour 20/12, vado anche oggi E domani l’impegno sarà serio…
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#Ioduro6ore (La sei ore di Guardamonte)Tempo di lettura 7/8 minuti, ma avevo l’obbligo morale di scriverlo e, come sempre, mi è sfuggita la mano Non siamo tanti, siamo un po’ i soliti ed un po’ degli agguerriti staffettisti che si daranno battaglia con risultati incredibili,alle 11 si parte e subito mantengo la parola data: un giro di lancio permette di sgranare il gruppo prima della infida discesa tra roccia e sabbia che sfiora i calanchi, io cammino ritrovandomi immediatamente a fondo gruppo e già noto come in tanti siano partiti troppo forte in una calda giornata di settembre. Passiamo dal traguardo e tra gli sguardi sbigottiti di chi mi vede così indietro spiego la situazione, purtroppo più di così non potrò fare, passo “trail-scursionistico” con discese non frenate e marcia per il resto del tempo.
Eccomi al giro due andato in 50’ abbondanti, sento il tifo dei presenti a cui spiace vedermi così indietro e sento che 4 tornate sono alla mia portata, sin’ora nessuna sensazione negativa. Al secondo giro cominciano i doppiaggi, da Matteucci con la musica a palla a Grondona che quasi si incazza a vedermi lì, “oh ma che fai?” “male faccio!”, mi raggiunge il patron Checco che mi ringrazia per la presenza e “combatto” con una donna che nei tratti più correvoli però prende il largo. Inizia il giro tre e per ora tutto ok, mi sta balenando in mente l’idea di aggiungerci un quinto giro… ma intanto approfitto del banchetto ristoro per dei sali presi rigorosamente con un bicchiere di plastica che mi porto appresso, sto prendendo confidenza nei tratti più tecnici e recupero terreno dai miei “avversari” raggiungendo quella donna a cui faccio compagnia. A metà il cronometrista mi incoraggia a continuare, nella ripida salita recupero parecchio ed aiuto Tiziana in crisi di stomaco (ehi ma sto recuperando posizioni!) e verso la fine ne approfitto per una digressione pipì in un punto estremamente panoramico, per poi rientrare al traguardo corricchiando in discesa con tanto di goliardica proposta di squalifica poiché ho dichiarato di voler camminare tutto il tempo. Sta andando fin bene dai, il 5° ci sta con opzione sesto… molto meglio del previsto. Giro quattro, sosta barretta e bicchiere di birra al ristoro, con la pessima idea di mangiare nel tratto più ripido e dove Pietro mi fotografa a bocca piena. Il piede comincia a farsi sentire, ma ancora a livello di fastidio ed è così che annuncio il 5°, comincia a far caldo e comincio a vedere qualcuno calare il ritmo, è una gara che non perdona gli errori gestionali ed in tanti sono partiti a bomba, ho visto gente ansimare già al 3° km, resistere sino al 10° e poi perdersi completamente ad un quarto di gara. Salvifica è la fontana al 2°km, sosta che a quest’ora del primo pomeriggio è un toccasana per tutti. E via così arrivo nuovamente al traguardo dopo circa 3 ore abbondanti e mi fermo per una doverosa sosta ad un banchetto abusivo della Garlaschese con pizza e panini alla nutella. Vorrà dire che anche oggi si fa dieta la prossima settimana. Inizia il giro cinque, nel quale mi faccio furbo e mangio la mia barrettina di semi e cioccolato nel tratto di salita, molto più comodo dato il ritmo comunque molto agevole, ormai ho imparato bene i segreti del percorso e so come muovermi tra rocce e radici appoggiando con agio i piedi, forzando laddove le pendenze sono più dure e rilassandomi alla fresca ombra della seconda parte di percorso. Giro sei, il tendine si sta offendendo, ma ancora non posso parlare di dolore per cui inizio quest’insperata tornata, se continuo così stringendo i denti potrò anch’io dire che “duro 6 ore”, ma prima mi fermo all’utile banchetto del ristoro facendo il pieno di sali, the ed un bel bicchiere di vino rosato che velocemente entra in circolo, è curioso come a stomaco vuoto e sotto sforzo bastino pochi minuti per sentire i 12° alcolici ed altrettanto poco tempo per smaltirlo. Vedo che il percorso sta cominciando a mietere le sue vittime, in salita recupero alcune posizioni e riesco a riprendere anche Grondona che già ha due giri di vantaggio e finirà secondo, mentre io camminando sono piuttosto fresco anche se non nego che dopo 4 ore di marcia spedita comincio ad accusare un leggero calo. Giro sette, ormai l’idea di concludere le 6 ore, la magra consolazione di riuscire quantomeno a stare 6 ore in piedi prende il sopravvento con l’ipotesi dell’ ottavo giro, ma intanto si va. La fatica è visibile nei volti di chi incrocio, solo gli staffettisti sembrano freschi e riescono a correre dove tutti camminano, il percorso ormai noto si sta deformando sotto le nostre suole tassellate e a metà saluto festante il cronometrista ormai mio amico. Salvifica è anche la fontana di Guardamonte, una riserva infinita di acqua e fresco. Giro otto, mi sento bene ed il piede non fa male, per cui decido di rischiare il tutto e correrlo, tanto che ho 37 minuti prima dell’ultimo tocco di campana e passando in tempo avrò diritto ad un giro bonus. Mi fermo al ristoro infilando direttamente il bicchiere nei secchi di sali, poi nella bastarda prima discesa saluto il grande Massimo Sartirana pronto a fotografarci stravolti e preso dall’entusiasmo tento di corricchiare, inciampando prontamente in una roccia e battendo mani e ginocchia… niente di grave, ma uno strattone lungo tutta la colonna ed un ginocchio che si gonfia non fanno mai piacere. Giro nove, in molti approfittano del tempo extra per una tornata in più, io calo il ritmo memore della caduta e di due gambe comunque provate, davanti Matteucci parte come un disperato verso la vittoria mentre tutti si trascinano in qualche modo sino al traguardo. Alterno corsa e cammino, ormai ho onorato l’evento e nelle ombre lunghe dei boschi svolgo gli ultimi passi fino al meritato traguardo, quello che avrei dovuto superare quattro volte ed invece calpesto per la 9° volta. Sono stanco, non certo provato, frustrato per una sfida che mi intrigava parecchio ma tutto sommato contento di essermi meritato la maglia commemorativa, il panino più birra, la pasta ed i magnifici panorami verso il tramonti, il vino tenuto in fresco che mi premuro di condividere e l’amiciza (spesso alcolica) che pervade questi eventi. E che bello trovarsi stanchi con la birra attorno al tavolo, che bello il tramonto dalla piazzola panoramica sulla val Curone, che bello vedere Varzi dalle balconate rocciose del monte Vallassa, che bello passare sotto le rocce da arrampicata e balzare tra sassi e radici, ma senza lo stress dell’autogestione tipica dei trail ad anello unico. Che bell’evento quello in cui si decade lentamente sino al limite della propria forza sapendo di correre in un angolo di paradiso… E che bello poter dire #ioduro6ore !
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Garbagna trail Montebore, secondo anelloSiamo a Garbagna ed abbiamo sulle gambe i quasi 20km del primo anello, sono passate due ore dalla partenza e la piazza si è animata con il tifo e gli accompagnatori degli altri due percorsi. Siamo in quattro al ristoro di metà gara intenti a riempire borracce e a fare il carico calorico con torte e bevande zuccherate che ci daranno un surplus energetico per affrontare la seconda parte del Garbagna trail Montebore, quella sulla carta meno dura ma con più fatica da gestire. Ho sentito al volo un “sei sesto/settimo” a Davide, oggi acciaccato ma già vincitore di due edizioni, ed assieme a noi ci sono altri due atleti con cui ben presto abbandonaniamo il paese in direzione collina. A me va bene, sono abbastanza fresco ed un posto nei dieci in questa avventura su una distanza mai provata sarebbe soddisfacente, ma non nego che annusare il 5° posto e la premiazione alla prima “lunga” della mia carriera mi da uno strano piacere. Non voglio forzare e quelli con me hanno chilometri e chilometri di esperienza in più e già me li vedo staccarmi a breve, ma subito noto che qualcosa non va come mi aspettavo: dalle prime rampe supero Marco, supero Davide e l’altro con noi e dopo non molto, tra camminate e corsette nel ripido ed ombreggiato sentiero, non sento più i loro passi, cosa diamine sta succedendo? Eppure è così, sto andando ad un ritmo per loro difficile e che mi porta a riprendere un altro atleta entro la fine della salita, dove l’asfalto obbligato sostituisce il bosco e regala ottimi panorami sulla val Borbera che mi ricordano gli anni passati a pedalare in bicicletta ammirando una zona che anche sul bitume regala emozioni. Ora sono forse quinto o sesto, ma davanti ne avvisto altri due ed uno lo riconosco subito, è Stefano! Fortissimo atleta che sta vivendo un periodo molto negativo dopo gli exploit in primavera, la meraviglia continua ed addirittura vedo i distacchi ridursi al punto che abbandonato l’asfalto li raggiungo. Mirko, con la sua vistosa canotta rossa, mi manda amichevolmente a quel paese notando quanto sia fresco, Stefano lo vedo invece molto provato tanto che poco dopo si ritirerà… non posso che augurargli di riprendersi ai suoi soliti livelli, non di continuare ai miei! Però … ora dovrei essere quarto, ma come è possibile? Ma ovviamente in una gara così l’imprevisto è sempre dietro l’angolo e nel salire alla rocca del castello di Sorli cominciano i problemini, uno strano accenno di crampo all’interno coscia e pure un affaticamento al polpaccio che non prelude a niente di buono, cerco di bere in abbondanza ed alimentarmi con piccoli frequenti morsi per evitare il tracollo e dei pericolosi crampi, inoltre devo limitarmi in discesa e cambiare il meccanismo di corsa utilizzando tutto il piede e non un corretto appoggio di avampiede pur di non affaticare troppo i muscoli. Per fortuna qui c’è un pezzo abbastanza corribile ed in salita ho ancora un ottimo passo, corro dove altri già camminano e quasi mi rilasso nei tratti più duri. Qualcuno mi fa i complimenti, sono quarto e davanti ho una donna e due uomini, ma qualcosa non mi torna e capisco che la suddetta fa parte della staffetta, quindi … non ci credo ma sono a podio! Mi sorpassa ben più forte Enrico, anche lui intento nella staffetta e ci scambiamo due battute sulla mia condizione: io sono al limite dei crampi, ma dietro ho il vuoto e gestendomi bene posso mantenere la posizione. Lui va, io rimango solo tra strani tagli sterrati che rubano 100m di percorso ed un anello buono per allungare attorno al monte Provinera, dove noto davanti a me un atleta con la maglia verde che riesco a raggiungere. Lui è molto affaticato, è partito troppo forte e sta pagando dazio cercando giusto di terminare la gara, ma io sto per battere il personale record di corsa più lunga, i crampetti sono lì pronti a mordere e mancano ben 10km… Seconda posizione, ma che roba è? Arrivo a San Vito ed inizia per me il tratto migliore, la dura salita alla croce panoramica che domina il paesino piemontese di origine ligure da cui tutto è iniziato ben cinque anni fa, il ripido pezzo ombreggiato è quasi piacevole, ma ogni tanto devo rallentare per massaggiare la coscia e tirare il polpaccio, imprecando nella solitudine del bosco con il timore di vedere un sogno vanificato. Sono sincero con me stesso, lo scopo è finirla decentemente e se dopo 32km non ho dolori né vesciche, se fatica muscolare a parte sto bene e la fine sembra tranquillamente alla mia portata, allora l’obbiettivo iniziale di concluderla con dignità può essere facilmente raggiunto, però parliamoci chiaro, chi non vorrebbe arrivare a podio alla sua prima lunga? E poi col culo che ho sempre a questa gara, il primo è capace che si perda… per cui via con calma verso il traguardo! Svalico, voci incoraggianti mi ricordano che sono secondo e che da qui in avanti sarà tutta discesa (come no…), ma per me arriva il peggio con quel pistino da mtb che prendo quasi camminando e su cui perdo decine di secondi rispetto ai miei avversari. Sto andando piano, ma almeno ora c’è un pezzo più corribile in cui riesco a lasciarmi andare senza sovraccaricare e poi c’è del salvifico piano sotto i caldissimi ed affascinanti affioramenti calanchivi che circondano tutta l’alta val Grue. E’ tempo di gel, una veloce botta calorica prima della seguente ripida e sabbiosa discesa che sfiora un calanco e su cui devo prestare attenzione a non mettere male i piedi nel canale formato dalle piogge. E’ festa, l’arrivo mio è un po’ una sorpresa al punto che non vengo notato subito, ma tagliato il traguardo parte l’ovazione, la campana di Renzo, il giro panoramico della piazza a prendermi gli applausi e la mia più totale incredulità nel risultato raggiunto, ancora non capisco come sia stato possibile che alla prima vera gara lunga abbia ottenuto un podio su quasi 100 persone con almeno 6/8 di essi teoricamente a me superiori. Ma il trail è così, se sino a 2 ore può bastare un ottimo motore, con 4 ore di gara ci si deve saper gestire ed in questo sono stato bravo, ho avuto molta fortuna (chiamiamola così) con ritiri eccellenti, qualche acciacco ed atleti partiti troppo forte, ma non ho rubato nulla e nonostante le varie piccole difficoltà nella prima parte con vari rischi cadute e litigi con le borracce ed il freno a mano tirato nella seconda ho raggiunto un podio che i bookmakers davano quasi impossibile. E’ l’ora della festa, birra Montebore risotto ed altre delizie prima della meritata premiazione, una gara che ancora mi fa pensare e mi impone una scelta su cosa “voglio fare da grande”, se tentare il salto ai lunghi, fare preparazioni più serie o continuare così ad incastrare allenamenti e cazzeggio. Ma per oggi mi godo il risultato ed esalto chi come Sabina ha faticato per molte più ore di me, beccandosi anche tutto il caldo, per lei ingresso trionfale in paese accompagnata manco fosse il papa, per me pochi passi che mi hanno fatto capire l’entità dello sforzo. Si chiude il sipario, domani sarà un altro giorno ed una settimana di relax in cui metabolizzare il tutto. E grazie a voi che siete arrivati in fondo a leggerlo.
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