Giro Bobbiese parte 2

il 27/08/2010 · 2 Comments

Ci risiamo. A Bobbio, 6 giorni dopo la sventurata trasferta in cui ho provato cosa significhi scendere sotto il diluvio. Dopo un’ ora circa di auto e qualche sorpasso tra i tornanti del Penice parto con la quasi certezza di una bella giornata, anche se ormai è già pomeriggio.

L’ inizio è lo stesso, sino a Coli l’ odioso asfalto ruvido scorre (piano) sotto le mie ruote, ma poi non sbaglio più il bivio per il passo S. Barbara, una salita molto discontinua su carreggiata rovinata, che alterna autentici strappetti a pianura, che sembra voler finire ad ogni curva, per poi fregarti con l’ ennesima rampa. La fine è affascinante, passa sotto a rocce nere tendenti al blu, un paradiso per gli appassionati di geologia quali non sono io.
Arrivo al Santa Barbara e capisco che l’ altra volta ero praticamente lì, il monte Aserei è poco lontano. La cartina è chiara, ma tra nomi inventati e strade mancanti mi fido più dell’ abbondante (e sbagliata) segnaletica piacentina, risalendo sino al monte e buttandomi su una strada bianca abbastanza bella, che mi era stato assicurato essere tutta in buono stato, cosa di cui mi convinco vedendo 2 macchine salire. L’ inizio è bello, ma poi degenera ai limiti della ciclabilità e sebbene la faccia praticamente tutta in sella, questa lunga discesa sino a Mareto mi ruba molto più tempo del previsto.
A Mareto tiro un sospiro di sollievo, e fortunatamente mi guardo indietro ad un bivio giusto in tempo per capire di stare ancora sbagliando strada. Il monte Albareto è pure peggio del Santa Barbara, quando sembra essere finito ricomincia con l’ ennesima rampa al 15%, dove torna utile il 27 appena montato in previsione del Mortirolo. La discesa verso Ferriere è un muro, specie all’ inizio, poi da Ferriere diventa un falsopiano discendente e lungo sino a Farini.
Qui c’è un altro bivio, per Pradovera sono 16km (saranno mica tutti in salita?), non ho scelta se non salire su pendenze finalmente regolari e non ripide. Faccio sosta acqua e un bel po’ prima del paesino scendo. No, non è tutta salita, ma il portaborracce che barcolla sulle diverse buche mi obbliga ad un’ altra sosta per sistemarlo. Fortuna che porto sempre con me 3 brugole.
Appena prima di Pradovera capisco da dove sarei dovuto passare, e trovo pure il bivio per Perino che Roberto “Aresius” e Piero mi hanno consigliato. Ormai è però tardi e a risalire la val Trebbia avrei avuto un forte vento contrario, inoltre mi si presenta l’ occasione di aggiungere una salita extra al mio abbondante elenco, perciò la decisione di risalire al monte Aserei è “obbligata”. Un fitto bosco mi accompagna per un tratto, riparandomi da un sole nemmeno caldo per il periodo, prima della prateria a quota 1250m della vetta.
Mi manca poco, in 1000m di dislivello in discesa arrivo a Bobbio, dove me ne infischio della zona pedonale e riesco a trovare in fretta la mia macchina.

In totale 88km e 2450m di dislivello, dopo i 124 e 2950m del giorno precedente, e 2 giorni prima di una “triplete” Valtellinese che vi racconterò a breve. Seguitemi sempre su questo blog :) E non snobbate i giri che organizziamo, si rivelano sempre giornate divertenti!

Il ponte del diavolo. Narra la leggenda che Satana l’ abbia costruito in una notte in cambio dell’ anima del primo a passarci, ma per sua sfortuna è stato un cane.


La val Trebbia, dove entra nelle strette a 2 km a sud di Bobbio.


No è, non piovere oggi!


Una strana roccia salendo al passo Santa Barbara.


L’ “asfalto” piacentino, ne ho affrontati in sella 6km di cui 4 in discesa


Ormai al ritorno, frazioni nei pressi di Coli


Bobbio e diluvio

il 18/08/2010 · Commenti disabilitati su Bobbio e diluvio

Non sempre i giri vanno come devono andare, a volte qualcosa va storto e la “ritirata” è l’ unica scelta possibile. Oggi è uno di questi giorni.

Parto da Bobbio che le previsioni meteo parlano di possibili episodi temporaleschi di breve durata, ma io sono fiducioso di non prendere acqua lungo questo itinerario che mi è stato proposto praticamente uguale da 2 persone differenti (che ringrazio).
La prima salita è la famosa Bobbio-Coli, conosciuta per la sua cronoscalata che non ho mai fatto (perfortuna, dato che l’ asfalto ruvido risucchia tra il 5% ed il 10% della pedalata). C’è un’ umidità pazzesca, sudo come quasi mai nonostante la temperatura sia nella norma estiva. A Coli proseguo sulla strada principale, osservando nubi minacciose condensarsi sopra il Penice e in val Trebbia. Arrivo al bivio per il monte Aserei, non mi ritrovo con la cartina del percorso ma nel dubbio continuo a salire su pendenze a doppia cifra nella parte iniziale, fino alla fine della salita a 1250m circa (non 1431 come indicato dal cartello). Il tempo attorno è brutto, ma dove sono io sta reggendo. Sulla destra c’è la deviazione per Farini, ma è sterrato e pure vietata al transito, perciò capisco di aver sbagliato strada e scendo dallo stesso lato. Col senno del poi, mi bastava continuare per ricongiungermi con il tragitto originario…
Al bivio del monte Aserei chiedo informazioni, ma rimango confuso e dopo aver sentito 4 goccie colpire la mia pelle ritorno sui miei passi a Coli, dove mi fermo a mangiare in attesa degli sviluppi dell’ atmosfera, attualmente nera e tuonante.

La situazione non migliora, il giro è compromesso e comincia ad essere tardi per rischiare un acquazzone, perciò scendo di nuovo a Bobbio in direzione macchina (e sconfitta). Al ponte vecchio però noto una strada secondaria che sale, come posso farmi sfuggire quest’ occasione di salita extra? Tanto rimango comunque in zona nel caso probabile si mettesse a piovere. Bastano pochi metri per trovare l’ asfalto bagnato, un paio di km invece per bagnarmi anche la testa, ma insisto, voglio questa salita (nemmeno tanto facile) nel mio elenco! Arrivo in cima che l’ asfalto diventa ghiaia, e la pioggia tempesta.
Scendo subito, ma è un disastro: sopra di me tuoni ed acqua a secchiate, sotto di me fango e torrenti che escono dai campi, davanti a me pericolose curve, non tanto per la pendenza mai esagerata o per il raggio sempre ampio, ma perchè i freni non rispondono, mettendoci tutta la forza riesco a malapena a non accelerare e vivo alcuni momenti di timore quando mi trovo un cumulo di ghiaia girando verso destra, oppure quando nonostante i freni tirati prendo velocità e devo frenare addirittura con i piedi. Spaventoso, basta allontanare i pattini dal cerchione per un secondo che la forza della pioggia crea una patina che non si smuove più.

Arrivo a Bobbio in qualche modo, cerco la macchina ma orientarsi tra i sensi unici ed i divieti vari del centro è un’ impresa a cui rinuncio passando contromano su un marciapiede. Ovviamente quando arrivo smette di piovere.
Sarà per la prossima (6 giorni dopo, giro fatto quasi completamente ma non senza rimanere fregato dall’ abbondante e sbagliata segnaletica piacentina, come quella che al Penice ti manda verso Bobbio per raggiungere Salice Terme).

Il Trebbia dal ponte verso Coli, uno di quei fiumi “balneari”

La val Trebbia, vista assieme ad “innocue nubi”

Coli si trova in una zona calanchiva, con alcuni passaggi veramente al limite.


Il ponte vecchio, detto anche ponte del Diavolo.

Piccola foto per mostrare come vedevo il cielo

Ed io che credevo che Salice Terme fosse in valle Staffora! Invece il povero turista sfigato che non conosce i posti lo fanno passare da Romagnese-Zavatarello, giusto per complicargli un po’ la vita. E non è un errore, è una cosa voluta.

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