4 giri assolutamente da fare

il 22/02/2012 · Commenti disabilitati su 4 giri assolutamente da fare

Attualmente sono fermo da più di un mese, vuoi per il freddo non certo consono agli inverni padani, vuoi soprattutto per una fastidiosa tendinite al ginocchio esterno che non disturba la vita normale, ma che non riesce a guarire, la posizione peggiore per il recupero è quella che tengo per 8 ore dentro al letto… Mi sfogo con qualche chilometro giornaliero di cyclette, un palliativo per mantenere il fisico un po’ attivo…

Non ho nulla di nuovo da raccontare, e ormai nemmeno di vecchio, ne approfitto per consigliarvi alcuni giri bellissimi, alcuni epici, altri che consiglio fortemente, sperando anche nell’ aiuto di altri che meglio di me conoscono le Alpi (dove trovare i migliori anelli se non nelle Alpi?).

La Susa-Susa:
Questo è senza dubbio uno dei più epici anelli alpini, piuttosto lungo e difficile, ma fattibile da un amatore con un po’ di allenamento. La partenza consigliata per noi italiani è a Susa, si parte in salita con il Moncenisio, una salita che non si trova nell’ elenco delle celeberrime, ma che presenta 1600m di dislivello con pendenze costanti e mai banali che termina lungo il lago artificiale ad oltre 2000m di quota. Una veloce discesa porta a Lansebourg Mont-Cenis, poi si scende per 40km lungo la valle Arc sino a S. Michel de Maurien, dove inizia una delle regine della Francia, il Galibier, 18km di cui 12 costanti al 9% in un paesaggio maestoso. Ma prima c’è il Col du Telegraphe, 800m di dislivello in 12km, mica bazzeccole!
La prima parte di discesa porta al col du Lautaret, la seconda è su una strada larga in cui sembra di volare sino a Briançon. Il grosso è fatto, ma manca ancora il Monginevro, 500m verticali pedalabili su una strada trafficata ma piuttosto larga. Da Cesana torinese è falsopiano, c’è discesa vera solo rientrando a Susa, quando ormai è fatta.
E’ un giro molto bello che però va fatto in gruppo, è facile trovare un forte vento contrario tra Moncenisio e Galibier e nel tratto Monginevro-Susa, mentre questo vento è spesso favorevole dal Lautaret a Briançon. In tutto sono 206km e 4500m di dislivello.

I miei racconti: http://giriesalite.altervista.org/?p=1342  e  http://giriesalite.altervista.org/?p=1352

Il Trittico svizzero (Gottardo-Furka-Novena):
Il giro perfetto, 3000m di dislivello in 100km. Si parte da Airolo, l’ ultimo avamposto del canton Ticino, si sale subito verso il passo San Gottardo, crocevia tra Europa settentrionale e meridionale, la vecchia via nella parte finale è molto tortuosa con infinite curve e più chilometri completamente in pavèe, una salita assolutamente da fare! Il Gottardo è un passo molto freddo, spesso spira un vento gelido, consiglio di portare sempre un capo d’abbigliamento in più.
Il bivio del Furka arriva a discesa non ancora finita, un breve falsopiano precede la salita vera e propria, la più facile delle 3, con ripidità nella media ed un lungo falsopiano finale. La discesa fa intuire che l’ altro versante è nettamente più duro e bello, si scende sino ad Ulrichen dove inizia il Nufenen (o Novena in italiano), la più dura delle 3 con troppi tornanti finali che non lasciano respiro a chi a questo punto è già stanco. Dai 2400m del passo ai 1000 di Airolo è tutta discesa.
I panorami sulle grandi vette alpine, sui ghiacciai e la storia di questo percorso lo rendono obbligatorio ad un ciclista che si rispetti, inoltre essendo corto lo si riesce a fare anche in un pomeriggio.

Il mio racconto: http://giriesalite.altervista.org/?p=511

Mortirolo+Gavia:
Questa accoppiata è un must per chi si trova in Valtellina, si scalano 2 delle più famose salite italiane in 120km e 3390m di dislivello.
La partenza migliore è da Bormio, c’è abbastanza strada per scaldarsi in vista dei 12.5km al 10.5% del Mortirolo, c’è una salitella adatta a rompere il fiato e pure molta discesa per non sprecare energie. Il Mortirolo non è proibitivo, non ha picchi impossibili, bisogna adattarsi ad un rapportino agile e salire senza strafare. La discesa verso Edolo è abbastanza tecnica, da Edolo sino a Ponte di Legno è tutto falsopiano in cui volendo si possono tirare i rapportoni.
L’ inizio del Gavia è banale, ma è dopo la sbarra che la strada si restringe e rende la vita difficile, tanto da assomigliare al Mortirolo. Quando si esce dal bosco le pendenze calano su valori normali, non è una salita durissima che però non regala niente, 1400m di dislivello dopo il Mortirolo non sono da sottovalutare. C’è anche la galleria, 200m completamente bui in cui è utile avere una torcia o almeno una lucina, altrimenti bisogna fare affidamento ai catarifrangenti laterali e alle auto/moto di passaggio.
La discesa del Gavia sino a S.Caterina non è bellissima, poi sino a Bormio diventa un rettilineo un po’ curvo in cui si scende forte senza pedalare, specie nella prima parte.
Edolo può essere una buona alternativa di partenza, ma c’è da stare attenti perché il Mortirolo dopo il Gavia è domabile, ma non perdona!

I miei racconti: http://giriesalite.altervista.org/?p=709 e http://giriesalite.altervista.org/?p=722

Bi-Stelvio:
Questo non è un anello classico, ma un modo per affrontare 2 versanti del più alto passo italiano, che dai suoi 2758m domina il ghiacciaio dell’ Ortles ed i mitici 48 tornanti del lato trentino. Si parte in salita da Bormio, l’ attraversamento del paese è il massimo per rodare la gamba prima che le pendenze inizino ad essere impegnative in un ambiente pienamente montano. Sebbene questo sia il versante meno nobile, è una egregia signora salita da 1500m di dislivello continui, con numerosi tornanti ed anche un tratto di 1km in cui rifiatare.
Giunti al passo si svolta indietro sino al bivio del Giogo di S.Maria, a 2500m di quota, dove si sconfina in Svizzera e si scende sino al paese di S. Maria. Si rientra in Italia in una larga vallata ripida che permette di rilassarsi, qualche chilometro piano porta sino a Prato allo Stelvio e del falsopiano conduce all’ inizio della vera salita, segnalata da un inquietante cartello con scritto “48” che ci ricorda quanto ci manca.
La prima parte è in un fitto bosco, ai 2200m si esce allo scoperto guardando sconcertati i rifugi lassù in alto ed i numerosi strettissimi tornanti che li raggiungono. Si sale costantemente al 9%, senza picchi e senza riposi. Dal passo poi è fatta, sino a Bormio è tutta discesa.
107km e 3400m di dislivello con 2 salite OBBLIGATORIE!

I miei racconti: http://giriesalite.altervista.org/?p=610  e  http://giriesalite.altervista.org/?p=624

Prossimamente altri suggerimenti di itinerari che adoro, non belli come quelli sopracitati, ma molto validi. O, come spero, altre descrizioni di giri mitici con l’ aiuto di chi voglia suggerirne altri.

Top 2010: il podio!

il 06/01/2011 · Commenti disabilitati su Top 2010: il podio!

3° posto:

24/07) Lago Ritom

Io ed Andrea siamo già in hotel ad Airolo, domani ci aspetta il giro dei 3 passi, ma intanto oggi vogliamo goderci questo weekend Svizzero esplorando la val Leventina, una vallata stretta con poche ma dure alternative ciclabili. Marco e Massimo rimangono bloccati dalle code all’ innesto del Gottardo, arrivando tardi dobbiamo rinunciare al giro che avevo previsto e ripiegare sul più corto possibile: la scalata al lago Ritom.
Un vento freddo spira da nord e ci spinge molto velocemente sino a Piotta, abbiamo avuto giusto il tempo di scaldarci in vista della salita che in 10km guadagna 850m. La prima parte è su una carreggiata che segue le pareti della montagna, svoltando improvvisamente con numerosi tornanti e mostrando passaggi spettacolari a lato o addirittura sotto alla incredibile funicolare che porta alla diga del lago. Seppur con calma, la vista man mano si allarga, l’ aeroporto di Piotta si fa sempre più piccolo e noi raggiungiamo Atlanca, da dove parte il secondo troncone di salita, quello che si snoda all’ interno di un bosco con le pendenze al 10%, su una strada stretta e a tratti ruvida, in cui incrociare quei pochi veicoli che vi passano risulta difficoltoso.
La stazione della funicolare arriva all’ improvviso, tutti esclamano la loro meraviglia quando guardano verso il basso con tutta la ferrovia della funicolare che sembra lanciarsi buttarsi nel vuoto. Purtroppo le pile della fotocamera mi fregano, non riusciamo ad avere la foto di gruppo e nemmeno a farne da qui in avanti, proseguendo su una lingua di strada scavata nella roccia, con strette gallerie ed uno strapiombo da cui ci protegge un muro. Qui una bici ed un’ auto ci passano, ma solo facendo manovra! La strada si allarga in prossimità della diga, con 2 tornanti siamo a lato di questo grosso lago, lungo quasi 2km nel cui fondo si vede piovere…
Mi attardo per tentare di fotografare, ma le pile non ne vogliono sapere, è con dispiacere che torno indietro battendo anche i denti per la temperatura non certo estiva, facendo attenzione alla strada bagnata e ruvida sino ad Atlanca, dove decidiamo di allungare un po’ scendendo verso Quinto su una bella strada, ma anche molto ripida.
Ci aspetta il ritorno in hotel col vento in faccia, gli ultimi km sono in leggera salita ed Andrea e Massimo li prendono con calma, mentre io e Marco forziamo di più, aspettandoli ad Airolo. Domani ci aspetta il giro serio, ma anche oggi nel suo piccolo è stato ottimo!
In totale 35km e 1150m di dislivello.

Perchè (addirittura) 3°? Proprio come avevo scritto nella presentazione di questa classifica, le posizioni sono stabilite da una serie di fattori quali il percorso, i panorami, l’andamento del giro, il clima, le sorprese, le mie sensazioni ed i miei ricordi. Se questo mini giro è sul podio è grazie alla sorpresa dei panorami, allo spaesamento di trovarsi in un posto completamente nuovo, al senso di avventura in una giornata fredda e ventosa. Un piccolo giro che ha regalato una bellissima sorpresa nei suoi 35km!

La funicolare del Ritom e l’ aeroporto di Piotta (foto mia!)

La bassa val Leventina (foto di Ushoettle)

Il lago Ritom (foto di Tony d’Amico)

2° posto:

25/07) Gottardo-Furka-Nufenen

Come sempre accade, chi è più vicino al ritrovo è l’ ultimo ad arrivare… infatti mentre sono tutti pronti noi 4 dell’ hotel stiamo ancora sistemando gli ultimi dettagli, c’è ancora quel vento freddo da nord e le quote alpine richiedono un minimo di vestiario. Assieme a noi c’è un bel gruppone scalpitante del BdC-Forum, siamo in 22 ed è difficile rimanere tutti assieme, rischiando di perdere elementi già ad Airolo.
Il primo step è il Gottardo via Tremula, con gli ultimi km in pavèe a cui sono convinto di essere abituato, considerate le strade dell’ Oltrepò! Ho il dubbio amletico se fare il turista o spingere, ma quando la compagnia si sfalda sui primi larghi tornanti del “passo delle genti”, la principale via di comunicazione tra nord e sud Europa, io rimango davanti tra i primi 3, di cui un ex professionista e (se ho capito bene) il fondatore del BdC-Forum. Non faccio in tempo a finire la frase “ma questo pavèè quando inizia?” che dietro ad un tornante lo trovo, la bici rimbalza ed io comincio a divertirmi. In questa fase i tratti asfaltati sono ancora la maggioranza, ma da un certo punto in poi inizia la vera Tremula, territorio di caccia di auto d’ epoca che rappresentano una bella fetta di traffico. I tornanti si susseguono all’ impazzata, ogni 100m massimo passiamo dal vento sulla schiena al vento in faccia, e questo per diversi km in cui il manubrio trema ed il sedere rimbalza sulla sella.
Al passo fa freddo, io stimo 8°, i guantini in lattice sono provvidenziali nello sfidare il freddo vento che mi sballonzola lungo la discesa. L’ utilissima ammiraglia ci aspetta all’ inizio del passo Furka, mi tolgo il vestiario da discesa lasciandolo sul sedile per affrontare questa salita, col proposito di prenderla tranquillamente onde evitare di piantarmi sulla 3°, ma questa mia volontà va a rotoli già alla prima curva, che arriva dopo 3km di piano sospinti dal forte vento del nord.
Salgo sempre a mio ritmo, supero i ritardatari e raggiungo il gruppo di testa del bdc-forum, rimango poco con loro e proseguo come prima sentendomi ancora una buona gamba. La salita è regolare e mi piace, almeno sino al pezzo conclusivo formato da un lunghissimo rettilineo a mezzacosta che fatica a prendere quota, solo gli ultimi 2 tornanti servono a superare il dislivello restante al passo, dove c’è la provvidenziale ammiraglia ad aspettarci con la mia mantellina ed i miei guanti di lattice. Peccato che le nuvole sospinte dal vento lascino solo intravedere la bellezza dei ghiacciai che proliferano da queste parti. La discesa è spettacolare, tento di imitare quello scatto di Emiliano prendendo Furka e Grimsel insieme, ma il mio tentativo resta mediocre…
Mangiamo a fine discesa, poi li ognuno comincia ad andare per i conti propri dividendoci in alcuni gruppetti. Io rimango con “i salitomani”, ci lanciamo avanti e scopro che c’è ancora un pezzo di discesa con un fortissimo vento a favore che ci sospinge a velocità esagerate sul falsopiano. Massimo è rimasto davanti con me e ci fa fermare avendo paura di aver sbagliato strada, ma io sono comunque tranquillo e riparto quando gli altri ci raggiungono. Trovo il bivio del Nufenen a sinistra, non l’ ammiraglia che penso sia già andata avanti. Mancano i 2 Fabio che hanno cercato una deviazione alla galleria di 1km, quando arrivano ripartiamo e visto che ormai sono in giornata pedalo da solo anche verso questo passo, registrando il tempo.
Quando esco dal bosco non vedo valichi e mi demoralizzo un po’, per un pezzo quardo quella sella a destra immaginando che la fine sia li, invece poi scopro che il vero valico è da un’ altra parte ancora più alta. Comincio a sentire la fatica, tengo con difficoltà i 10kmh e con la scusa delle foto mi prendo un attimo di pausa in qualcuno dei numerosi tornanti. Per fortuna anche questa finisce, ed in cima fa meno freddo rispetto alle 2 precedenti. Vittorio è li con l’ ammiraglia ad aspettarci, ci avvisa che un altro gruppo ha sbagliato strada ed è ancora in salita… Io scendo con Fabio, ad Airolo però ci tocca aspettare a lungo Vittorio e l’ ammiraglia con dentro le nostre cose.

E’ un giro potenzialmente splendido, uno dei classici anelli d’ Europa, peccato che i ghiacciai, gli alti monti ed i panorami siano stati coperti e peccato che mi sia fatto prendere la gamba rinunciando a tantissime foto.

In totale 101km e 3000m di dislivello


Perchè 2°? Perchè è un anello stupendo affrontato con tanta gente e nel quale ho tenuto VAM discrete su tutte le salite, finendo 3km di dislivello a circa 1050mh complessivi. Il pavèe del Gottardo è stato qualcosa di sensazionale, da ripetere. Peccato solo che abbiam perso il controllo della situazione dopo il Furka.

Tutti quei tornanti del Gottardo sono in pavèe (foto da Panoramio)

Gli scalatori al freddo vento del Furka

Furkapass e Grimselpass

I tornanti senza fine del Nufenen

1° posto:

21/08) Mortirolo-Gavia

Il racconto del miglior giro del 2010 inizia la sera precedente, quando io e Massimo torniamo in albergo stanchi ed affamati dopo la doppia scalata allo Stelvio. Dobbiamo recuperare le energie e fare scorta per domani, il posto migliore è la locanda “val Grosina” ad 8km di strada montana da Grosio. Gli antipasti a base di salumi e sciatt sono sufficenti per sfamare una persona normale, aggiungendoci il vino, i pizzoccheri, gli assaggi di formaggio, la carne con polenta di grano saraceno, la torta ed il loro Genepy casalingo… La scorta è completa! Massimo nella notte teme per la mia salute, ma in realtà quando mi alzo ne cuore della notte è solo per bere.

Un’ abbondante colazione è quello di cui abbiam bisogno, oggi è la “mia” giornata ed il Mortirolo sono 3 anni che lo aspetto… Ci buttiamo in picchiata a Sondalo paese, attraversiamo Grosio, Grosotto ed infine Mazzo alla ricerca del versante ufficiale, inaugurato con la gigantografia dell’ altimetria nella quale il rosso è il colore principale. E’ qui che parte la sfida, non so se giocare d’ attacco e rischiare un contropiede o di difesa per assicurarmi il pareggio, ma i dubbi si dipanano alle prime ripide curve. Faccio una piccola sosta per togliermi il casco e le bretelle dei pantaloni e riparto forte, la gamba gira bene e la cena della sera precedente ha avuto l’ effetto sperato.
La strada è ripida, invidio chi ha il 34×29 ma mi faccio una ragione del mio 27 e proseguo anche bene, è solo in quel famigerato rettilineo al 18% che il contakilometri rimane a fatica sopra l’8, per il resto a procedere discretamente e rimango amareggiato quando comincio a trovare tratti al 6-7% che a me sembrano pianura.
Leggendo i cartelli altimetrici mi accorgo di tenere un ottimo ritmo, ma rallento un pelo onde evitare una crisi che col resto del percorso sarebbe fatale. Gli ultimi 2km sono facili, sin troppo, devo pedalare forte per superare gli ultimi metri di dislivello che finalmente arrivano, anche se più tardi di quanto mi aspettassi. 1h04 non è un brutto tempo, se avessi rischiato avrei potuto metterci 2 minuti in meno, ma l’ irregolarità di questa salita mi ha fregato e deluso, pensavo fosse tutta continua ed invece ha diversi punti che lasciano respirare. Massimo mi raggiunge 10 minuti dopo sconvolto, dopo le foto di rito scendiamo verso Edolo con la discesa che non non comporta problemi e la temperatura alta ci permette di non coprirci.

Da Edolo a Ponte di Legno è un lungo trasferimento che prendiamo con eccessiva cautela, arrivati ai piedi di Aprica e Gavia recuperiamo qualche caloria in un bar e tentiamo l’ attacco all’ ultimo moloch della Triplete. Sino alla famosa sbarra va tutto bene, superata la sede stradale si trasforma in un budello e se non fosse per la vegetazione tipicamente montana sembra di essere sul Mortirolo, soprattutto per le pendenze al 14%. La salita rinsanisce ed in relativamente poco tempo usciamo allo scoperto su questo sentiero asfaltato che scorre a mezzacosta con la profonda vallata a lato ed il passo già visibile sullo sfondo. Non è dura, con calma saliamo sino a giungere alla famigerata galleria, 200m completamente bui in cui ci orientiamo solo grazie ai riflessi sui catarifrangenti interni e a qualche moto che ci illumina prima di sorpassarci. Abbiamo timore e forziamo per uscirne il prima possibile, Massimo ancora più di me mettendo una croce sulle gambe.
L’ asfalto ora è bruttino, ma bastano pochi minuti per scollinare ai 2652m del Passo Gavia. La temperatura inoltre è amica, non fa nemmeno freddo e la discesa scorre via tranquilla, sebbene qualche buca di troppo faccia sentire la sua presenza sui nostri telai. A Santa Caterina cerco un bar per un panino dato che non mangeremo sino a sera, ma dopo 2 dinieghi rinuncio buttandomi in picchiata verso Bormio, con il caldo che si fa consistente e che ci lascia in abbigliamento estivo a 1200m di quota.
Il grosso è fatto, ma dobbiamo tornare sino in hotel e mancano 20km di valle con 2 salitelle. La prima è facile ma lunghetta (2,5km circa) e scavalca le pareti lungo l’ Adda, superato da un’ Apecar provo e riesco a seguirla e addirittura a vincere la volata allo scollinamento, la seconda salita invece rappresenta la fine di tutto e serve per concludere all’ albergo nella parte alta di Sondalo, l’ ideale per finire questa giornata e questa 3 giorni di ciclismo epico!
In totale 120km e 3350m di dislivello

Perchè primo? Il giro non è esageratamente bello, ma considerata la cena della sera precedente, l’ aver scalato con onore quella che da sempre per me è sinonimo di Salita ed averlo trovato più semplice del previsto (infatti dico che il Mortirolo ogni tanto “spiana”), aver domato il Gavia e la sua galleria con relativa facilità, le temperature che hanno reso questo giro piacevole… Considerando che dopo Mortirolo-Gavia avevo ancora le energie per tirare in salita e che questa giornata è la conclusione di 3 avventure Alpine consecutive… Come faccio a non metterlo primo?

Sondalo, che bei ricordi…


La Valtellina tra Mazzo e Tirano
(foto su Panoramio)


Io e Massimo leggermente provati dopo un’ ora e spicci di salita ripida


Il Gavia è li dietro

Per oggi è quasi fatta!

Ringrazio tutti quelli che mi hanno tenuto compagnia in queste avventure e anche quelli che commenteranno tutti i racconti!

Top 2010: posizioni 6-4

il 02/01/2011 · Commenti disabilitati su Top 2010: posizioni 6-4

6° posto: 06/06) Bedonia

L’ invito è molto allettante, un weekend di salite dispersi nell’ alto Appennino Parmense, lontani da tutto e tutti in una piccola frazione di Bedonia alla casa di montagna degli “Aresius”, circondati da alte vette e lunghe salite.
Io e Marco siamo arrivati sabato per pranzo, il primo giorno è stato di ambientazione con un giretto di 57km, è oggi 6 Giugno che ci aspetta il bello. Purtroppo Marco ha avuto problemi col copertone, è per questo motivo che non ci terrà compagna ripiegando su un itinerario più corto, mettendo una toppa al buco e sperando di non forare una terza volta. Noi 3 invece partiamo in direzione Bedonia al mattino, dopo la facile salita al passo Montevaccà ci buttiamo verso il paese che (si dice) un tempo deteneva il 2° posto in Europa per consumo di alcol pro-capite. Seguiamo la val Taro sino ad un bivio anonimo, dove inizia la difficile salita del passo del Chiodo, con alcuni tratti al 12% e punte del 16% in cui cerco di non strafare, vedendo Roberto pian piano avanzare e pedinando la ruota di Giulio nel falsopiano finale in una fitta pineta. Al passo incontriamo pure Marco, che da quel punto tornerà indietro.
Una discesa tecnica ci porta alla salita di Rezzoaglio, la più facile delle 3 dure del giorno, con soli 600m di dislivello. Me ne renderò conto solo dopo che lo scollinamento è a meno di 200m dal Tomarlo, volendo si potrebbe tornare subito indietro, ma le energie sono ancora tante, abbastanza per fermarmi a fare foto e ricevere una lezione di geografia sui monti della zona.
Un pranzetto a Santo Stefano è ciò che serve prima della discesa in val d’Aveto, è da tanto che ci sarei voluto passare e ci riesco partendo dalla provincia di Parma… Il piacere dura poco, ci aspetta la 3° salita dura che si chiama Crociglia (Chiodo, Crociglia, ieri Tomba ed il Colle dei Morti…), una stradina che sembra fine a se stessa e che invece continua in un fitto bosco sino a Torrio, poi la vista si apre nello stesso modo in cui la salita inasprisce, con gli ultimi lunghi km al 9-10% ed un clima molto umido che finalmente mi fa sentire un po’ di stanchezza.
Non è ancora finita, ci manca la parte finale del Tomarlo da Ferriere in cui ci diamo il cambio, la lunga discesa verso Anzola e la salitella finale di Fornolo, anche se mi sarebbero piaciuti ulteriori metri di dislivello!
In totale 117km e 3000m di dislivello

Perchè 6°? La foschia ha ridotto i panorami di pura montagna Appenninica, così come l’ umidità mi ha infastidito parecchio ed ho anche sottovalutato le mie possibilità, ma il giro è stato molto interessante su strade impegnative e lontano dal traffico, con belle discese ed Appennini a sovrastarci ovunque. Inoltre voglio premiare il weekend di vacanza che Roberto e Giulio ci hanno regalato in un posto così disperso da rendersene conto guardando il firmamento celeste, molto più lumisono di qualsiasi posto di pianura!
E’ solo per il buon ricordo degli altri giri che questo è così in basso.

Il gruppo al passo del Chiodo

Giulio nei tornanti che precedono Torrio, sulla salita del Crociglia

5° posto: 11/04) Noceto

La pioggia della notte fa scappare quasi tutti gli altri, a Noceto ci troviamo in 5 assieme ai ciclocorridori del campionato italiano di Duathlon, che però non centrano nulla con noi. Siamo sempre io e Marco, i 2 parmensi e questa volta c’è pure Gianluigi “Vette” per una cavalcata sulle colline Nocetane, 8 salite senza un intermezzo di pianura.
Il cielo si sta aprendo portandosi via le nuvole e la pioggia, spazzato da un freddo vento da nord che asciuga in fretta le strade bagnate, ma che anche tiene lontane le temperature primaverili. Dopo qualche kilometro di pianura entriamo sulla prima pedalabile salita, dove capiamo che oggi non sarà una semplice gita, le 3 successive sono più dure e quando mi stacco è solo per qualche scatto fotografico.
La cima Coppi arriva col Valico di S.Antonio, da dove si può godere di un bel panorama sulla pianura e dove un freddo vento trasversale ci sprona a scendere in fretta. A fine discesa ci fermiamo per il pranzo, la salita successiva inizia subito dopo e noi 5 restiamo in gruppo mentre digeriamo il panino. Anche il 6° colle lo affrontiamo insieme, ma ad un ritmo comunque elevato che tutti riescono a tenere.
Roberto fa un po’ di fatica a trovare il 7° strappo, un muro di 700m al 13% medio, in cui tiriamo a tutta ed arriviamo comunque insieme io, Roberto stesso e Gianluigi, con Marco e Giulio appena indietro. Finalmente un po’ di relax, ci sono 6-7km di falsopiano per respirare prima della scalata finale di Costamezzana. Io immagino che la fine sia in quel paese sul basso crinale delle ultime colline, invece con disappunto svoltiamo a destra e saliamo ancora con un fastidioso vento a favore che rende quasi inutile la scia. Sento che la spia ormai è in riserva, sfrutto per quanto possibile le ruote, ma quando la strada si impenna nei metri finali crollo definitivamente, gli altri scattano ed io invece arranco per raggiungerli. Anche nella foto si vede che ormai ho finito le forze, fatico anche a rimanere con gli altri nella pianura finale col vento contrario, vivendo come una liberazione il passaggio in paese ed il ritorno alle macchine. Ho pagato lo scarso fondo ed i pochi km nelle gambe, sebbene abbia tenuto delle buone velocità non ho ancora l’ allenamento giusto.
In totale 92km e 1800m di dislivello.

Perchè 5°? Perchè sono arrivato alla fine sconvolto, è stato il primo giro tirato dell’ anno e la competizione con gli altri 4 è sempre stata serrata. Il forte vento freddo ed il gruppo sempre unito anche in salita ha reso la giornata più epica. Inoltre il percorso è stato disegnato splendidamente con quel continuo salire e scendere!

La salita di Santa Lucia

Panorama sulla pianura dal Valico di Sant’Antonio

Noi 5 alla salita finale di Costamezzana – Gabbiano


4° posto:20/08) Bi-Stelvio

Le previsioni davano pioggia, ed in effetti ha piovuto in tutto il nord-ovest, ma non in alta Valtellina, dove al contrario c’è sempre stato uno splendido sole! Incoraggio Massimo ad alzarsi, dopo un’ abbondante colazione in hotel carichiamo la macchina e “vigliaccamente” ci trasferiamo da Sondalo a Bormio. Il menù del giorno è semplice, prevede un solo passo da 2 versanti, ma quando parliamo del Re Stelvio è sempre meglio non mancare di rispetto, il versante facile chiederà solo 90 minuti di pedalata, quello difficile anche 2 ore a ritmo tranquillo!
Il riscaldamento lo facciamo attraverso Bormio, Lui inizia alla fine del paese senza tanti giri di parole, si sale subito decisi tra pareti granitiche immense ed un traffico più sopportabile del previsto. Diverse gallerie ci accompagnano nel primo pezzo, alcune presentano dei tratti bui mentre altre passano sotto ad un rile incanalato che casca a lato. Il paesaggio è imponente, ci si sente veramente piccoli a stare in mezzo a tali giganti, ma questa sensazione rende la sfida ancora più epica, come se 2 piccoli Davide sfidassero Golia ad 80 colpi al minuto. Un’ occasione così va sfruttata, le soste fotografiche sono così numerose da rappresentare la principale fonte di ritardo, voglio rubare ogni possibile ricordo di questa giornata. Dopo un tornante più ripido vediamo uno zigzag che taglia la montagna, anche questo lato non scherza come sinuosità! Superati questi km ci aspetta un falsopiano che ci fa riprendere il fiato necessario a superare il Giogo di S.Maria ed arrivare lassù a 2758m.
Ci facciamo del male quando vediamo quella casetta la in fondo all’ inizio dei famosi tornanti finali da Prato, sapendo pure che solo ad arrivarci sarà lunga… Non fa nemmeno freddo, il vento ci infastidisce ma non soffriamo a scendere a S. Maria, l’ unico problema è dato dai tornanti sterrati in cui spavaldamente cerco di sorpassare Massimo, rischiando una scivolata. I tornanti li troviamo anche poco prima del paese, una serie continua che fa surriscaldare i freni. Seguiamo la valle, scopro con piacere che anche questo pezzo è molto bello, peccato che l’ elevata velocità lo faccia passare troppo in fretta.

A Prato mangiamo e ripartiamo, non siamo ancora a metà del dislivello e davanti a noi abbiamo una salita che ha fatto la storia, 1800m verso l’ alto senza sosta ci attendono, solo le prime fasi a lato del lussureggiante Rio Trafoi sono semplici, ma quando nel paese ononimo vediamo il cartello “48” capiamo che la musica cambia, d’ ora in avanti non ci sarà più alcun punto in cui respirare ed una crisi può essere letale. Come se Massimo non ne stesse già accusando i sintomi… Per sua fortuna si riprende e se non si fosse fermato ad aspettarmi lo avrei rivisto solo in cima, complici le innumerevoli foto all’ Ortles ed il mio calo fisiologico sulle salite molto lunge.
Prima pedaliamo in un verde bosco, è solo a quota 2200 che sbuchiamo allo scoperto, nel punto in cui inizia la più famosa serpentina d’ Italia. Capisco anche perchè lo Stelvio è così famoso, le sue curve ad U sono talmente strette che quelle a destra richiedono manovre anche in bicicletta per non trovarsi piantati al suo interno.
La mia condizione sta calando, faccio più fatica del previsto sulle continue pendenze al 9%, ma riesco comunque a salire decentemente e ad arrivare di nuovo ai 2758m del passo. La discesa non finisce mai, non sono del tutto lucido e preferisco rimanere a ruota di Massimo sino quasi alla fine, quando la sua barretta comincia a fare effetto.
Oggi ho consumato molto, ma stasera si prospetta una bella cenetta :)

In totale 109km e 3400m di dislivello

Perchè 4°?
La domanda da farsi è “perchè gli altri 3 giri sul podio”, ma a questo ci arriverò fra qualche giorno… E’ un giro altamente consigliato, duro ma fattibile, meno trafficato del previsto e bello anche dove non lo si aspetta, peccato che non l’ abbia affrontato con la facilità che mi aspettavo e che il versante di Prato sia stato un pochino meno spettacolare di quanto mi ero immaginato

L’ inizio del versante di Bormio

I tornanti del lato di Bormio

Il ghiacciaio dell’ Ortles
I famosissimi tornanti finali


Tripletta Valtellinese, giorno 3b: Gavia!

il 12/09/2010 · 3 Comments

Un mezzo panino a testa è stata una buona scelta, il rischio di crisi di fame si allontana ma non affatichiamo ulteriormente lo stomaco dopo le mangiate di questi giorni. So che esiste una via più breve, ma ci fidiamo dei cartelli marroni indicanti il passo Gavia uscendo dal paese e ritrovandoci in salita verso il Tonale. Cominciamo a temere una segnaletica erronea, ma rinfrancati da un altro ciclista arriviamo al bivio giusto, perdendo quei 50 metri di quota che abbiamo appena guadagnato. L’ inizio è veramente soft, si sale su una specie di falsopiano lungo una strada larga a 2 corsie, osservando avanti dove sembrano unirsi le creste alpine e dove presumibilmente si trova l’ ultimo moloch della nostra avventura. Pedaliamo assieme sino a S. Apollonia, Massimo ha patito abbastanza il Mortirolo e per lui saranno una fatica questi 1400m di dislivello. Dopo il paesino la strada decide finalmente di salire, ma sino alla famigerata sbarra non ci mette in difficoltà, il nostro ritmo è tranquillo per non subire proprio l’ ultima vera asperità di questa che si sta delineando come la “Triplete” Valtellinese, il coronamento delle mie speranze ciclistiche 2010.
Ma la sbarra non serve solo a chiudere il passo in inverno, serve ad avvertirci che da ora in avanti non si scherza più, il Gavia richiederà il nostro massimo impegno. Un tempo questo tratto era sterrato, ora invece un liscio strato di bitume largo non più di 3m aiuta lo scorrimento delle ruote, su pendenze che mi spingono ad interrogarmi se il Mortirolo fosse già finito. Infatti il panorama è cambiato, siamo in un fitto bosco su pendenze veramente arcigne da cui solo il 34×27 mi protegge. Il traffico è comunque tollerabile, ma capita spesso di doversi incrociare con motociclisti e di dover aiutare le macchine a passarci, addirittura spostandoci in un allargamento sulla sinistra. Ogni tanto qualche tornante ci regala viste parzialmente coperte dalla vegetazione, ma sufficentemente belle per una sosta fotografica. Finalmente il tratto di Mortirolo è finito e ricominciamo a soffrire meno su pendenze normali, che non superano il 12%. Ad un altro tornante incontriamo altri 2 stranieri che come noi contemplano la val di Pezzo, un pezzo di asfalto appena superato che si trova ben sotto alla nostra quota e le cime con ancora neve che sciogliendosi forma fragorosi ruscelli il cui rumore arriva sino a noi. Dopo qualche foto li salutiamo, la parte all’ ombra è finita e nonostante siamo oltre i 2000m non fa assolutamente freddo.
La carreggiata è altalenante, tratti discretamente larghi si alternano a dei veri e propri budelli, ma l’ asfalto è sempre buono. Massimo comincia a sentire la fatica, approfitta sempre delle mie pause foto per farmi compagnia, al contrario di ieri sullo Stelvio non fatico ad allungare per poi aspettarlo quando vedo nuovi panorami degni di nota. Ad un punto la strada entra nella montagna, quella è la famosa galleria a cui manca completamente l’ illuminazione, terrore di chi scala questo versante che spesso si munisce di luci sul manubrio, non come me che rassicurato sull’ effettiva illuminazione ci ho rinunciato. L’ idea è di pedalare assieme, ma quando entro in quel budello l’ unico mio pensiero è di uscirne il prima possibile, pedalo pimpante osservando quel chiarore sul fondo che si sta avvicinando. La galleria non è però brutta come mi aspettavo, la strada è liscia e larga a 2 corsie, ma nel buio più completo è solo grazie ai catarifrangenti sui lati se riesco a capire dov’è la parete e sono fin contento quando passa qualche mezzo motorizzato che illumina per qualche secondo, sperando solo che ci vedano in tempo. L’ alternativa esiste, ma è un sentiero di sassi che scorre tra la parete esterna ed il dirupo, peggio della galleria stessa. Massimo è dietro di me, ma per lui è stato uno sforzo notevole che paga già all’ uscita.
Ora mi sento quasi a casa, l’ asfalto è diventato rugoso con diverse buche che distolgono lo sguardo dalla ampia varietà di questo luogo, con laghetti, monti e pietraie dai 1000 colori. Al passo arriviamo poco dopo, ci fermiamo per una piccola sosta comprensiva di fotografia al cartello, ma non abbiamo tanto tempo da perdere e così ci lanciamo in discesa, la più brutta di questi 3 giorni con crepe e buche, sebbene in numero non elevato. Lasciamo il ghiacciaio sulla destra, incrociamo diversi ciclisti che salgono da S. Caterina e ci fermiamo in paese per la mia ricerca di un panino, ricerca che fallisce dopo 2 bar lasciandomi un certo nervosismo. Siamo a 1800m di quota, mi tolgo la mantellina senza avere freddo fino quasi a Bormio, dove scendiamo spediti seguendo la valle del Frodolfo.

Poco prima di Bormio anche Maxi si toglie il kway, ha caldo pure lui, mentre io decido di rinunciare al panino e di stare sino a casa (in Oltrepò pavese) senza mangiare qualcosa di sostanzioso, tanto resisto alla dieta temporanea. Superato Bormio faccio conoscere al mio socio di pedalate quella parte di valle che si è perso 2 giorni fa, con quella salitella al 5% da prendere con filosofia di rassegnazione. Un ragazzo in apecar ci supera, mi rendo conto che va poco più di me e provo a stargli a ruota salendo ai 21-22kmh. Lui gioca con i cambi, ma non riesce a prendere velocità e poco prima della fine lo passo pure! Dicevo che oggi sarebbe stata la mia giornata, ed essere abbastanza fresco dopo Mortirolo-Gavia ne è la prova! Discesa veloce con il passaggio tecnico che supera i lavori, alcuni km di falsopiano e l’ incontro con (credo) padre ed una splendida figlia bionda con delle gambe così belle sode che solo una pratica sportiva abituale può donare alle ragazze, diciamo che siamo a livello “tornanti dello Stelvio” come bellezza … ahahah

Pian piano saliamo sino all’ hotel, 100m extra di dislivello per finire degnamente la giornata, per poi ringraziare a dovere la ragazza in hotel che ci ha lasciato usare i bagni per cambiarci e che ci ha offerto spremuta e caffè, il minimo prima 4 ore di rientro dovute anche ad un incidente lungo la super-strada che ci ha obbligati a seguire metà del lago di Lecco. Sarei rimasto una notte in più per un quarto giro con Aprica e Santa Cristina e per un ritorno più tranquillo, ma non essendoci posto ci accontentiamo di cenare da me alle 10:30.

Quel tornante che abbiamo appena fatto


Lassù, sulla destra, è la che dobbiamo andare


Dagli ultimi 2km di fatica


Il lago Nero, ormai è quasi fatta


Panorama sull’ Ortles (credo) dal passo Gavia


Meritata foto al cartello. Dopo 3 giorni così la stanchezza è d’obbligo


La “Triplete” valtellinese è compiuta, dopo i 120km e 3390m di dislivello odierni sono a 331km e 10200m in 3 giorni, con 6 nuovi 2000m, 11 nuove salite e un ottimo ricordo ciclistico.
Le più belle sorprese vengono dalla stradina del Gavia, dalla tranquillità della statale Valtellinese e dallo Stelvio da Bormio, mentre quello da Prato è stato superlativo ma come nelle mie attese. Invece sono deluso dal traffico esagerato di Bernina e Foscagno e per qualche motivo dal Mortirolo, che mi aspettavo più regolare ma paradossalmente anche più duro!
Gli altri ricordi particolari sono legati al cibo, alla buona cena del ristorante, al gelato di Grosio, alla colazione super deliziosa e dalla mega mangiata alla locanda val Grosina, un must di quando salgo tra i monti Lombardi! Contento anche di quel minimo di vita serale che ci siamo potuti permettere, è stata un’ esperienza da rifare, magari con una “triplete” Dolomitica nel 2011!

Ciao e grazie della lettura! Ma non è finita qui, prossimamente vi racconterò di altri 2 giri liguri e di quello in val d’Aveto, ed altro ancora!

Tripletta valtellina, giorno 2b: Prato – Stelvio

il 07/09/2010 · Commenti disabilitati su Tripletta valtellina, giorno 2b: Prato – Stelvio

20/08/2010

La prima parte la si può leggere qui: http://giriesalite.altervista.org/?p=610

Siamo a Santa Maria, la prima è compiuta, ora ci aspetta del falsopiano e la seconda scalata di giornata attraverso il mito dello Stelvio, quello con la S maiuscola e 48 tornanti. Decidiamo di mangiare in Italia per non avere problemi di cambio, perciò partiamo subito facendo solo una sosta a Munstar per riempire le borraccie. Il tempo è buono, non fa nè caldo nè freddo, l’ ideale per l’ impresa odierna. La strada lungo la valle del “Rom” è bella come immaginavo e nemmeno trafficata, inoltre una dolce discesa con sporadici tratti più ripidi ci spinge con forza verso il confine italiano, dove scambiamo un saluto coi finanzieri. Di bar nemmeno l’ ombra a Tubre, solo hotel da cui preferisco non andare per evitare l’ inculata, continuiamo quindi scambiandoci il turno in testa ora lungo un fitto bosco, ora su una vallata che si è aperta mostrandoci un mondo nuovo, quello delle montagne altoatesine, superando cartelli in tedesco ed italiano indicanti paesi come Merano, Glorenza, Malles e altri più piccoli in val Venosta, territori che conosco solo per sentito dire e che un giorno dovrò percorrere. Fortuna che le segnalazioni sono chiare e prendiamo subito il bivio giusto per Prato allo Stelvio, o meglio “Prad ad Stilfser”. Ed è qui che vediamo l’ unico tratto simil-pianura di questi 3 giorni, un drittone di 3-4 km con un dislivello minimo controllato dall’ occhio attento di un autovelox, che a noi non da problemi. Arriviamo a Prato e troviamo un bar, a fatica il ragazzo al bancone capisce cosa significhi “panino” e in un italiano veramente approssimato risponde che loro fanno birre, e ci consiglia dove cercarne un altro. Giriamo per Prato come due scemi fin quando capiamo che il grosso del paese è più avanti. Troviamo dove mangiare, un normale panino col formaggio ci rifocilla, mentre il lavandino del bagno mi aiuta a darmi una pulita.

Ed ora si va su, il Re Stelvio è li davanti a noi con 26km di salita che hanno fatto la storia del ciclismo grazie ai famosissimi 48 tornanti numerati che una volta usciti dal bosco si avvinghiano al lato nord della valle, regalando scorci da incubo, che diventano una favola una volta sconfitti. E’ la salita che Massimo stava tanto aspettando, e che anch’io rispetto visto che d’ ora in avanti non ci sarà nemmeno un metro in cui rifiatare. Si parte con il giusto riscaldamento su una leggera salita lungo il corso del rigoglioso rio Trafoi, una valanga d’ acqua fredda che ha scavato questa conca con le cime dell’ Ortles da un lato e la strada dall’ altro. Quando le pendenze si fanno importanti Massimo comincia a sentire i morsi di una crisi, lo stacco con troppa facilità ma penso che lo stia facendo solo per risparmiarsi, sebbene sia lui a confermarmi di non stare troppo bene. Sperando nella sua ripresa lo stacco e ne approfitto per delle foto, ora che la salita entra nel vivo con il primo tornante, il 48°. Passiamo attraverso Gomagoi dove superiamo uno straniero che sta salendo pian piano, se facciamo fatica noi, figuriamoci lui che probabilmente impiegherà 3 ore a completare la scalata!
La vista finalmente si amplia, stiamo ancora seguendo la valle ma cominciamo a prendere quota, con l’ Ortles che pian piano ci svela la sua bellezza composta di rocce scolpite dal tempo e di ghiacci eterni (per ora, global warming a parte). Ritardo perchè non posso non avere delle testimonianze di questa scalata, e fatico di seguito a raggiungere Massimo anche perchè rallentato da dei saluti a ciclisti eroici con almeno 10kg di bagagli a testa. Ci ricompattiamo solo perchè si è fermato ad aspettarmi, ma mi rendo conto che ora quello in forma calante sono io! Nulla di preoccupante al momento, solo qualche watt in meno del solito, ma i rapporti di forza tra di noi sono cambiati e fatico a recuperare il terreno dopo altri scatti all’ Ortles, ora più vicino che a Trafoi.
Da qui è vero Stelvio, siamo in un fitto bosco coi tornanti che ormai sono strettissimi, hanno passato il livello di curva a 180° e sono diventati “giri di boa”, che le auto devono prendere larghi e che anche in bici bisogna pennellare per non piantarsi all’ interno. La foresta ci fa compagnia sino a quote inconsuete per gli Appennini, solo dopo i 2000m si apre ai nostri occhi una delle visuali più famose al mondo. Per fortuna mia sono essenzialista, guardo in alto ma non mi scoraggio, perchè non mi importa di vedere i restanti 600m di dislivello, mi basta sapere che ci sono! Però, ancora 40 minuti almeno di salita sempre costante al 9% circa… Ma pian piano, salendo insieme superiamo la casa cantoniera e ci lanciamo per gli ultimi 500m di salita verticale, con diverse soste per salvare sulla fotocamera i sempre più numerosi tornanti precedenti e l’ Ortles che sembra man mano più vicino. Capisco anche perchè questi 48 tornanti sono mitici, è grazie al loro diametro minimo se questo versante è entrato nell’ olimpo delle Alpi, peccato che i camper ed ahimè alcune persone in macchina debbano fare manovra per superarli. Cominciamo pure a sentire delle sporadiche goccie, ma non mi preoccupo dato che non ci sono nuvole così consistenti da creare precipitazioni, ed infatti più che qualche pizzico non fanno.
Ci siamo quasi, dai, io sono in parziale crisi di qualsiasi cosa, ma la pedalata appesantita non compromette comunque gli ultimi km fatti a velocità discreta. Arriviamo assieme di nuovo al passo, è fatta! La bi-Stelvio è cosa nostra! Ma ho bisogno di mangiare qualcosa, non sono più al 100% della lucidità e una barretta rubata a Massimo mi aiuta a stargli a ruota per i primi km, dove scendo timoroso e con qualche sbavatura di troppo. La barretta fa il suo effetto e nel tratto finale prendo coraggio e scendo meglio, ma ovviamente senza prendere rischi sino a Bormio e alla macchina. Ci cambiamo, prendiamo un caffè e andiamo a sistemarci in hotel, perchè la giornata non è finita 😉
Totale del giorno: 107km, 3420m di dislivello.

Il tornante n° 48, il primo dello Stelvio


Il ghiacciaio dell’ Ortles visto dal basso


Ormai siamo già a 2300m circa


Ma ci aspetta ancora la parte più difficile


Il paesaggio è ammirevole e magnifico


Ormai è fatta, il grosso è sotto di noi


Panorama dell’ Ortles dalla vetta

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Purtroppo siamo solo noi 2, ma ormai quando sono in Valtellina è d’ obbligo andare a mangiare dalla “Giovanna”, la locanda val Grosina a Fusino, frazione di Grosio a 1200m di quota, che si raggiunge attraverso una salita piuttosto bella che taglia la montagna e che poi termina a vallata Eita. Noi affrontiamo ulteriori 600m di dislivello, ma stavolta in macchina e quando ci sediamo ci portano subito un tagliere di affettati che normalmente basta per 4 persone. Bresaola, lardo e altri salumi spariscono completamente, soprattutto per merito mio. Arrivano anche gli sciatt (praline di farina di grano saraceno fritte e contenenti formaggio fuso), anche in questo caso in quantità da 4 persone. Gli sciatt sono una droga, che peggio delle ciliege ti invitano a mangiarne uno in più. Mi trattengo a malincuore in attesa del resto, ma in proporzione un qualsiasi ristorante/pizzeria ti chiederebbe 40€ solo per gli antipasti…
I pizzoccheri sono l’ unico primo disponibile, ci rimango un po male quando non vedo il piatto trabordante, ma non si fanno problemi a portarcene un terzo. Chiediamo 5 minuti di pausa per decidere se prendere anche il secondo (a questo punto siamo già pieni), ma non ce li concedono servendoci ottimi pezzi di formaggio da arricchire col miele. Optiamo per un secondo in due, voglio solo sperare che si siano sbagliati perchè mi rifiuto di credere che quel piattone di carne di cervo marinata nel vino rosso con una ciotolata di polenta sia la metà di un piatto standard! Solo il dolce è di dimensioni comuni, ma poi arriva anche il Genepy casalingo e buonissimo, di cui riesco a farmi lasciare un assaggio da portare a casa.
Quando ci dicono il totale ci rimango male, 40€ è troppo, ma per fortuna Massimo capisce subito che il conto è complessivo e non a testa! E non vi ho nemmeno parlato del loro corposo vino rosso… Scendiamo e a Grosio seguo il consiglio di Kelios, andando a mangiare il gelato da Valentino, buono buono!
Direi che ci siamo rifocillati a dovere, abbiamo recuperato completamente oggi, e fatto pure qualche scorta per domani, che prevede Mortirolo e Gavia dai versanti ufficiali. Quando mi corico sento il bolo nello stomaco piantarsi, devo rimanere seduto in attesa che si svuoti un poco prima di dormire. Mi sveglio anche a metà notte per andare in bagno, Massimo tutto preoccupato pensa “boh, va a cacciare!“, ma in realtà ho solo bevuto dell’ acqua. E subito dopo dall’ altro letto arrivano preoccupazioni per dei rumori: “Pedra, tutto bene?” “Si, mi soffio il naso…“. Ho incontrato diversa gente che si crede una gran mangiatrice, ma dopo la cena escono sempre con frasi del tipo “ma tu sei un porco!”. Nessuno pensa sia possibile ingurgitare così tanto cibo per un ometto di 65kg in oltre 1.80m!

Domani sarà invece la mia giornata… prossimamente la racconterò!

Sciatt e Pizzoccheri

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