Nel Levante genovese

il 25/01/2016 · Commenti disabilitati su Nel Levante genovese

21 novembre

Ormai siamo alla fine di questo periodo di caldo anomalo, ma ancora oggi si può rischiare una bella uscita tardo autunnale in attesa dell’ormai preannunciato stravolgimento climatico. Scordiamoci caldo primaverile e sole, ma non si può certo dire che ci sia freddo o che bisogna ormai coprirsi, anche oggi i pantaloni corti sono obbligatori per non soffrire!
L’idea originaria prevedeva un centinaio di chilometri nel Monferrato, ma col cielo coperto e con una presenza di due persone, sentito Christian decidiamo di scendere in Liguria per un giro marittimo nel levante Genovese. Io entusiasta studio un percorso che prevede l’unica salita obbligatoria del giorno, ma il socio ne ha pensato uno migliore e più flessibile, per cui faremo quello.
In autostrada troviamo pioggia, poi solo nuvoloso sino a che non sbagliamo casello finendo dentro Genova ed attraversandola tra i suoi mille incroci, passaggi pedonali e mercati urbani di una città che ruba lo spazio ai monti che la circondano. Questo errore ci fa perdere almeno un quarto d’ora, e la cosa più avanti si rivelerà molto vantaggiosa! Usciti dalla città fatichiamo a trovare parcheggio finché ci fermiamo lungo l’Aurelia presso Bogliasco.

Christian è uno scalatore puro, un po’ carente in discesa ma per me quasi impossibile da staccare quando le rampe si fanno all’insù, i piccoli avvallamenti sulla statale verso Sori non lo mettono di certo in difficoltà e sino a Recco procediamo assieme per un ottimo riscaldamento. Ma siamo a Recco, paese della focaccia e quindi paese in cui sono esperti a fabbricare una delle mie pietanze preferite, per cui scusandomi faccio un giro alla ricerca di una focacceria che nel 2010/2011 era una tappa obbligatoria delle giornate rivierasche, ma non trovandola più ripiego in un’altra nella quale prendo tre ottimi quadrati che vorrei divorare subito, limitandomi però ad uno solo di essi.

Ripartire in salita con la focaccia nello stomaco non è mai una buona idea, ma la strada che ci porta ad Uscio è sempre agevole e passa affianco a numerose tipiche abitazioni liguri che si sono inventate lo spazio su cui poggiare le fondamenta, con piccoli e disordinati cortili che danno sull’asfalto. Al paese ci arriviamo senza problemi, ma è dopo il bivio verso il passo della Scoglina che la strada si fa all’insù facendoci progressivamente faticare sinchè, alle ultime ardue pendenze, riesco addirittura a staccare il mio compare nel terreno a lui più congeniale.

Scendiamo in val Fontanabuona e vi troviamo man mano più umido, sino al punto da alzare diversi schizzi dalle nostre ruote. Forse ha appena piovuto, ma la cosa non ci può di certo fermare sebbene nessuno dei due ami pedalare sotto l’acqua. Il prossimo passo è il motivo del giro, la Crocetta via Dezerega è una di quelle ascese che a guardare i dati metterebbe paura con una media di poco inferiore al 10% e dei tratti semi-piani, una carreggiata molto stretta e pure rovinata che si avvinghia a questi monti del mare. Christian parte lanciatissimo, mentre io non forzo, ma per lui proprio non è giornata e dopo poco rinuncia al record per salire assieme a me seminando piccole voragini e rilanciando l’azione su stretti tornanti, sinchè agli ultimi ripidissimi metri non riesco nuovamente a staccarlo.

Io e la focaccia di Recco abbiamo una relazione, per cui al passo mi fermo a sbranare un quadratino che custodivo gelosamente in tasca mentre Christian osserva giustamente preoccupato il cupo cielo a levante che ancora sta scaricando pioggia. Lui sarebbe dell’idea di scendere verso il mare, ma io sono fiducioso ed il ritardo accumulato alla partenza ci ha evitato un forte acquazzone che ha infradiciato l’ambiente. In discesa pure io tiro i freni e fatichiamo a ritornare in val Fontanabuona, poi rassicurati del fatto che il peggio sia ormai passato aggiungiamo una facile ulteriore salita al Bocco di Leivi, 4km piuttosto pedalabili che superiamo senza sforzi sinché il mare non ricompare in basso davanti ai nostri occhi. In discesa riesco a sbagliare alcune curve con un’invasione di corsia, ma a Chiavari ci arriviamo sani e salvi e come usciamo dal paese ci ritroviamo in una per me inaspettata salita sull’ Aurelia con vista sul mare mosso da nubi basse indicative di un clima che sta per cambiare. Zoagli e la sua successiva salita invece me li ricordo bene da 5 anni, non è nulla di duro ma si tratta comunque di dislivello extra prima di entrare a Rapallo.

Il ritorno diretto alla macchina sarebbe troppo veloce, per cui seguo l’altro su una salita poco conosciuta che si addentra negli alti monti che sfiorano le onde, una che presenta le prime rampe ancora tra i condomini ma che presto si fa selvaggia e stretta facendoci trovare in mezzo alla natura in meno di un chilometro. La meta è San Quirico, uno di quei posti che ti fanno pensare “ma perché mai dovrei vivere qui?”, lontano da tutto e senza sbocchi a parte la strada stessa… Però per noi è un piacevole allungo che ci riporta giù a Rapallo, dislivello in più prima della nuova e successiva salita della Ruta, ma per una strada alternativa e dura nei primi due chilometri, che poi fortunatamente spiana regalando occasionali affascinanti visuali su Rapallo e sul golfo del Tigullio con colori in netto contrasto tra il grigio delle nuvole e l’arancio di un sole che mi ha regalato stupendi giri, il tutto mentre due gocce bagnano i nostri visi.

Arriviamo alla Ruta e stavolta Christian cede alle mie proposte indecenti addentando quel che resta della mia focaccia, un toccasana a fine giro! C’è ancora della discesa che ormai è quasi asciutta, poi pedalando sulla via del rientro ci teniamo il mare a sinistra e ci fermiamo, dietro mia richiesta, a Sori. Voglio risfiorare il mare, quel Ligure che oggi è bello nervosetto e si scaglia incazzato sulle rocce, con quel sole in parte oscurato che lotta per non abdicare in favore del freddo… Mi parte un pensiero su cosa sia stato per me questo ultimo mese ciclistico, su quanto questi contrasti climatici abbiano favorito dei giri emozionanti, su come alla fine abbia riscoperto il sapore di terre viste ormai troppi anni fa… Che bello, i pensieri non bastano per mantenere vivo il ricordo di giri tutto sommato normali, ma che a novembre sono “torte al cioccolato” di un menù lungo un anno. Per questo li sto scrivendo con la speranza di poterli rivivere a lungo.
Dopo questa digressione ritorniamo alla macchina abbastanza soddisfatti, abbiamo evitato fortunosamente la pioggia, abbiamo tirato ed abbiamo visto belle cose, un giro veramente ben riuscito! Qualcuno parla addirittura di neve per questa notte, chissà…

106km, 2465m

Scendendo in val Fontanabuona dopo il passo Spinarola
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Le acque in basso ed in alto viste da sopra Chiavari, a Leivi
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S.Quirico, paese sperduto sopra Rapallo
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Rapallo dalla Ruta alternativa
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Tramondo ondoso a Sori
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Sori, il giro è finito
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San Martino a Pentema

il 09/01/2016 · Commenti disabilitati su San Martino a Pentema

7 novembre

Il regime di anomalo anticiclone continua a far presa sull’ Italia ed anzi si è ulteriormente rinforzato rispetto ad una settimana fa, mentre in pianura al mattino fa relativamente fresco sui monti c’è una temperatura forse tipica di settembre, tanto che alla partenza ho ancora l’abbigliamento estivo e dopo pochi minuti mi tolgo pure il gilet leggero per non estrarlo più sino alla riapertura finale della portiera.
Stavolta mi spingo ancora più avanti in questa trasferta, la partenza è a Busalla e l’obbiettivo del giorno è la salita della val Pentemina, mai affrontata sia per la distanza da casa sia per l’asfalto occasionalmente assente. Il cielo nell’ Appennino Ligure è blu, gli alberi gialli faticano a perdere le foglie in vista del sonno invernale e questo caldo sta facendo uscire dal terreno tutta l’umidità accumulata tanto che i tratti in ombra sono bagnati come se avesse piovuto, perciò dovrò fare attenzione ai giochi delle ombre durante le discese magari parzialmente coperte dalle foglie.

La prima salita verso Crocefieschi è stranamente per me inedita, tornanti decisi su un asfalto nettamente migliore di quelli oltrepadani mi portano a questo paese tra i boschi liguri nel quale incrocio un trail-runner con zaino idrico che mi ricorda i piccoli vantaggi di essere quasi fermo con l’attività podistica. La discesa verso la val Brevenna ha un punto con 8 tornanti in 900m, peccato che l’umidità sudata dall’asfalto mi spinge ad una certa prudenza che non permette di divertirmi a dovere, mentre il resto è più rettilineo con un breve tratto bagnato in prossimità del torrente chiuso tra le fila di bassi monti. La seconda salita l’ho inserita principalmente per non passare due volte sulla stessa strada, infilandomi in una straduncola nel bosco attraverso frazioncine come Cavanne e Gorra che sono infilzate da pendenze a doppia cifra in una sede viaria in cui gli occasionali incroci veicolari richiedono ad entrambe le parti di rimanere ben sulla destra. La discesa è della stessa tipologia della salita, con la mia attenzione a non farmi sorprendere dalle chiazze d’acqua e riuscendo a trovare la via corretta in due occasioni solo grazie alla traccia caricata sul Garmin.

Scendo a Montoggio ai lati dello Scrivia, ma ci rimango talmente poco da non rendermene conto sovrastato dall’ ambiente selvaggio della val Pentemina, poco più di un ruscello che ha scavato uno stretto letto tra i monti su cui questa strada si arrampica. L’inizio è asfaltato tra abitazioni e buche, giusto per ricordarmi cosa mi aspetta, ma poi inizia la parte più selvaggia, quella che non ricordavo e che è di uno sterrato veramente difficile, con terra compatta e bagnata e scivolosi sassi incastrati in essa, con qualche canaletto scavato dalle piogge e passaggi in cui è stato difficile rimanere in sella. Non la ricordavo così, per fortuna dopo un ponticello le ruote ritornano a far presa sull’ asfalto, con qualche colpo di troppo dovuto ai sassi o alle buche nascoste dal giallorosso fogliame autunnale. E’ vero che questa stradina insignificante rispetto a ciò che la circonda è asfaltata, ma saremmo veramente oltre al limite della decenza se non fossero così sperduti i posti in cui porta!

Ed il posto più di tutti lontano dalla civiltà è Pentema, paese del 1800/inizio 1900 con case e strette vie centrali costruite tutte con materiale locale: la pietra. Mi fermo e mi avventuro dentro di esso con la bici a mano, ma salire su queste pendenze lastricate è di suo un’impresa e farlo con tacchette e bici sollevata di forza richiede un impegno non indifferente. Visito il paese in lungo ed in largo, passo affianco a delle piccole trattorie in cui i pochi avventori mi inquadrano subito come uno “straniero” per via dell’accento lombardo/emiliano (la R moscia parmense ereditata), discendo una scalinata avvinghiato alla corda passamano, mi invento strane posizioni per mettere il peso a monte, ma ritorno sulla strada in salute per riprendere a salire sino al valico a 1150m. Qui è proprio bello, si vede il mar Ligure col sole specchiato su di esso, con la foschia delle quote più basse e con una temperatura che non mi fa nemmeno usare il gilet in discesa. Non che abbia caldo, ma se il 6 novembre scendo da 1150m in abbigliamento estivo più canottiera allora c’è qualcosa che non va col clima…

Torriglia, capitale dell’ Appennino genovese e punto di incontro delle valli Trebbia e Scrivia, è il posto ideale per riempire la borraccia e per scendere verso il passo dello Scoffera che raggiungo per la via vecchia, una salita pedalabile ed ombreggiata, e quindi ancora ben bagnata nonostante non piova da alcune settimane. Il modo più veloce per scendere a Genova è attraverso la classica statale, ma io svolto a destra per l’ alternativa di Davagna, un lungo falsopiano curvilineo che segue le forme della montagna evitando il traffico, soltanto la parte finale si può definire ‘discesa’ con alcuni secchi tornanti in vista della periferia coi suoi grossi palazzoni che rubano spazio al Bisagno.
Rimango poco in città, davanti a me una lunga e classica salita sino a Creto, con un inizio tra altri palazzi che si inventano spazi in un’orografia nervosa ed una continuazione in un ambiente più naturale sino all’ attraversamento di Aggio, con tornanti molto stretti sollevati da pilastri in muratura. Mi fermo all’ultimo largo tornante per delle foto, la fatica sta cominciando a farsi sentire ma rispetto alle scorse settimane la gamba e l’andatura sono migliori, e svalico quindi a Creto coi vecchi ricordi di quando ho pedalato qui anni fa con Massimo.

Come per tutte le salite che partono dal mare, la discesa dell’altro versante è molto più breve e semplice, l’unica difficoltà è climatica e la trovo ad Acquafredda, al punto di subire per 300m uno shock termico di diversi gradi, prima di ritrovare una situazione gradevole in valle Scrivia. E’ quasi fatta, ma devo pedalare in falsopiano superando Casella e, volendo (ed io voglio), c’è l’ultima salita inedita di giornata, quella di Savignone che ho percorso in senso inverso una settimana fa. La fatica è tangibile con le pendenze che inialmente mi stimolavano ora sono un supplizio che voglio terminare e che finisce al valico verso Sarissola, prima di una breve discesa e dell’ arrivo alla macchina riuscendo a battere negli ultimi metri il partner virtuale caricato sul Garmin, quello impostato per andare sempre a 23kmh ma senza le deviazioni e i bivi mancati, quindi senza i chilometri extra tra errori e Pentema. Voilà la piccolissima soddisfazione nel vedere il mio pallino davanti al suo!

Ed anche questo giro è andato, e chissà se il prossimo weekend sarà ancora così buono (ma pare di si, ed ora che scrivo e che stai leggendo sai già che ci saranno altri racconti). Però la giornata di oggi è stata veramente soddisfacente, tanto che mi premio con brioche e caffè al bar prima di ripartire.

103km, 2330m

E’ autunno, anche se dalle temperature non si direbbe
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La strada di Pentema è spesso in cattive condizioni
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Pentema, dopo una approfondita visita
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Il mare dai 1100m di quota, nella quale si sta benissimo coi vestiti estivi
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Genova da Cavassolo, prime alture verso lo Scoffera
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L’ultimo largo tornante di Creto
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Top 2012, le posizioni 10-7

il 30/01/2013 · Commenti disabilitati su Top 2012, le posizioni 10-7

4 Gennaio – Penice e Brallo invernali

Che senso ha vivere senza fare azioni degne di nota? E’ questa la molla che mi ha spinto a studiare questo giro in pieno inverno, itinerario che tocca anche i 1460m della cima del monte Penice. A Rivanazzano fuori dall’ abitacolo ci sono -3°, a Varzi parto in bici con 1° positivo e durante la salita verso il passo comincio ad avere caldo, stimo che ci siano almeno 6°. Dal passo al monte la strada è libera dalla neve e la scalata agevole, solo presso la sommità c’è qualche brevissimo tratto con ancora 1cm di neve compressa, nulla che possa preoccuparmi. Alla vetta mi faccio fare la foto di rito, cavolo è il 4 Gennaio e sono oltre i 1400m!
Discesa bagnata sino a Bobbio e risalgo la val Trebbia allungando per scoprire una salita mai fatta, verso Ponte Organasco esce finalmente il sole ad illuminare un ambiente troppo povero di neve. La salita è abbastanza agevole, ma comincio a soffrire il dislivello troppo elevato per il periodo e gli ultimi chilometri non scorrono via facili come in estate. Dai 950m del passo del Brallo mancano 17km di discesa, e poi la prima pedalata montana è finita!

Totale: 90km, 2100m

Bobbio dal monte Penice. Di neve giusto delle macchie alle quote più alte

Io un po’ affaticato, ma d’ altronde ho fatto 1050m consecutivi di dislivello

21 Giugno – giro del solstizio

Ormai è per me un classico, il 21 Giugno rimango in giro sino al tramonto che nel giorno più lungo dell’ anno cade alle 21:30. Partenza al mattino prestissimo (7:35) per scavalcare Montemarzino e scendere al birrificio Montegioco (giusto per intendersi, recentemente il birraio ha vinto il premio come “migliore d’Italia”) per acquistare qualche bottiglia che porto nello zaino sino in ufficio, ovviamente aggiungendoci la salita di Sarezzano.
Finito l’orario di lavoro ho sonno a causa della sveglia anticipata, per questo parto abbastanza frenato per un giro che prevede numerose salite. Quando le pendenze si fanno più dure sul muro di Vallescura le gambe cominciano a girare meglio, l’ orario tipico della cena è il momento ottimale per il mio bioritmo e spiano diverse salite consecutive, guardando perplesso una cella temporalesca sul Piemonte che invia le sue propaggini sino all’ Oltrepò. Alle 20:50 attuo il cambio occhiali mettendo quelli trasparenti, sono in anticipo e riesco pure ad allungare per un’ ulteriore salita, giungendo a casa alle ultimissime luci con strisce di pioggia verso ovest e qualche goccia che comincia a cadere quando sono davanti al cancello di casa.
Totale: 95km, 2290m, 10 colli
LINK: http://giriesalite.altervista.org/?p=1711
Bran e Tentatripel, che buone!

Comincia a far buio, ma mi manca ancora l’ ultima salitella!

 

14 Luglio – Milano / Genova

Il giro di oggi prevede di accompagnare 3 milanesi dalla loro città sino alla riviera, tendenzialmente ad Arenzano, per poi rientrare in treno. Io li aspetto (a lungo) a Rivanazzano, uno di loro ha bucato e complice il vento contrario hanno già accumulato mezz’ora di ritardo. Risaliamo la val Curone combattendo contro un vento teso, svalichiamo a Dernice ed attraversiamo le strette della val Borbera, dove gli altri si sentono persi e non hanno bene idea della posizione. Ad Arquata Scrivia ci fermiamo in un negozio per prendere una camera d’aria di scorta, come usciamo metto il 50 e trac … si rompe il filo! A 200m dal negozio però! Dopo la riparazione ci rimettiamo in viaggio verso Gavi, dove prendiamo la dolce salita collinare che ci porta all’ imbocco del monte Lanzone, alcuni chilometri impegnativi. La discesa è forse peggio, ci sono fortissime raffiche laterali che rendono l’ equilibrio precario. Risaliamo quindi a Capanne di Marcarolo, dove gli altri cominciano a patire i 60/70km in più rispetto a me.
Decidiamo di puntare a Genova e continuiamo sempre all’ insù sino ai Piani di Praglia, dove veniamo accolti da un cielo grigio, asfalto bagnato e nebbia che a tratti nasconde le curve della successiva discesa. Scesi a Campomorone veniamo sfidati da 3 brevissimi scrosci di pioggia di qualche minuto ciascuno, questo però non mi scoraggia e considerati gli orari dei treni ed il vento favorevole capisco che farei prima a tornare in bici… Saluto gli altri e riprendo a salire sul facile ma lungo passo dei Giovi.
Il vento è favorevole, ma meno forte del previsto e compensa giusto la stanchezza. Arrivo ad Arquata ed il cielo si fa nero, con forti tuoni e grosse gocce che a Serravalle si trasformano in un acquazzone dal quale mi riparo sotto una tettoia. Dura giusto una ventina di minuti, poi mi rimetto in marcia sempre aiutato da una brezza sino a Tortona, dove cedo alle lusinghe della fame e mi fermo per una merenda prima di tornare definitivamente a casa, sicuramente non più tardi di quando sarei tornato se avessi preso il treno…

Totale: 185km, 2500m
LINK: (In realtà non ne ho mai scritto…)

Val Borbera da Dernice, passeremo in quelle strette

DILUVIO!

 

30/06 – Cottura al Lesima
La giornata è calda e per questo la trascorrerò sui monti pavesi, dove la temperatura sarà l’ ideale per sfidare le alte vette Appenniniche. Per migliorare la dispersione di calore indosso una vecchia maglia bianca tagliata a canutiera, quindi parto in direzione Varzi salendo poi sin al Pian dell’ Armà, 1480m con una strada che nel secondo tratto è troppo rovinata pure in salita. Scendo al Giovà ed incontro due compagni di squadra coi quali faccio un fresco ristoro prima di scendere verso Pianostano, dove li saluto dovendo salire sino al monte Lesima via Cencerate, una salita che le altre volte mi ha sempre creato problemi.
Stavolta arrivo a Cima Colletta senza patimenti e posso avventurarmi tranquillo sulle ripide rampe che mi portano ai 1724m della vetta, una salita molto dura che ho affrontato solo due volte con oggi… Scendo al Brallo e ritorno quasi a Varzi, il caldo comincia ad essere fastidioso ma mi manca ancora la scalata del Penice via Menconico, una strada secondaria con pendenze di tutto rispetto ed un bosco che non riesce ad ombreggiare il sole alto di metà giornata.
Al Penice decido di allungare verso Romagnese, una sosta refrigerante alla fontana di Casa Matti è obbligatoria prima di percorrere la val Tidone sino al bivio di Valverde, ultimo infido strappo prima della lunga ridiscesa in val di Nizza prima e Staffora dopo.
La scelta della canutiera si rivelerà disastrosa per quella porzione di pelle non ancora abbronzata, dapprima una forte scottatura mi obbligherà a spalmare continuamente delle pomate, poi si formeranno delle bolle prima che la pelle morta lasci spazio a quella nuova. Ancora oggi che scrivo porto i segni di quella giornata con il segno dell’ abbronzatura non più a metà braccio, ma a metà spalla…

Totale: 153km, 3400m
LINK: http://giriesalite.altervista.org/?p=1724

Muro finale del Lesima, arriva fortunatamente dopo del piano

Il ripetitore aereo sulla vetta dell’ Oltrepò

Giro delle quattro regioni

il 05/09/2012 · Commenti disabilitati su Giro delle quattro regioni

E’ un giro che ho in mente ormai da qualche anno, approfitto del calo delle temperature del passato weekend per affrontarne una revisione più corta e con più salita, pedalando nel territorio di quattro province appartenenti a Lombardia, Emilia, Liguria e Piemonte, zona principalmente appenninica che ha visto il passaggio di popoli e genti, via di commerci tra il mare e la pianura abitato e conquistato in maniera da numerosi feudi, luoghi in apparenza disomogenei con un fondo culturale comune tanto che si parla di “regione delle 4 province

Parto da Rivanazzano al mattino non presto, a Godiasco faccio la conoscenza di Pietro che sta andando verso il Penice ed insieme saliamo tranquillamente sino a Varzi, la statale a quest’ ora è ancora tranquilla e si viaggia bene. Gli lascio i miei contatti (Facebook spesso torna utile) e ci salutiamo, per me ci sarà la facile salita ai 950m del passo Brallo, 16km con qualche pendenza negativa ed i cui pezzi più duri arrivano nei pressi di S.Margherita Staffora con punte del 7%… Inutile dire che non causa alcun problema e che la velocità raramente scende ai 15 e spesso sfiora i 20. Al Brallo però si cambia improvvisamente registro, una bella rampa a doppia cifra si innalza veloce dal passo ed in un attimo supero quota 1000, la strada scorre ruvida in un fitto bosco che oscura il sole e copre quasi totalmente il panorama che spazia sino allo smog della pianura da cui si innalzano il monte Rosa ed il resto della catena alpina. Si fa fatica, la pendenza media di questi 5km è all’ 8% con tratti oltre al 10, ma la ricordavo un po’ peggio, lo scalpo peggiore del giorno è superato con poca fatica. Mi rimane la salita sino all’ imbocco del Lesima, la carreggiata è poco più di una ciclabile e dall’ alto dei quasi 1500m si ammirano il monte Chiappo e la valle del nascente Staffora che nei millenni ha scavato una stretta 700m più in basso selle sue ripidi pendici. Non sono le Alpi, ma anche questi posti meritano assolutamente una visita!

Al bivio del monte Lesima incontro due motociclisti che ho visto scendere dalle rampe della vetta d’ Oltrepò (1724m), mi confermano che da lassù in una giornata limpida come oggi c’è un panorama stupendo! Arrivo al passo Giovà ed entro in territorio emiliano scendendo verso Zerba, una lunghissima discesa fin troppo pedalabile nel primo tratto, tutta in una lussureggiante val Boreca attorniata da alti monti e tutta un continuo di curve e controcurve divertenti. Dopo Zerba l’ andamento si fa più sinuoso con improvvisi tornanti e pendenze costanti sino allo strappetto che porta a Traschio, in val Trebbia.
Cerco l’ acqua ma le fontane riportano tutte il cartello “acqua non potabile” e perciò rinuncio in attesa delle prossime. Questo tratto di Trebbia non è affascinante come il precedente che porta a Bobbio, ma siamo comunque in una rocciosa stretta valle scavata da un fiume da tonalità blu/turchese in cui la vegetazione spontanea è assoluta protagonista del panorama. La strada è molto lineare, raramente trovo pendenze degne di nota e quei pochi momenti sono brevi, giusto un break alla simil-pianura che attraversa prima Ottone e poi le varie frazioni di Rovegno. Trovo una fontana solo dopo molti chilometri, la forte presenza di vita nella vasca di contenimento non mi ispira fiducia, ma al palato sembra buona e ne bevo sino a dissetarmi.

Credevo di essere ormai pratico della zona, ma ho dei seri dubbi sulla via da seguire ed il bivio giusto lo riconosco solo per ricordo, se mi fossi affidato alla segnaletica sarei giunto sino a Torriglia… La salita sino a Casa del Romano presenta circa 800m di dislivello ed i primi chilometri sino a Cassingheno sono tutti di una costanza imbarazzante, per oltre 4000m la pendenza non oscilla oltre l’1% rispetto alla media e se a questo ci aggiungiamo il traffico quasi nullo, la giornata tersa ed una temperatura finalmente gradevole ecco che abbiamo una scalata veramente di lusso. Al bivio la sede stradale perde una corsia e si impenna regalando splendide viste sull’ alta val Trebbia e su ciò che ancora mi aspetta, ma poi rientra nei ranghi e continua sulla falsariga del tratto precedente, solo un po’ più stretta e pendente.
Al bivio di Fascia si è ormai in alta montagna e la costanza diventa incostanza con punte al 10%, nulla che possa impensierirmi se non fosse che sono rimasto
completamente a secco ed il pensiero di essere già piuttosto assetato con almeno 3km davanti arriva in coincidenza di un’ improvviso calo di prestazioni e sensazioni di
smarrimento fisico. Trovo un rivolo d’ acqua che esce da un tubo nella roccia, talmente fievole che stimo la portata in 4l/h, dopo alcuni minuti ho giusto rimediato due grossi sorsi sufficenti però a farmi parzialmente riprendere sino a Casa del Romano, 1406m ed una vista niente male sui monti di 4 regioni, col ripetitore del Lesima in bella vista, il monte Chiappo più vicino, le cime delle alti valli Nure e Trebbia e  -con mia enorme sorpresa-  il mare! Non lo sapevo e ne sono felice, in effetti oltre al Trebbia ci sono la val Fontanabuona e la val Bisaglio, poi è tutto Ligure!

Acquisto dei biscotti (e ricevo pure lo scontrino) e bevo all’ incirca un litro di acqua, ero proprio assetato. Cerco dei punti panoramici per delle foto e scendo verso la val Borbera ed il Piemonte passando per Capanne del Romano. Vorrei godere maggiormente di quest’ ennesima verde valle appenninica scavata da un impetuoso torrente in cui gli alti monti sono completamente ricoperti da un fitto bosco, però devo anche fare attenzione alle curve, a qualche buca e a del ghiaietto più frequenti nell’ alessandrino e pavese rispetto alle altre due province. Qualche strappetto odioso rompe la sinfonia della discesa che mi porta ai 500m di Cabella Ligure, frequentato paesino di fine valle dal quale partono lunghe salite che i veri scatori non possono che amare, come quella che risale il monte Chiappo sino ai 1500m di Capanne di Cosola.

Scendere è facile, ma se c’è un fastidioso venticello contrario e le preoccupazioni per gli ultimi 20km del giro vengono da se, sarò banale ma con 150km sulle gambe è meglio un aiutino di un “ostacolino”… Prima però c’è la scalata a Giarolo, altri 400m abbondanti di dislivello su una salita che non mi ricordavo e che inizia durissima a Cantalupo Ligure portandomi fuori dal paese in un attimo, salita che prosegue mediamente impegnativa nella quale è però impossibile mantenere un ritmo costante a causa di enormi buche presenti su tutta la sede stradale, ogni 50m devo invadere l’ altra corsia per evitare salti di 10cm dentro a grossi depositi di ghiaia e sabbia, mantenendo alta l’ attenzione onde evitare i sassi più grossi e per cercare di calcolare la traiettoria migliore con sufficente anticipo. Ogni tanto pedalo senza preoccupazioni, ma giusto “ogni tanto” e come se non bastasse vengo attaccato dai tafani, esseri bastardi che sanno volare anche ai 15 all’ ora e che con aria di scherno mi passano davanti ricordandomi gli attacchi aerei della 2° guerra mondiale. Per quanto rispetti la natura e cerchi sempre di non nuocere anche ai più umili insetti, questi sono parassiti e dopo una puntura sul collo riesco a farne secchi un paio intenti a non so cosa sulle mie gambe ed è con un tocco di sadismo li vedo soffrire dopo averli schiaffeggiati con forza. La vista di mamma daino con il piccolo da un pizzico di gioia a questa scalata completamente da dimenticare (anzi da ricordare per non farla mai più), fortuna che alla fine c’è un tratto piano e che i tafani non abbiano i geni di Usain Bolt.

Da Pallavicino a Giarolo c’è ancora del dislivello che mi collega dai crinali della val Borbera a quelli della val Curone, il paesaggio qui è ormai cambiato e le colline ne fanno da padrone, senza dubbio si tratta di colline serie, ma ben diverse dalla montagna dell’ Appennino. Credo che la discesa dal Giarolo sia stata una delle più affrontate in questo 2012, l’ asfalto bello e largo unito a pendenze decise la rende tra le più divertenti delle mie zone. Arrivo a San Sebastiano Curone dove, come preventivato, mi aspettano 20km con il vento contro che annulla completamente le pendenze favorevoli, per mia fortuna in tutto il giro ho mantenuto un ritmo turistico ed ho ancora molte energie da spendere, la discesa della val Curone scorre molto tranquilla  -nervoso a parte per tafani e buche-  e vede attorno a me abbassarsi pian piano le colline che a Casalnoceto degradano dolcemente nella pianura. Manca poco a Rivanazzano, giusto qualche saliscendi nelle ultime propaggini dei monti delle 4 regioni, un epilogo giusto per questo giro in Lombardia, Emilia, Liguria e Piemonte!

In tutto 173km e 3200m di dislivello in 7 esatte ore pedalate (8 totali).
Consigli: per renderlo più facile si può scendere in val Trebbia passando per Brallo / Ponte Organasco, oppure per Casanova Staffora / Giovà / Trascio, si può ridiscendere passando per Torriglia e la valle Scrivia (allungandolo parecchio però, consigliato solo se si è in gruppo), oppure semplicemente svalicando a Dernice invece che al Giarolo.

Salendo al Brallo si vede Cima Colletta

Da Cima Colletta lancio lo sguardo sui 1700m del monte Chiappo

Panoramica dal Giovà col monte Lesima, val Boreca e monte Alfeo

La verde e affascinante val Boreca

Foto bruttina da Casa del Romano, ma si intuisce il mare

Lesima, ma da Casa del Romano

Cantalupo Ligure e la val Borbera

Panorama del crinale di Dernice salendo al Giarolo

Top 2010: posizioni 9-7

il 29/12/2010 · Commenti disabilitati su Top 2010: posizioni 9-7

9°: 23/10) Oltrepò Pavese

L’ ultimo appuntamento dello scalatore del 2010 inizia sotto un cielo plumbeo che scoraggia alcuni, mentre la concomitanza di un altro evento in zona Lugano mi assicura l’ assenza a chi abita a nord di Milano. Nonostante questo siamo in 13 con una temperatura sui 10° ed una pioviggine che ci intimorisce alla partenza, ma che smette subito dopo.
Il tracciato è leggermente cambiato rispetto allo scorso anno, Mairano permette di scaldarci ed Oliva Gessi ci riporta sul vecchio percorso attraverso colline completamente coltivate a vino. Le successive salite di Mornico Losana e Pietra de Giorgi scivolano via in un attimo, così da goderci subito la deviazione di Montecalvo Versiggia e la facile salita del Carmine sino a Ruino. I 19 tornanti in discesa per la val Tidone sono un divertimento puro, per alcuni interrotto da un gregge di capre, ed il pranzo al lago di Trebecco è ottimo.
Dopo la sosta scatta la scintilla, Massimo tenta di arrivare primo a Zavatarello, è da questo evento che il giro si trasforma diventanto semi-agonistico, con Valverde preso a gruppo compatto verso i 4 fuggitivi, con la selezione sullo strappo di Costa Cavalieri ed un’ autentica volata sul pavèe del centro di Fortunago, un breve muro che ci sega le gambe prima della salita finale delle Orridi di Marcellino, presa a ritmo massimale da me ed Aresius e vinta da lui con un portentoso sprint finale.
Per terminare poi non ci facciamo nemmeno mancare una tirata verso Casteggio ai 40 di media, finendo più stanchi del previsto.
E’ stata una giornata divertente, tranquilla nella prima parte, tirata nella seconda, seppur con diverse pause per riunire il gruppo.
In totale 100km e 1750m di dislivello

Perchè 9°? Il giro è stato bello senza un metro di pianura (eccetto i km finali col rapportone), col giusto agonismo ed una compagnia ottima, peccato che qualche intoppo ci ha obbligato a soste troppo lunghe, che il clima sia stato freddo e che una foschia ci ha limitato fortemente i panorami, oltre all’ esiguo numero di persone che si è fermato a cena.

Il gruppo alle Orridi di Marcellino

8°: 30/10) Pentema

Le previsioni mi lasciano solo un giorno di non-pioggia in tutto questo lungo weekend di Ognissanti, è l’ unica occasione che ho per l’ultimo giro significativo dell’ anno. L’ idea iniziale puntava ad Alba, ma con una giornata così nuvolosa ripiego sulle ultime salite Genovesi che ancora non ho fatto. Parto da Busalla che fa freddo, la settimana di stop mi costringe ad un difficile rodaggio sui Giovi, solo al passo i muscoli smettono di tirare grazie anche all’ aria più calda proveniente dal golfo di Genova.
A Pontedecimo tolgo i guanti invernali e scollino verso San Cipriano dopo una breve salita cittadina, la prossima è ancora facile ma molto più lunga, la Forcella d’Orero chiede il pegno di molti minuti d’ agilità. Supero agevolmente i passaggi a livello verso a Sant’ Olcese, quindi taglio per Molassana dopo un’ altra salita che avevo già affrontato con Elena e Massimo un anno fa.
A Genova spira un caldo vento dai monti che fa aumentare velocemente la temperatura, ora si sta bene e sudo pure sull’ altra lunga salita della giornata, lo Scoffera, dove (guarda com’è piccolo il mondo) incrocio Massimo in discesa. A furia di pedalare con l’ agilità permessa dalla pendenza al 5% arrivo al passo, continuo per Torriglia arrivandoci però per la strada di Cavorsi, 3 metri scarsi di bell’ asfalto immersi in un fiammeggiante bosco dalle tinte autunnali. A Torriglia pranzo con un buon panino e riparto subito in salita con il blocco nello stomaco a rallentarmi sino al passo di Pentema, dove riesco finalmente ad avere l’ unico scorcio di mare per questo giro Genovese.
Pentema non mi entusiasma a dovere, assomiglia tantissimo a Bogli ed Artana (si trovano dopo Capanne di Cosola), ma i suoi vicoli in pietra con case l’una attaccata alle altre, la stretta valle che sta cambiando i colori e la sua fama mi intrattengono per una visita a piedi. La discesa ha dei punti sterrati, dai racconti di chi ci è passato credevo fosse facile, invece alcuni pezzi tra rocce e sabbia mi creano qualche problema. A Montoggio rispunto nella civiltà, sospinto dal vento volo lungo lo Scrivia verso Busalla e la fine di questo affascinante giro.
In totale 111km e 2050m di dislivello

Perchè 8°? L’ itinerario è relativamente semplice, ma i boschi multicolori a fine Ottobre attraversati da strade a misura di bicicletta hanno reso affascinante quest’ avventura “rubata” al maltempo. Inoltre il borgo di Pentema, lo sterrato, gli incontri fortuiti, il freddo iniziale ed il caldo ai 1000m di quota… Molto meglio di quanto mi aspettassi!

La val Pentemina a fine Ottobre

Pentema dal basso


7°: 10/10) valli Parmensi

Mi sforzo di stilare la classifica solo in base ai km sui pedali, perchè la sola rabbia che ho provato dopo mezz’ ora persa a cercare il ritrovo lo porterebbe ben più in basso… Ma questa è colpa di Google maps, dopo un ripristino bici a tempo di record partiamo io, Roberto, Giulio ed Alessandro, che ci terrà compagnia solo per il pezzo iniziale, avendolo anche fatto aspettare a lungo… Lasciamo perdere dai che è meglio, fortuna che il giro invece è stato soddisfacente (non sarebbe 7° sennò).
Dietro la mia richiesta Roberto propone un itinerario completamente alternativo tra le valli Taro ed Enza, che grazie alle 2 nuove salite scoperte il giorno prima mi permetterà di raggiungere la ragguardevole quota di 900 salite!
Si inizia con calma, io seguo Giulio sulle ripide rampe di Nerviano Rossi o sulla pedalabile strada per Calestano, mentre giustamente Roberto tiene compagnia ad Alessandro, ma da ora in poi la musica cambia e diventa Hardcore! Ale deve ritornare a casa, io e Robi teniamo un ritmo insano su passo del Fragno, mentre la facilità della successiva salita raffredda i bollenti spiriti che rimangono tranquilli sino ai 7 tornanti della Sella di Lodrignano, dove riprendiamo la lotta e dove Giulio rinuncia definitivamente a starci a dietro. Sulla salita successiva al 6% cerco in tutti i modi di staccare il mio avversario, ma a certe velocità la scia conta e standomi a ruota gli rimangono abbastanza forze per battermi ancora in volata.
A Langhirano, patria del prosciutto, il primo obbiettivo del giorno è raggiunto: 9000km, record assoluto! Ci manca una salita per il secondo, quello delle 900 salite diverse, ci vuole poco alla 900° tacca della carriera, che arriva tentando di resistere allo scatto finale di Roberto seguito ad un ritmo quasi turistico. La nostra gara non è finita, bastano gli strappetti nella discesa di Barbiano per scatenare gli ultimi scampoli di agonismo, con le cosce che mordono nelle diverse volate col 50 per superare velocemente quei 5 metri di dislivello.
E’ presto per tornare a casa, accompagno i fratelli sino alle porte di Parma, 20km in più fanno sempre comodo dopo la semi-gara che c’è sempre quando entro nel territorio del granducato, stanco ma felice per la bella giornata.
In totale 130km e 2270m di dislivello

Perchè 7°? Il 10/10/10, 100 nuove salite in sole 10 settimane, 900 salite totali, 9000km totali… cosa volere di più? Una bella sfida tra Roberto che cerca di starmi a dietro per battermi in volata ed io che tento di staccarlo prima, battaglia che mi ha divertito nonostante l’ abbia sempre persa (ma a 20 all’ ora si sta troppo bene in scia!)

Pedra festeggia le 900 salite a Strognano

La classifica comincia a farsi calda, prossimamente i mie migliori giri del 2010!

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