Giro delle 4 regioni (esteso)

il 04/09/2013 · Commenti disabilitati su Giro delle 4 regioni (esteso)

Continua il racconto delle mie “vacanze” passate sempre a casa…
14/8: l’ idea è di recuperare dalle fatiche degli ultimi due giorni con un giretto nel tardo pomeriggio, ma le precipitazioni incipienti mi fanno desistere. 0km
15/8: grigliata di Ferragosto, senza esagerare né in alcol né in cibo, giusto qualche km con una leggerissima salita. 6km, 50m (perché se appena posso evito di prendere l’ auto)

16/8: giro delle 4 regioni (allungato).
Oggi ho voglia di stare da solo e di dedicare un’ intera giornata a me ed alla bicicletta percorrendo un classico itinerario che attraversa 4 differenti regioni: Piemonte, Liguria, Emilia e Lombardia, una trottata appenninica di circa 170km con due importanti salite (Giovà e Carrega) più una minore (solitamente Dernice). Lo scorso anno lo feci in senso inverso rispetto all’ idea 2013, che prevede l’ inizio risalendo la val Curone sino a San Sebastiano.
Parto alle 10 ed ho 9 ore di tempo, il clima è l’ ideale e la visibilità abbastanza buona da garantirmi discreti panorami. La prima regione è il Piemonte e sino a San Sebastiano pedalo senza alcuna fatica aiutato da una brezza settentrionale, poi ragiono su che strada fare ed è qui che mi parte l’ embolo… Dernice no perché troppo scontata, ma nemmeno il Giarolo mi aggrada, quindi noto che allungando un po’ posso arrivare a 200km ed allora opto per Costa Ferrai, 2km con tratti impegnativi seguiti da altra salita sino al Giarolo, su una strada che raramente ho fatto nel senso odierno. La discesa mi mette alla prova tra belle pendenze, qualche ondulazione di troppo e curve improvvise sino a Pallavicino, poi migliora sino ad arrivare in val Borbera.

Panoramica sull’ alta val Curone da Costa Ferrai4regioni_200km01

Val Borbera dal bivio per Dernice
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Il tratto seguente si scompone tra pianori e strappetti fino ad arrivare ai 500m di Cabella Ligure, dove mi fermo per una sosta acqua memore della crisi dello scorso anno, e dove chiamo casa avvisando di essermi dimenticato una dozzina di stuzzicadenti nei pantaloni, erano caduti per terra alla grigliata e piuttosto che buttarli li ho riciclati per della manutenzione al velocipede.
Mi aspetta una bella salita di oltre 900m di dislivello sino a Casa del Romano, l’ inizio segue l’ Agnellesca (affluente del Borbera) tra strappetti e contropendenze sulle quali supero un automobilista genovese intento a cambiare una ruota, poi la strada la smette di scherzare e va decisa, con alcuni trattiin cui il 10% è di casa… La civiltà è tutta radunata a Carrega Ligure, il resto è solo boschi e prati sovrastati da un cielo azzurro terso sino alla cima ai 1409m di Casa del Romano, ormai territorio ligure.
Lo scorso anno scoprii che da qui si vede il mare, oggi ne ho ulteriore conferma distinguendo nettamente il blu dell’ acqua dall’ azzurro del cielo, mentre dietro di me il monte Lesima sovrasta le valli con il suo ripetitore, paeselli sperduti si aggrappano alle boscosi pendici del verde Appennino e molti turisti sono intenti a pranzare al bar. Do quattro pedalate e più avanti il mare è ancora più visibile, è la prima volta che nell’ anno domini 2013 riesco a scorgerlo!
Pranzo con un mio panino e con una brioche del bar, ricarico la borraccia e scarico la vescica, ed è già ora di scendere in val Trebbia! Ciao mare, ci rivedremo (forse, ma col senno del poi so che accadrà), ora affronto belle curve su una strada discreta per i due terzi, che poi si allarga a due corsie offrendo larghi e divertentissimi tornanti (ed anche una bottiglia di Vodka alla menta mezza piena sul ciglio della strada, chissà se appartiene a chi penso che ieri abbia fatto serata con una bottiglia uguale…).

Da Casa del Romano
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Non si vede bene, ma c’è il mare!
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Ora c’è in apparenza il tratto più facile, ma le mie speranze di brezza marina vengono deluse ed i lunghi chilometri attraverso Rovegno ed Ottone scorrono sì veloci, ma senza quell’ aiutino che mai guasta. Ho poco da raccontare sino a Traschio, dove inizia il vero moloch di giornata, che coi suoi 24.5km sale di ben 1100m sino a Cima Colletta. Guardo in alto e vengo assalito da un senso di impotenza, ben più in alto di me ci sono verdi cime, grossomodo alla quota sino a cui dovrò salire… E’ un po’ come quando esci dal bosco dello Stelvio e vedi il rifugio piccolo piccolo, solo che là i metri di dislivello sono la metà…
L’ unica è mettersi il cuore in pace e salire, questo versante non è mai duro e sino a Zerba continua regolare al 6/7%, poi diventa più nervoso alternando falsopiani a mezzacosta e brevi strappetti a doppia cifra. Ambiente selvaggio tipico dell’ Appennino, bosco a perdere interrotto da sporadici paeselli ed un torrentello (il Boreca) che nei millenni ha scavato questa valle quasi disabitata.
Supero Vesimo a 1000m e guadagno quota con difficoltà su pendenze sin troppo facili sino a Pei, da dove inizia il tratto più duro che nel 2009 ha messo in crisi diversi di noi. Stavolta però non capisco bene dove sia il problema, la velocità rimane costante ed conquisto il passo Giovà senza alcuna problema. C’è ancora il pezzo finale fino alla sbarra del Lesima dove mi fermo per una sosta merenda, guardo il durissimo imbocco e per oggi lo perdono, ma entro poco sarai mio!

Monte Lesima da Zerba
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Voglio allungare sino ai 200 -dicevo-, perciò scendo a Cencerate in una strada larga forse meno di una ciclabile ed immersa in un bosco tanto fitto da far buio, poi risalgo al Brallo passando per Bocco, dove sul duro strappetto iniziale constato che la gamba è ancora in buono stato. Arrivo al Brallo e decido di allungare per la val Curone, scendo così a Varzi combattendo con un’ inquietante brezza contraria, e poi risalgo a Pareto attraverso affascinanti calanchi che sfiorano l’ asfalto.
A Fabbrica Curone vorrei fermarmi per una merenda, ma i bar sono più indietro ed allora non mi sforzo nemmeno di alimentarmi sino alla fine dei chilometri, rimandando a più tardi la scelta del tratto finale. La brezza da nord che stamattina mi ha fatto comodo ora mi fa pagare il conto, costringendomi a velocità da pianura quando la strada scende leggermente per 20km. Poco male, nonostante la stanchezza vado ancora bene e a Volpedo decido di allungare per le campagne, secondo i miei calcoli dovrebbero alla fine essere 200 precisi. Passo paesi e cascine a cui sono ben abituato e termino con la pianura sovrastata dal castello di Nazzano, ma c’è solo un problemino: il contachilometri segna 199.50, perciò allungo un pochetto e lo stacco quando segna 200.23.

Calanchi di Pareto
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Quasi a casa
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200.23km
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Sono stanco, ma non stremato, è un giro molto lungo a ritmo blando fatto alimentandomi con un panino (al salame di Varzi) ed una brioche. Però ho fame, il celeberrimo piattone del Klimos che sfama una persona normale mi lascia con un certo languorino, vorrà dire che per oggi starò a dieta… che domani è un altro giorno (ed un altro giro di 110km in val Tidone e Versa che vi racconterò)

Totale: 200km, 3500m, 8h05′ pedalate, 9h effettive

Lesima Lesimin…

il 10/07/2012 · Commenti disabilitati su Lesima Lesimin…

Lesima lesimin, tutt’i mont i ghè fa inchin, non ghè che mont Alfé che l’è ciu alto che ne lé… Così recita un’ antica canzoncina ligure, quando ancora non esistevano strumenti per capire che il Lesima in realtà è più alto del monte Alfeo dominando tutto il panorama circostante dai suoi 1724m. E’ la cima Coppi e Mortirolo dell’ Appennino pavese, per giungere alla sua sommità si deve affrontare una strada molto ripida che tutti gli inverni soffre di forti escursioni, frantumandosi in ghiaia che disturba la pedalata già precaria.

E’ l’ obbiettivo principale della giornata, ma non l’ unico, dato il caldo da estate piena indosso una vecchia maglia trasformata in canutiera (che errore…) e parto con lo scopo principale di compiere un giro talmente lungo da far diventare Giugno 2012 il secondo mese di sempre per chilometri, considerato che per me è stato sempre un mese di scarico. Alla fine sbaglierò i conti e questo mese rimarrà il 3° di sempre a 3km dal secondo, comunque 490km in più del precedente record. Non male considerato che non ho fatto ferie e gli unici permessi di lavoro che ho avuto li ho presi per i giri ciclo-enologici…

La statale verso Varzi è troppo trafficata al sabato mattina, sino a San Ponzo passo sulla secondaria e poi obbligato mi sorbisco 7km di traffico. A Varzi inizia il passo Brallo, molto pedalabile che mi conferma che oggi la gamba gira bene, poi perdo qualche metro di quota sino a Casanova Staffora ed intraprendo il Pian dell’ Armà, quasi 1000m di dislivello altimetrici, almeno 1100 considerando buche ed asfalto “d’ epoca”. Una settimana fa in discesa mi ha messo di cattivo umore per 2 giorni (ma come si fa a tenere una strada così?), in salita è poco meglio… Sino a Cegni si sale bene su una strada regolare, poi cominciano le buche, i rattoppi ed a faticare per spianare migliaia di microdislivelli presenti tra i sassi collegati tra loro da quel che rimane dell’ asfalto. La pendenza ufficiale arriva al 10% prima di Negruzzo, quella patita è almeno dell’ 11%. Il panorama è comunque buono, sono sulle pendici dei monti Bogleio e Chiappo ed un nascente Staffora scorre sensibilmente più in basso formando una specie di lussureggiante gola.
Sfioro i 1500m dello scollinamento e scendo al passo Giovà / Pian del Poggio, dove approfitto della fontana per riempirmi di acqua (almeno mezzo litro bevuto in un attimo) e dove incrocio Ciro e Damiano, 2 compagni di squadra che stanno facendo una pausa godendosi il fresco clima che c’è qui a quota 1300. Ho tempo da perdere e mi offrono una bella e buona birra fresca (la Castello lager per la precisione). Ok, ormai non c’è giro lungo in cui non assumo alcolici, sto prendendo una brutta piega…
Scendiamo dal Giovà assieme, la strada si butta nell’ alta valle Staffora con un asfalto dignitoso interrotto da troppe curve con sassi in mezzo, motivo per cui la prendiamo tutti tranquillamente. A Pianostano comincia già ad esserci caldo, ma mentre per loro ci sarà il ritorno, per me c’è una salita che mai sono riuscito a fare intera, gli altri 2 tentativi sono sfumati al bivio di Cima Colletta al quale sono giunto completamente privo di forze. E non avevo il Pian dell’ Armà di mezzo, ma nemmeno i rapportini di adesso. Supero agevolmente il bivio per Cencerate e non patisco nemmeno il tratto successivo nel fitto bosco su una carreggiata larga tre metri. Al bivio di Cima Colletta sto bene, il Lesima è alla mia portata.
Sono stati 3 in tutti i tentativi di arrivare in cima, al primo stavano riasfaltando la strada e ci sono arrivato a piedi, al secondo invece ho rinunciato dopo 300m. Al terzo nel 2007 ci sono riuscito, ora sono confidente di non patire e quando la famosa sbarra alzata si presenta davanti ai miei occhi combatto il 20% iniziale a viso aperto, con la catena sul bel 34×27 e tutto seduto per non far slittare la ruota sulla ghiaia. Il primo tornante arriva in fretta e le pendenze si fanno più umane, la vegetazione mi abbandona e scalo questo muro incastonato tra ripidi prati fino al crinale, dove si può respirare in attesa del muro finale che porta sino al famoso ripetitore aereo, muro che manda in acido lattico le mie cosce ma che non mi crea troppi problemi. Più facile del previsto è il mio responso…

Fatto 30 faccio 31 e salgo sino alla vera e propria vetta a piedi su un piccolo sentiero, dalla cima la visuale è fantastica sebbene mitigata dalla foschia. Da qui si dominano la selvaggia val Boreca, la più antropizzata valle Trebbia, si vede lo Staffora, tutte le alte cime dell’ Appennino ligure e sullo sfondo l’ afosa pianura. Però se le pile della fotocamera non mi avessero fatto lo scherzo di esaurirsi proprio ora sarebbe meglio… salvo riprendersi più avanti in discesa… molto ripida da fare a freni tirati. Ad un certo punto vedo una roulotte di un allevatore in basso, una curva e quella roulotte è al mio fianco… C’è ancora un tratto di leggera salita verso Cima Colletta, poi sino al Brallo è tutta discesa e pure messa meglio di quanto mi aspettassi, alla fine l’ unica strada montana veramente indecente è quella dell’ Armà, le altre le si affrontano facendo un po’ di attenzione.
Ai 950m del Brallo ricomincia a fare caldo, che aumenta al termine della discesa al bivio del Ponte Blu, dove inizierà per me un’ altra salita che da Menconico arriva quasi al passo Penice.

Sino al paese alle pendici del Penice nessun problema, poi la strada si impenna rimanendo immersa tra la vegetazione che non copre il sole all’ apice del suo tragitto. Non la ricordavo così ripida, i 10% abbondano ed aggiungendoci temperature di poco inferiori ai 30° a 1000m di quota faccio fatica ad arrivare al bivio delle 4 strade, un chilometro prima del passo Penice.
Scendo verso Romagnese ma non posso saltare la fresca fontana di Casa Matti in cui bevo a sbafo e bagno i guanti che sto indossando esclusivamente in discesa. Questa sarebbe una bella discesa se non trovassi sabbietta o crepe proprio in curva. Supero il paese ed affrontando la calura estiva ormai pesante arrivo sino al bivio di Le Moline, dal quale parte un assolato strappetto che mi porta sino a Valverde e dal quale prosegue la salita sino a S. Albano.
La val di Nizza è un lunghissimo e ripido falsopiano che in discesa scorre agilmente, a Ponte Nizza seguo la statale per quel chilometro necessario a riportarmi su stradine secondarie su cui pedalo sino a casa.

In tutto 154km, 3400m di dislivello, 6:30 pedalate in solitaria, tanto caldo ed una scottatura memorabile sulle spalle scoperte. Ma ne valeva la pena.

Il monte Lesima da Pian dell’ Armà

Il muro finale del monte Lesima

Ripido lato orientale del Lesima, verso la val Trebbia

Eccolo il ripetitore aereo

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