Le 5 Terre (parte 1)

il 27/04/2011 · Commenti disabilitati su Le 5 Terre (parte 1)

I 30 rintocchi delle campane di Brugnato mi svegliano anzitempo, ma è solo il rumore abituale della sveglia a scuotermi dallo stato di dormiveglia verso un’ abbondantissima colazione con frutta, pane e miele normali e di castagno, marmellata di prugna e di buonissime arance siciliane, yogurt locale, focaccia ligure, ricotta, biscotti locali, fette biscottate, nutella e torta cucinata dalla proprietaria. Forse esagero col cibo, ma il mio pranzo saranno 8 quadretti di focaccia ed una fetta di torta che sto avanzando, perciò pancia mia fatti capanna!
Tra una storia ed un racconto impiego quasi 2 ore a partire, non prima di aver attraversato il paese in pigiama per prendere la pompa che ancora risiedeva nel baule della macchina, fuori da un centro storico vietato ai veicoli motorizzati dei forestieri.

La giornata è nuvolosa e non spero in grandi miglioramenti, però confido di non bagnarmi rimanendo in costa. I primi kilometri risalgono veloci la val Vara sino a Carrodano, dove inizia quella che forse è la più famosa salita spezzina, che scollina a soli 615m ma che è l’ unica via stradale tra Genova a La Spezia: il passo del Bracco. I primi tratti sono anonimi, anche qui incrocio qualche frana, ma si sale senza problemi in posti quasi dimenticati (oggi è pure lunedì, normalmente un giorno lavorativo per chi non sta facendo i supplementari del weekend come me). Come le pendenze aumentano cresce anche un fastidioso dolore al ginocchio sinistro, sempre in concomitanza della spinta a destra. “Passerà” penso, infatti da fastidio entra nella categoria “noia” quando i panorami si aprono su brulle pareti con vista mare, cioè nel falsopiano finale. Un taglio nella roccia su cui sorgono delle case cantoniere abbandonate segnala il passo, è ora di andare verso le bellissime 5 Terre!

Seguendo le indicazioni per l’ autostrada arrivo al bivio per Deiva Marina, la tentazione di scendere c’è, ma l’ itinerario originario è lunghetto e l’ho calcolato senza le visite ai vari paesi, perciò è meglio continuare verso Levanto, riprendendo velocemente quota, ma senza aggiungere questa nuova scalata al mio elenco (salita che parte a Deiva). Un continuo e lungo saliscendi su queste pareti marine mi lancia sino a Bonassola, prima delle deviazioni non previste. Sono addirittura sorpreso dalla quasi totale assenza di traffico e di persone, ed anche dalle belle strade della zona che formano divertenti discese aggrappate a costoni a picco sul mare.
Bonassola è deserta, non certo per le mareggiate che qui, a causa di fattori orografici e climatici, sono tra le più forti dell’ intera Liguria. Avanzo pian piano e trovo una lunga galleria illuminata che porta a Levanto, galleria per soli pedoni e ciclisti scavata nella roccia con sporadiche uscite direttamente sul mare. Mi viene anche in mente la perversa idea di come deve essere passeggiare qui durante le mareggiate, sfidando le onde su 2 ruote, a piedi e perchè no, sui pattini…

Levanto invece è più viva, ma mi delude, non ha particolarità degne di nota, sebbene sia un luogo turistico caratteristico e giustamente molto frequentato. Duretta è la salita che mi porta al colle di Gritta, dove la strada triforca verso 2 zone di Monterosso o verso il passo Termine. Scendo a Fegina e sosto davanti alla statua del gigante, che credo simboleggi il dio dei mari, Nettuno, almeno è quello che ho pensato. Ed è qui che la situazione precipita. Il tempo rimane nuvoloso e più coperto di prima, ma il vero problema sta nel ginocchio, che duole in maniera forte quando lo piego mentre rimango in piedi. L’ ansia mi assale, ho paura di aver seri problemi a rientrare, di peggiorare la situazione continuando e di dover abbandonare il progetto “Spezzino” a metà… Come prima cosa devo reimparare a salire in sella, non ci si pensa ma è difficile adattarsi ad altri meccanismi abituali come la ripartenza con l’ altro piede, oppure dare il primo colpo di pedale con la gamba destra ed allungare sino a portare la pedivella opposta nel punto più basso, così da ridurre al minimo lo spostamento del ginocchio. Lo stesso vale per la fermata, nella quale dovrò fare attenzione a minimizzare i dolorosi movimenti.
Fortunatamente, molto direi, il dolore è comunque sopportabile anche nei tratti più duri che abbandonano Monterosso, con punte oltre al 10% e bei panorami sulla strada appena fatta. Il resto poi è più agevole, lì il ginocchio è appena percettibile. Insomma, fuori dalla bici sono azzoppato, in sella quasi a posto. Per il momento continuo, mi basterà fare attenzione, e poi si vedrà, volendo ci sono diverse scorciatoie.

La seconda parte a breve, sono troppo prolisso… e pensare che l’ idea iniziale era di creare questo blog per organizzare e pubblicizzare giri in gruppo con qualche avventura per riempire i buchi, mentre ora è diventato il libro dei miei itinerari. Beh, suggeritelo agli amici ciclisti :)

Bonassola, ed è finalmente mare!

Panorama accrocchiato della salita Levanto-colle di Gritta

La statua del gigante a Monterosso Fegina


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