Panorami incredibili al monte Lesima

il 11/09/2017 · Commenti disabilitati su Panorami incredibili al monte Lesima

3 settembre 2017

Le precipitazioni del giorno precedente hanno pulito l’aria, la giornata è classificabile solamente come “limpida” ma è perfetta per un trail sino al monte Lesima, vetta che dai suoi 1724m offre notevoli panorami disponibili anche ai ciclisti che affrontano le sue dure rampe finali.

Siamo in 4, io Elisa e le nuove conoscenze di Federica e Lorenzo che già conoscono i sentieri ma ne approfittano per un’escursione degna di nota.Partiamo da Bocco subito in salita durissima, i primi 2km verso cima Colletta hanno una pendenza attorno al 23% tra pietra e bosco, ma da lassù la vista è ottima, la valle Staffora è piccola ed intera di fronte a noi e Lesima e Penice svettano rispetto alle altre cime di questo ultimo lembo di Lombardia. Non è limpidissimo dicevo, ma possiamo distinguere i grattacieli di Milano ed intravedere tutte le prealpi.

Si sale verso Cima Colletta
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Valle Staffora da Cima Colletta
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E si corre verso la vetta del Lesima
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Continuaimo in singoli sentieri con saliscendi talvolta coperti da un denso bosco e talvolta con tratti in discesa tecnici in cui balziamo da roccia a roccia. Il Lesima si avvicina maestoso, ma per raggiungerlo abbiamo davanti un ripido strappo sino all’antecima del Tartago, dalla quale ci sentiamo già i padroni dell’ Oltrepò. L’ultima rampa è in comune coi ciclisti e ben nota al sottoscritto, ma mai avrei pensato di riuscire a correre ammirando il mar Ligure dalla provincia di Pavia! Ed invece la linea blu del mare è ben visibile laggiù e dalla vetta si apre una vista incredibile che solo questo monte sa regalare.
Il mare non è appena intuibile, è molto nitido e la visuale ampia si spinge sino al golfo di Savona solcato da una nave da crociera. Ma non solo, vediamo due figure rocciose che inizialmente confondiamo con la Corsica e, addirittura, l’isola d’Elba! Col senno del poi scoprirò trattarsi delle Isole di Capraia e Gorgogna, più vicine ma pur sempre facenti parte dell’arcipelago toscano, mica bruscolini! Le Alpi non sono nitide, ma già distinguiamo quelle del bresciano e quelle piemontesi, e non ci sono solo loro ma anche i “nostri” monti Chiappo, Ebro, Giarolo, Tobbio, Maggiorasca, le valli della zona tra cui la bellissima Trebbia, i paeselli protetti da questi alti monti ed un dirupo così ripido da fare impressione. Qualcosa che rasenta il nirvana, qualcosa che se non fosse per il primo fresco autunnale avremmo ammirato a lungo.

Ci siamo quasi!
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Wow che vista
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Eccoci noi 4
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Ed invece dobbiamo scendere, siamo vestiti troppo leggeri e manca ancora molto alla fine, seppure sia quasi tutta discesa. Ma mentre in bici la discesa è riposo, a piedi è solo ulteriore fatica e tecnica per decidere dove mettere i piedi mentre si è al 30% su pietre e sassi. Il rischio storta è sempre dietro l’angolo e bisogna fare attenzione, ma poi ritornando nel bosco il sentiero diventa più agevole e riusciamo a scendere meglio nonostante le vacche libere al pascolo.Faccio scoprire agli altri dei bei tagli che evitano il bitume ed arriviamo velocemente a Corbesassi da dove ci mancano solo alcuni chilometri
di leggera salita che però, complice la stanchezza, scorrono piuttosto lenti.
Alla fine saranno 18,5km e 1100m d+, inimmaginabili in bici ma con panorami veramente super

Ora si scende, spettacolare anche da qui
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Mucche in libertà
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Corbesassi, manca ancora qualche km
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Turchino, Faiallo, Beigua e mare

il 13/01/2016 · Commenti disabilitati su Turchino, Faiallo, Beigua e mare

14 novembre

Il mondo occidentale è stato appena sconvolto dai fatti di Parigi, io per fortuna lo sono stato meno del temuto dai commenti letti su internet a proposito del miliardo e mezzo di musulmani al mondo (commenti a dir poco banalizzanti e stupidi tipo “sono tutti terroristi”, “sterminiamoli”, “ci hanno dichiarato guerra”. E’ un problema dalle mille sfaccettature di difficile comprensione, ma in fondo invidio quelli che hanno la soluzione pronta per tutto).
Ritornando a questioni molto più frivole, io sono ancora sconvolto dalle due pizze della sera precedente (“faccio carburante per domani”) e da un clima impazzito con temperature primaverili in montagna ed una fitta nebbia che abbandono solo addentrandomi nell’ Appennino ad Ovada. Anche oggi è la giornata perfetta per prendere la macchina e trasferirsi verso la Liguria per un altro dei giri classici di queste parti, quello di Faiallo-Beigua-Turchino con una variante non ancora sperimentata.

Parto da Masone, con questa temperatura la giacca invernale su abbigliamento estivo è fino eccessiva, ma almeno è comoda in discesa.
L’inizio è quello classico che ogni anno porta i ciclisti della Milano-Sanremo a vedere il mare, 2km di salita facile fino al nuovo e più largo tunnel del Turchino che ha soppiantato quello vecchio e stretto budello che collega due mondi talvolta in netto contrasto climatico. Non oggi però, fa caldo a nord e a sud di esso, mi fa solo un’infinita tristezza vedere il passaggio storico ormai sbarrato ed abbandonato come una vecchia star che non riscuote più successo.
Il Faiallo è la naturale prosecuzione del Turchino, una continua e lunga salita vista mare, dapprima in un rado bosco e poi scoperta, una piccola strada a due corsie avvinghiata ai pendii meridionali scavati dalle forze della natura sui quali si alternano rocce spioventi ed arbusti aggrappati alle ripide pendenze. Uno dei passi più belli della zona, dai sentori alpini che riesce comunque ad emozionarmi nonostante i miei tanti passaggi. Non ho molto da dire sulle difficoltà altimetriche, sino al Bric del Dente è continua e pedalabile, poi si avvalla e lì raggiungo un biker valtellinese che come me ha sfidato la nebbia e come il sottoscritto sta andando verso il monte Beigua, ma per tutt’altra via. Raggiungiamo il passo assieme parlando di gare, podismo ed agonismo, ci salutiamo sapendo che anche a lui spetteranno strade rovinate, ma per me su un asfalto con qualche buca di troppo: ancora si leggono sui cartelli degli insulti per la scarsa manutenzione che fortunatamente hanno spronato un parziale miglioramento.

Al bivio di Urbe il giro classico prevede la scalata diretta al monte Beigua, ma stavolta provo un’ alternativa più lunga che passa attraverso La Carta, un valico che porta a Sassello e che non avevo notato nello studio preventivo del percorso, una difficoltà altimetrica non trascurabile che sale di 200m in 5km scarsi. Nulla di preoccupante, qualche tornante nel bosco su una strada poco trafficata sino all’ imbocco con la salita successiva a Piampaludo che al contrario presenta da subito pendenze decise di mio maggiore gradimento. Il bosco in formato autunnale contrasta con la temperatura piacevole circostante, vestito con la giacca sudo e proseguo con maniche sollevate e zip aperta per far traspirare il motore surriscaldato da questo tratto che termina a Veirera, altro sperduto paesello nel versante nord dei monti liguri.
Prima di ricongiungermi al classico versante scendo di quota arrivando a Piampaludo rilassato per il successivo tratto, quello eternamente in ombra orografica e vegetativa, in cui occasionali massi neri spuntano dal mare di foglie rosse su cui una striscia di bitume viene continuamente interrotta da buche grosse e piccole. Sino al rifugio del parco del Beigua è un seguirsi di strappetti e pianori, poi la fretta di finire ha fatto tracciare una riga quasi diritta verso i 1287m della vetta su cui sorgono (giustamente) una serie di antenne di trasmissione televisiva. Si deve spingere su punte de 14%, ma arrivo lassù e vi trovo due elementi tipici de posto: tanti bikers anche stranieri, che qui vengono per godersi lunghe discese sterrate, e la nebbia marittima.

Mi fermo per qualche minuto utile a reintegrare giusto qualche caloria e per delle foto, purtroppo la nuvolaglia sparsa blocca la visione del mare ed oggi c’è poco di panoramico. La discesa la ricordavo peggiore, è sempre il solito budello nel bosco tutto bucato, ma i fori sono sottili e le vibrazioni controllabili tra curve e controcurve al 10%. Ad Alpicella ritorno a vie di comunicazioni più civili e larghe che spedite mi portano all’obbiettivo solo sfiorato nei giri liguri precedenti: il mare! E’ bello e strano vederlo così da vicino, respirarne la salsedine e vedere ancora le persone in spiaggia a metà novembre! E a questo punto mi parte l’embolo, voglio anch’io fare il bagno a novembre! Ma ragionando sulle difficoltà tecniche desisto un attimo ripartendo e scalando i due capi, Piani di Invrea e Colletta di Arenzano, due salitelle facili da 60m verticali che danno pepe all’Aurelia. Ma ad Arenzano prendo coraggio e … non mi tuffo, sarebbe veramente troppo, ma appoggio bici e scarpe in spiaggia ed immergo le gambe sino alle ginocchia in un’acqua limpida ed ancora calda, è una goduria! Per pulirmi uso l’acqua della borraccia e poi coi piedi ancora umidi mi rimetto le scarpe e pedalo salato sino a Voltri, all’addio (o arrivederci?) alle spiagge e all’imbocco del Turchino, che nel versante ufficiale è una salita da 500m continua e molto frequentata, ma che ha una sorella molto più desolata ed affascinante attraverso Acquasanta.

L’inizio è un budello lungo il torrentello ononimo, il paese invece è un centro termale con vasche all’aperto, un enorme santuario ed un impressionante viadotto ferroviario in muratura. Una visita superficiale è obbligatoria, poi riempio la borraccia precedentemente usata per lavarmi dalla sabbia e riparto per la seconda e ben più dura parte attraverso i boschi che qui crescono indisturbati. Il cielo si è fatto nuvoloso ma la parte selvaggia della Liguria si tiene in mostra nei tratti più scoperti, con qualche occasionale casa isolata che interrompe la monotonia e che mi interroga su chi possa volere vivere qui, quantomeno per la scomodità della posizione. Il mio primo passaggio risale al 2008, ed oggi è il secondo. La stanchezza si fa sentire, ma la fine sempre più vicina è di conforto ed il passo arriva all’ improvviso e senza cartelli. Panorami zero, da qui manca veramente poco al rientro a Masone, 3km di sola discesa.

E’ fatta, questo altro grande classico rivisto è completato ed è forse migliore dell’ originale! Mi cambio quasi tutto in piazza davanti ad un bar, e poi giustamente mi gratifico con una merenda brioche più caffè, prima del rientro nella densa e terribile nebbia abbandonata in pianura. La prossima settimana dovrebbe far brutto, ma per domani ho già un’idea particolare…

104km, 2400m

Il Turchino così fa tristezza
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Panoramica salendo al Faiallo
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Altra panoramica del passo Faiallo
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Foglie di un autunno che non c’è al monte Beigua
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Le antenne poste in cima al monte Beigua
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Il bagno in mare era obbligatorio!
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La spiaggia a Cogoleto
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Viadotto ferroviario ad Acquasanta
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Apoteosi ligure, parte 2 (Beigua-Guardia-Bocchetta)

il 24/07/2012 · Commenti disabilitati su Apoteosi ligure, parte 2 (Beigua-Guardia-Bocchetta)

Ritornato nell’ entroterra ritorna a splendere il sole, ma so che salendo verso il Beigua reincontrerò la famigerata nebbia… A Vara inferiore intraprendo una
stradina sconosciuta ai più che percorsa in autunno si trasforma una fantastica galleria boschiva giallo/arancio che scorre su un tappeto di castagne, ma che
anche adesso garantisce una bella ombra e comunque pendenze da non sottovalutare. E’ divisa in due parti intervallate da una discesa, terminata la quale trovo dei massi a chiudere la strada… C’era un cartello che indicava strada interrotta, ma esso era coperto da una rete e perciò l’ho ignorato. Ma non posso certo ignorare la totale mancanza del ponte, non sono dotato della capacità di volo come ET nel famoso film e perciò non ho molta scelta se non tornare indietro, oppure… guardando meglio c’è un sentierino a lato che scende verso il torrente, il quale sembra in qualche modo guadabile. Tornare indietro mi farebbe perdere troppo tempo, allora prendo il velocipede in mano, mi tolgo le scarpe riponendole nelle tasche e passo dopo passo appoggio i piedi sui sassi istabili che spuntano dall’ acqua e supero il tratto senza bagnarmi, salvaguardando calzature e kilometri, con ancora un bel pezzetto al 10% prima di giungere a Pianpaludo, paesino alle pendici settentrionali di questa vetta ligure.

La salita non è nulla di complicato, fatta eccezione di alcune voragini e di una nebbia che pian piano comincia a riavvolgere tutto rendendo l’ ambiente buio e surreale al punto di dover togliere gli occhiali per poter distinguere l’ asfalto dalle buche. Verso la fine si esce dal bosco e la luminosità aumenta lasciando ben visibile le correnti calde umide provenienti dal mare che qui incontrano l’ aria più fredda condensandosi. Arrivo alla cima ed il paesaggio è quello tipico del Beigua, parlando con un anziano che ha lavorato qui a lungo ottengo un’ ulteriore conferma che qui il sole è un evento eccezionale…
La discesa la ricordavo peggiore, è sempre stretta con punti larghi tre metri, ripida, con qualche buca, asfalto umido e pure la nebbia, tanto che alla fine le mani duolgono, ma mi ricordavo più buchi… Al sole marino di Alpicella riempio la borraccia e mi infilo in un’ altra stradina poco conosciuta che taglia via Varazze e Cogoleto, passando in una brulla valletta separata dal Tirreno da una schiera di collinette. Anche questa via è strettissima, a tratti rovinata e pure occasionalmente ripida, ed è la strada dell’ eremo del deserto. La carreggiata è così stretta che mi vedo obbligato a far manovra per far passare una macchina, evitandone al pelo un’ altra poco dopo. Ritorno alla civiltà a Lerca (sopra Cogoleto), ma prima di arrivare al mare imbocco un taglio che mi riporta all’ imbocco della colletta di Arenzano, che in questo modo sapientemente evito infilandomi uscendo sull’ Aurelia praticamente in cima.

Una veloce discesa mi riporta al caos turistico della Liguria, con centinaia di auto e moto di bagnanti parcheggiate alla meglio lungo la statale, ragazze carine in costume (ma tutte accompagnate) e l’ odore di salsedine che finalmente assaporo a pieni polmoni. Questo sino a Genova Pegli è l’ unico tratto di pianura, osservo un poco invidioso la massa sulla spiaggia, almeno sinché a Voltri non entro de facto a Genova, con semafori capannoni e cantieri portuali a completare il paesaggio. Non esistono cartelli stradali che indicano la mia prossima meta, ma me la sono studiata bene con Google street view e non dovrei perdermi, se non che ad un certo punto non capisco più dove mi trovi e rallento temendo di aver perso il bivio. So che la strada scorre a lato di un torrente che ancora non ho visto, ma mi assale il timore di essermelo perso sinché un ponte non mi fa capire di essere all’ ingresso di Pegli, proprio dove devo abbandonare la costa in direzione Madonna della Guardia!

La strada abbandona in fretta la civiltà, la Liguria qui mostra il suo altro aspetto fatto da casette ai bordi di torrenti in secca e circondate da alte vette ricoperte da una florida vegetazione. La salita sale tranquilla e solo dopo San Carlo Cese richiede un po’ di impegno, quando ormai la quota comincia ad essere interessante e quando Lencisa è ormai alle porte, paesino che arriva prima del previsto. Guardo verso l’ alto e vedo il santuario della Madonna della Guardia, non pensavo mancasse così tanto, ma lì devo andare e lì andrò! La velocità cala velocemente e la catena salta sull’ ultimo rapporto disponibile, le pendenze sono nettamente a doppia cifra ed ora sto cominciando a patire la fatica di un tragitto già impegnativo, fatica che esplode sul famoso muro finale in pavée con punte del 16%. Ma arrivare in cima merita come sempre, a parte qualche nuvola svolazzante sopra la città il panorama è splendido e Genova si mostra brillante come poche altre volte.
Finisco le scorte alimentari (il pollo alla griglia del Faiallo mi ha rovinato i piani) e scendo sperando di recuperare in vista della Bocchetta, una delle salite che preferisco con pendenze a me congeniali tra l’8% ed il 10% ed alcuni tratti in cui rifiatare.

La Bocchetta appunto… Ormai conosco bene queste strade e trovo subito l’ imbocco nonostante i sensi unici di Campomorone, l’ inizio respinge indietro chi non si merita di domarla ed io comunque fatico a reggere un buon ritmo su questa ripida via cittadina, ma il peggio passa e dopo qualche chilometro in cui cerco di forzare l’ andatura per battere il mio record risalente al 2005 finalmente spiana e, purtroppo, ne approfitto per bere e rifiatare.
Il secondo tratto è meno complicato di quello iniziale, ma qui la spia entra in riserva sparata e mio malgrado devo diminuire lo sforzo tenendomi idratato e cercando di salvare la gamba in attesa del secondo pezzo piano a Pietralavezzara. Ma non c’è niente da fare, quando la luce si fa fioca l’ unica possibilità è salire al risparmio cercando di sopravvivere, metto la catena sul 27 ed ogni tanto smetto di pedalare, trovandomi praticamente fermo dopo 2 metri con l’ ulteriore consumo energetico per riprendere velocità. Capiamoci… non è nulla di epico o proibitivo, solo stanchezza che non mi permette di superare i 10 orari in tratti al 9/10%, ma salire quando la gamba non risponde è in ogni caso una difficoltà mentale da superare e sopportare sinché il cartello indicante i 772m del passo della Bocchetta non scorre alla mia destra.
E’ fatta, ora mi resta la discesa ombreggiata e divertente nel primo tratto e diritta e tutta da pedalare nel secondo, ma le difficoltà sono finite e l’ unico dislivello restante arriva poco prima della fine, su un infido ponticello.
In totale 154km e 4000m di dislivello, 3° giro più duro di sempre e soprattutto la coronazione di un percorso che ha visto 5 delle mie salite preferite tutte insieme!

Ecco il ponte che non c’è…

Non è il set di un horror/zombie, ma il Beigua ai 1000m di quota

Belin! Zena

Fine delle fatiche

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