Nell’ alto Monferrato di Acqui Terme

il 16/10/2010 · 1 Comments

26/09

Continua la mia esplorazione dell’ alto Monferrato in zona Acqui Terme. Purtroppo questa volta posso contare solo su qualche suggerimento del buon Guzzi, che mi consiglia di passare attverso Montechiaro d’ Acqui e Pareto, poi per il resto mi affido completamente a Google maps. In teoria questo sarà il giro più lungo del 2010, mettendo pure in conto pure alcune deviazioni impreviste dovute a smarrimenti.

La partenza è subito sul duro pavèe del ponte sull’ Erro, la borraccia sputa acqua bagnandomi le gambe e da dietro qualcuno suona con insistenza, ma cosa pretende? Nulla, subito dopo mi urla “hai perso qualcosa!”, capisco subito che deve essere il borsello della camera d’aria che ormai alle prime vibrazioni si stacca. Ed ecco che le tasche sono ancora più piene tra merendine, il gilet che si rivelerà inutile e la fotocamera.
A Visone inizia la prima salita, dopo il fondovalle arrivo agevolmente a Grognardo alla ricerca della strada per Ponzone, ma capendomi male con alcuni locali ritorno sulla vecchia via principale salendo fino a Morbello. La strada è persa, per arrivare a Ponzone dovrò rifarmi 2 salite già affrontate 2 settimane fa. Cerco di scollegare il cervello mentre sfido pendenze anche superiori al 10% nel bosco, così da far passare più in fretta il tempo fino all’ arrivo a Zerba, dalla quale approccio una discesa mettendoci poco a capire che ho risbagliato strada! Il danno è minimo, da Acqui Terme mi ricongiungo comunque al mio itinerario originale dopo qualche km di fondovalle, salendo poi tra ampi tornanti immersi nei vitigni con le dolci colline che abbracciano questo importante centro dell’ alto Monferrato.
A Castelletto d’ Erro posso dirmi sul crinale che separa la valle d’ Erro dalla val Bormida di Spigno, un avviso di strada chiusa mi consiglia di andare diretto a Montechiaro d’Acqui, proseguendo sulla strada su cui i tratti che salgono sono spesso interrotti da brevi contropendenze. Quando la via si lancia finalmente decisa verso la valle io rimango in quota come suggerito da Guzzi, con un panorama che diventa uno spettacolo pirotecnico di calanchi sul bordo di una stradina che sembra essere li con il solo destino di crollare… Si sale e si scende senza soluzione di continuità sino a Pareto, dove chiedo lumi per andare a Squaneto, intrufolandomi su una via stretta con strappetti ruvidi in un fitto bosco.
Arrivo al bivio di fine discesa e controllo la cartina, l’ istinto mi dice di andare a destra, ma la mappa dice a sinistra ed io mi fido di Google aggiungendo una tacca al mio enorme elenco di scalate. Qualcosa però non torna, il sole dovrebbe essere dall’ altra parte e non sono assolutamente convinto della direzione, tanto da tornare indietro e chiedere aiuto all’ unica persona che incontro in queste zone semi-deserte. Nonostante le esaudienti spiegazioni non riesco assolutamente a capire dove mi trovi, ma so che andando dritto ritorno a Pareto da dove posso orientarmi. Alcuni dei tanti calanchi mi accolgono dopo una facile salita, seguo la via che precedentemente avevo abbandonato e scendo a Mioglia, che originariamente avrei dovuto raggiungere in salita.
Una lunga valle mi porta a Pontinvrea, ora sto seguendo l’ itinerario iniziale sebbene in direzione opposta puntando direttamente verso Sassello. Il vento contrario non aiuta quando si sale all’ 1-2%, tirare il 50 è faticoso e alcuni strappetti mi consigliano di far scendere la catena sul più adatto 34. Arrivo a Giovo Ligure, poco più in alto c’è il famoso colle che sovrasta Savona, ma ora mi aspetta la discesa! Almeno è ciò che penso, finchè non salgo ancora…
Guardandomi a destra ricevo un’ inaspettata piacevole sorpresa, il mar Ligure si mostra limpido ai miei occhi riempiendomi di soddisfazione, mai mi sarei aspettato un impatto, seppur brevissimo, col blu Ligure. Arrivo a Sassello in un battibaleno, prendo qualche amaretto nello stesso negozio dell’ altra volta sperando di salutare la signora, purtroppo assente, quindi riparto verso il Bric Berton.

La salita ci mette un po’ ad ingranare, ma poi si fa valere soprattutto dopo il bivio, dove un bel km al 10% mi impegna leggermente. Il cielo sinora limpido si sta coprendo, una compatta nuvolaglia da ovest oscura il cielo senza però minacciare precipitazioni. Approfitto di un’ area di sosta poco dopo il passo per pensare al resto dell’ itinerario, ho ancora il tempo per allungare e decido di sfidare l’ orientamento ricercando quella che sarebbe dovuta essere la prima salita di giornata, scendendo da Ponzone verso Morbello e Grognardo.
La strada per Ponzone fatta al contrario offre numerosi spunti di relax, ma in questo verso è odiosa coi suoi strappetti che prima mi obbligano a pestare sul 50, poi a scalare sul 34 e a salire in agilità. Ritrovo la via dell’ andata sfidando le pendenze di Morbello, quindi arrivo velocemente a Grognardo dove trovo finalmente la salita per Ciglione, non senza l’ aiuto di alcuni abitanti intenti ad osservare dei ragazzini intenti a scambiarsi colpi a tennis nella piccola piazza in discesa. Capisco subito che l’ aver sbagliato strada si è rivelato una fortuna, l’ asfalto è talmente rugoso da far sobbalzare la bicicletta nonostante la bassa velocità a cui mi obbligano le impegnative inclinazioni. Sentirsi però dire dopo 140km e almeno 3000m di dislivello “bravo bravo, si vede che lei ha delle belle gambe!” non ha prezzo! Questa infusione di ottimismo mi aiuta ad aggredire la strada che sale costantemente al 12% sino a Ciglione, dove per l’ ultima volta di questa giornata sbaglio strada finendo quasi in una sterrata nella parte bassa del paese. Poco male, è una (inutile) salita extra al mio elenco che mi ha permesso di arrivare a 900 a metà Ottobre. Scendo nuovamente ad Acqui Terme e nonostante i miei dubbi trovo subito la strada in cui ho parcheggiato.
In totale 156km ed almeno 3100m di dislivello!

La salita nel bosco dopo Morsasco

L’ Erro e la parte bassa della valle

Panorama collinare da Montechiaro d’ Acqui

La zona estremamente calanchiva tra Tupino e Pareto

La strada dei calanchi

Sapore di mare …

Tra Ovada ed Acqui Terme

il 09/10/2010 · Commenti disabilitati su Tra Ovada ed Acqui Terme

11/09/2010

Come esco dall’ autostrada noto l’ ipermercato a fianco, è inutile avanzare alla ricerca di un posteggio con tale abbondanza a portata di mano. Fa niente se allungo di 3km e se domani ci sarà il giro della valle Staffora, questo mi sembra un buon posto. L’ itinerario si snoda prima sulle collinette a sud di Ovada, poi in quelle più alte tra le valli Orba e Bormida, è un giro ricco di salite nuove suggerito parzialmente da Andrea Viterbori e Marco Guzzinati.

Dopo pochi km esco da Ovada dirigendomi verso la pianura, le numerose buche mi fanno sentire a casa, ma sulla sinistra c’è Rocca Grimalda che svetta su uno sperone raggiunto da uno strappo che mi manda in affanno nella parte finale. La vista panoramica sulle prime colline e su Ovada è bella, ma il giro è ancora lungo e quindi riparto poco dopo verso Carpaneto. Mi trovo sulle collinette dell’ alto Monferrato, le salite qui sono brevi e facili, con poco dislivello e poca pendenza portano dal basso sino a paesi fortificati ognuno con il loro personale castello. Carpeneto, Morsasco e Trisobbio, 3 salite con complessivi 200m o poco più di dislivello, intervallati solo da pochissima pianura.

Ritorno sulla statale e supero il passaggio a livello di Prasco, da qui panorami e strade cambiano improvvisamente. Sino alla parte alta del paese le pendenze sono contenute entro il 6%, dopo si svolta in tutti i sensi… Si comincia a rampare sù con la carreggiata che si restringe quando entra nel bosco, protetta da formazioni rocciose sedimentarie su cui le radici tentano di intrufolarsi, salendo a volte con calma, a volte con decisione. Per fortuna la segnaletica è buona e corrisponde sempre alla mia cartina, l’ unico dubbio viene a Morbello, dove la discesa che devo prendere sembra una stradina senza fondo.
Svalico un piccolo crinale su alcune interessanti rampe in un fitto bosco, poi salgo di nuovo verso Ponzone, un paesone sul crinale deturpato da grossi condomini con vista verso la val Bormida. Mi butto in picchiata verso la valle e ne risalgo il corso cercando il bivio per Cimaferle, raggiunta da una bella e ripida salita fortemente consigliatami da Guzzi. Il panorama cambia in fretta, passo dalle colline incolte al classico aspetto brullo e roccioso dell’ entroterra Savonese, col torrente che scorre a sinistra e le pareti verticali sulla destra. Sono così confidente sulla segnaletica che non trovo il bivio e proseguo sempre diritto fino a superare il cartello “provincia di Savona” dove capisco di aver perso l’ incrocio, ma visto che è da tanto che vorrei passare a Sassello, ci arrivo.
L’ amaretto è il comune denominatore di questo posto, 3 negozi affiancati vendono i loro prodotti incuranti della concorrenza, e già che ci sono ne approfitto per assaggiare gli ottimi dolci locali, dopo aver chiesto e ricevuto in maniera esaudiente tutte le informazioni sulla salita da compiere dalla proprietaria del negozio, in un misto di ammirazione ed apprensione per me a causa delle pendenze che voglio affrontare. Gli amaretti mi lasciano l’ amaro in bocca (giustamente direi), li assaporo mentre scendo spedito sino al bivio che avevo precedentemente mancato.

Lassù vedo delle antenne, troppo alte per essere il mio obbiettivo, ma dopo non molto la salita mi mostra il suo vero aspetto con diverse centinaia di metri che mi rendono fiero di non aver fatto togliere il 27. Si spiana, ma subito dopo si ricomincia con un continuo variare di difficoltà che mi porta in pochi kilometri sino a quelle antenne e a Cimaferle, la fine della salita.
Sbuco sulla strada che collega Acqui Terme col Bric Berton, seguendola lungo il crinale salirò più del dovuto a causa dei vari saliscendi. Quasi subito mi accorgo che la ruota posteriore fa uno strano rumore, dopo qualche imprecazione per una temuta foratura mi accerto che sia tutto a posto, forse è la strada penso, ma quando risento quel rumore con il cerchione che traballa controllo meglio e scopro che in un punto ha ceduto e si intravede la tela! La camera d’aria è ancora ben protetta, non dovrei bucare, ma è meglio proseguire senza deviazioni e facendo attenzione. Scendo con cautela dal Bric Berton, diventato famoso grazie ad alcuni passaggi alternativi al Turchino alla Milano-Sanremo, ma poi mi aspetta una salita inaspettata in direzione Urbe.
La ruota sembra reggere bene, tanto che seguo il percorso originale con la salita di Acquabianca. La discesa verso Tiglieto è snervante, uno strappetto si presenta ogni 3×2… Peggio ancora è la valle Orba, io pensavo di scendere e invece trovo alcuni strappi e addirittura 1km abbondante su sterrato battuto, quello che ci voleva con la mia ruota… Il resto prosegue in questa stretta vallata nella quale un tempo c’era una diga, che ha ceduto a causa delle intense pioggie inondando i paesi lungo il corso del torrente, provocando anche numerose vittime.
Non ho pace, mi sembra addirittura di guadagnare quota da quanti sono i cambi di ritmo, inoltre mi fermo a sgonfiare la ruota dietro visto che la tela è ormai uscita e non so quanto possa reggere. A Molare questa tortura finalmente finisce, mi mancano solo pochi km verso Ovada nei quali spero di non rimanere appiedato, speranza che stranamente viene realizzata.

In totale 142km e 2400m di dislivello.

Vista verso Ovada (sulla destra) dalla terrazza panoramica di Rocca Grimalda


Zona Ponzone con la valle Erro in basso ed il Monviso sullo sfondo


Bormida dal ponte verso Cimaferle

Dopo un attimo di riposo si riprende ad arrancare


Valle Orba e Tiglieto sullo sfondo

Ho fatto 80km con la ruota così

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