4 giri assolutamente da fare

il 22/02/2012 · Commenti disabilitati su 4 giri assolutamente da fare

Attualmente sono fermo da più di un mese, vuoi per il freddo non certo consono agli inverni padani, vuoi soprattutto per una fastidiosa tendinite al ginocchio esterno che non disturba la vita normale, ma che non riesce a guarire, la posizione peggiore per il recupero è quella che tengo per 8 ore dentro al letto… Mi sfogo con qualche chilometro giornaliero di cyclette, un palliativo per mantenere il fisico un po’ attivo…

Non ho nulla di nuovo da raccontare, e ormai nemmeno di vecchio, ne approfitto per consigliarvi alcuni giri bellissimi, alcuni epici, altri che consiglio fortemente, sperando anche nell’ aiuto di altri che meglio di me conoscono le Alpi (dove trovare i migliori anelli se non nelle Alpi?).

La Susa-Susa:
Questo è senza dubbio uno dei più epici anelli alpini, piuttosto lungo e difficile, ma fattibile da un amatore con un po’ di allenamento. La partenza consigliata per noi italiani è a Susa, si parte in salita con il Moncenisio, una salita che non si trova nell’ elenco delle celeberrime, ma che presenta 1600m di dislivello con pendenze costanti e mai banali che termina lungo il lago artificiale ad oltre 2000m di quota. Una veloce discesa porta a Lansebourg Mont-Cenis, poi si scende per 40km lungo la valle Arc sino a S. Michel de Maurien, dove inizia una delle regine della Francia, il Galibier, 18km di cui 12 costanti al 9% in un paesaggio maestoso. Ma prima c’è il Col du Telegraphe, 800m di dislivello in 12km, mica bazzeccole!
La prima parte di discesa porta al col du Lautaret, la seconda è su una strada larga in cui sembra di volare sino a Briançon. Il grosso è fatto, ma manca ancora il Monginevro, 500m verticali pedalabili su una strada trafficata ma piuttosto larga. Da Cesana torinese è falsopiano, c’è discesa vera solo rientrando a Susa, quando ormai è fatta.
E’ un giro molto bello che però va fatto in gruppo, è facile trovare un forte vento contrario tra Moncenisio e Galibier e nel tratto Monginevro-Susa, mentre questo vento è spesso favorevole dal Lautaret a Briançon. In tutto sono 206km e 4500m di dislivello.

I miei racconti: http://giriesalite.altervista.org/?p=1342  e  http://giriesalite.altervista.org/?p=1352

Il Trittico svizzero (Gottardo-Furka-Novena):
Il giro perfetto, 3000m di dislivello in 100km. Si parte da Airolo, l’ ultimo avamposto del canton Ticino, si sale subito verso il passo San Gottardo, crocevia tra Europa settentrionale e meridionale, la vecchia via nella parte finale è molto tortuosa con infinite curve e più chilometri completamente in pavèe, una salita assolutamente da fare! Il Gottardo è un passo molto freddo, spesso spira un vento gelido, consiglio di portare sempre un capo d’abbigliamento in più.
Il bivio del Furka arriva a discesa non ancora finita, un breve falsopiano precede la salita vera e propria, la più facile delle 3, con ripidità nella media ed un lungo falsopiano finale. La discesa fa intuire che l’ altro versante è nettamente più duro e bello, si scende sino ad Ulrichen dove inizia il Nufenen (o Novena in italiano), la più dura delle 3 con troppi tornanti finali che non lasciano respiro a chi a questo punto è già stanco. Dai 2400m del passo ai 1000 di Airolo è tutta discesa.
I panorami sulle grandi vette alpine, sui ghiacciai e la storia di questo percorso lo rendono obbligatorio ad un ciclista che si rispetti, inoltre essendo corto lo si riesce a fare anche in un pomeriggio.

Il mio racconto: http://giriesalite.altervista.org/?p=511

Mortirolo+Gavia:
Questa accoppiata è un must per chi si trova in Valtellina, si scalano 2 delle più famose salite italiane in 120km e 3390m di dislivello.
La partenza migliore è da Bormio, c’è abbastanza strada per scaldarsi in vista dei 12.5km al 10.5% del Mortirolo, c’è una salitella adatta a rompere il fiato e pure molta discesa per non sprecare energie. Il Mortirolo non è proibitivo, non ha picchi impossibili, bisogna adattarsi ad un rapportino agile e salire senza strafare. La discesa verso Edolo è abbastanza tecnica, da Edolo sino a Ponte di Legno è tutto falsopiano in cui volendo si possono tirare i rapportoni.
L’ inizio del Gavia è banale, ma è dopo la sbarra che la strada si restringe e rende la vita difficile, tanto da assomigliare al Mortirolo. Quando si esce dal bosco le pendenze calano su valori normali, non è una salita durissima che però non regala niente, 1400m di dislivello dopo il Mortirolo non sono da sottovalutare. C’è anche la galleria, 200m completamente bui in cui è utile avere una torcia o almeno una lucina, altrimenti bisogna fare affidamento ai catarifrangenti laterali e alle auto/moto di passaggio.
La discesa del Gavia sino a S.Caterina non è bellissima, poi sino a Bormio diventa un rettilineo un po’ curvo in cui si scende forte senza pedalare, specie nella prima parte.
Edolo può essere una buona alternativa di partenza, ma c’è da stare attenti perché il Mortirolo dopo il Gavia è domabile, ma non perdona!

I miei racconti: http://giriesalite.altervista.org/?p=709 e http://giriesalite.altervista.org/?p=722

Bi-Stelvio:
Questo non è un anello classico, ma un modo per affrontare 2 versanti del più alto passo italiano, che dai suoi 2758m domina il ghiacciaio dell’ Ortles ed i mitici 48 tornanti del lato trentino. Si parte in salita da Bormio, l’ attraversamento del paese è il massimo per rodare la gamba prima che le pendenze inizino ad essere impegnative in un ambiente pienamente montano. Sebbene questo sia il versante meno nobile, è una egregia signora salita da 1500m di dislivello continui, con numerosi tornanti ed anche un tratto di 1km in cui rifiatare.
Giunti al passo si svolta indietro sino al bivio del Giogo di S.Maria, a 2500m di quota, dove si sconfina in Svizzera e si scende sino al paese di S. Maria. Si rientra in Italia in una larga vallata ripida che permette di rilassarsi, qualche chilometro piano porta sino a Prato allo Stelvio e del falsopiano conduce all’ inizio della vera salita, segnalata da un inquietante cartello con scritto “48” che ci ricorda quanto ci manca.
La prima parte è in un fitto bosco, ai 2200m si esce allo scoperto guardando sconcertati i rifugi lassù in alto ed i numerosi strettissimi tornanti che li raggiungono. Si sale costantemente al 9%, senza picchi e senza riposi. Dal passo poi è fatta, sino a Bormio è tutta discesa.
107km e 3400m di dislivello con 2 salite OBBLIGATORIE!

I miei racconti: http://giriesalite.altervista.org/?p=610  e  http://giriesalite.altervista.org/?p=624

Prossimamente altri suggerimenti di itinerari che adoro, non belli come quelli sopracitati, ma molto validi. O, come spero, altre descrizioni di giri mitici con l’ aiuto di chi voglia suggerirne altri.

Top 2010: posizioni 6-4

il 02/01/2011 · Commenti disabilitati su Top 2010: posizioni 6-4

6° posto: 06/06) Bedonia

L’ invito è molto allettante, un weekend di salite dispersi nell’ alto Appennino Parmense, lontani da tutto e tutti in una piccola frazione di Bedonia alla casa di montagna degli “Aresius”, circondati da alte vette e lunghe salite.
Io e Marco siamo arrivati sabato per pranzo, il primo giorno è stato di ambientazione con un giretto di 57km, è oggi 6 Giugno che ci aspetta il bello. Purtroppo Marco ha avuto problemi col copertone, è per questo motivo che non ci terrà compagna ripiegando su un itinerario più corto, mettendo una toppa al buco e sperando di non forare una terza volta. Noi 3 invece partiamo in direzione Bedonia al mattino, dopo la facile salita al passo Montevaccà ci buttiamo verso il paese che (si dice) un tempo deteneva il 2° posto in Europa per consumo di alcol pro-capite. Seguiamo la val Taro sino ad un bivio anonimo, dove inizia la difficile salita del passo del Chiodo, con alcuni tratti al 12% e punte del 16% in cui cerco di non strafare, vedendo Roberto pian piano avanzare e pedinando la ruota di Giulio nel falsopiano finale in una fitta pineta. Al passo incontriamo pure Marco, che da quel punto tornerà indietro.
Una discesa tecnica ci porta alla salita di Rezzoaglio, la più facile delle 3 dure del giorno, con soli 600m di dislivello. Me ne renderò conto solo dopo che lo scollinamento è a meno di 200m dal Tomarlo, volendo si potrebbe tornare subito indietro, ma le energie sono ancora tante, abbastanza per fermarmi a fare foto e ricevere una lezione di geografia sui monti della zona.
Un pranzetto a Santo Stefano è ciò che serve prima della discesa in val d’Aveto, è da tanto che ci sarei voluto passare e ci riesco partendo dalla provincia di Parma… Il piacere dura poco, ci aspetta la 3° salita dura che si chiama Crociglia (Chiodo, Crociglia, ieri Tomba ed il Colle dei Morti…), una stradina che sembra fine a se stessa e che invece continua in un fitto bosco sino a Torrio, poi la vista si apre nello stesso modo in cui la salita inasprisce, con gli ultimi lunghi km al 9-10% ed un clima molto umido che finalmente mi fa sentire un po’ di stanchezza.
Non è ancora finita, ci manca la parte finale del Tomarlo da Ferriere in cui ci diamo il cambio, la lunga discesa verso Anzola e la salitella finale di Fornolo, anche se mi sarebbero piaciuti ulteriori metri di dislivello!
In totale 117km e 3000m di dislivello

Perchè 6°? La foschia ha ridotto i panorami di pura montagna Appenninica, così come l’ umidità mi ha infastidito parecchio ed ho anche sottovalutato le mie possibilità, ma il giro è stato molto interessante su strade impegnative e lontano dal traffico, con belle discese ed Appennini a sovrastarci ovunque. Inoltre voglio premiare il weekend di vacanza che Roberto e Giulio ci hanno regalato in un posto così disperso da rendersene conto guardando il firmamento celeste, molto più lumisono di qualsiasi posto di pianura!
E’ solo per il buon ricordo degli altri giri che questo è così in basso.

Il gruppo al passo del Chiodo

Giulio nei tornanti che precedono Torrio, sulla salita del Crociglia

5° posto: 11/04) Noceto

La pioggia della notte fa scappare quasi tutti gli altri, a Noceto ci troviamo in 5 assieme ai ciclocorridori del campionato italiano di Duathlon, che però non centrano nulla con noi. Siamo sempre io e Marco, i 2 parmensi e questa volta c’è pure Gianluigi “Vette” per una cavalcata sulle colline Nocetane, 8 salite senza un intermezzo di pianura.
Il cielo si sta aprendo portandosi via le nuvole e la pioggia, spazzato da un freddo vento da nord che asciuga in fretta le strade bagnate, ma che anche tiene lontane le temperature primaverili. Dopo qualche kilometro di pianura entriamo sulla prima pedalabile salita, dove capiamo che oggi non sarà una semplice gita, le 3 successive sono più dure e quando mi stacco è solo per qualche scatto fotografico.
La cima Coppi arriva col Valico di S.Antonio, da dove si può godere di un bel panorama sulla pianura e dove un freddo vento trasversale ci sprona a scendere in fretta. A fine discesa ci fermiamo per il pranzo, la salita successiva inizia subito dopo e noi 5 restiamo in gruppo mentre digeriamo il panino. Anche il 6° colle lo affrontiamo insieme, ma ad un ritmo comunque elevato che tutti riescono a tenere.
Roberto fa un po’ di fatica a trovare il 7° strappo, un muro di 700m al 13% medio, in cui tiriamo a tutta ed arriviamo comunque insieme io, Roberto stesso e Gianluigi, con Marco e Giulio appena indietro. Finalmente un po’ di relax, ci sono 6-7km di falsopiano per respirare prima della scalata finale di Costamezzana. Io immagino che la fine sia in quel paese sul basso crinale delle ultime colline, invece con disappunto svoltiamo a destra e saliamo ancora con un fastidioso vento a favore che rende quasi inutile la scia. Sento che la spia ormai è in riserva, sfrutto per quanto possibile le ruote, ma quando la strada si impenna nei metri finali crollo definitivamente, gli altri scattano ed io invece arranco per raggiungerli. Anche nella foto si vede che ormai ho finito le forze, fatico anche a rimanere con gli altri nella pianura finale col vento contrario, vivendo come una liberazione il passaggio in paese ed il ritorno alle macchine. Ho pagato lo scarso fondo ed i pochi km nelle gambe, sebbene abbia tenuto delle buone velocità non ho ancora l’ allenamento giusto.
In totale 92km e 1800m di dislivello.

Perchè 5°? Perchè sono arrivato alla fine sconvolto, è stato il primo giro tirato dell’ anno e la competizione con gli altri 4 è sempre stata serrata. Il forte vento freddo ed il gruppo sempre unito anche in salita ha reso la giornata più epica. Inoltre il percorso è stato disegnato splendidamente con quel continuo salire e scendere!

La salita di Santa Lucia

Panorama sulla pianura dal Valico di Sant’Antonio

Noi 5 alla salita finale di Costamezzana – Gabbiano


4° posto:20/08) Bi-Stelvio

Le previsioni davano pioggia, ed in effetti ha piovuto in tutto il nord-ovest, ma non in alta Valtellina, dove al contrario c’è sempre stato uno splendido sole! Incoraggio Massimo ad alzarsi, dopo un’ abbondante colazione in hotel carichiamo la macchina e “vigliaccamente” ci trasferiamo da Sondalo a Bormio. Il menù del giorno è semplice, prevede un solo passo da 2 versanti, ma quando parliamo del Re Stelvio è sempre meglio non mancare di rispetto, il versante facile chiederà solo 90 minuti di pedalata, quello difficile anche 2 ore a ritmo tranquillo!
Il riscaldamento lo facciamo attraverso Bormio, Lui inizia alla fine del paese senza tanti giri di parole, si sale subito decisi tra pareti granitiche immense ed un traffico più sopportabile del previsto. Diverse gallerie ci accompagnano nel primo pezzo, alcune presentano dei tratti bui mentre altre passano sotto ad un rile incanalato che casca a lato. Il paesaggio è imponente, ci si sente veramente piccoli a stare in mezzo a tali giganti, ma questa sensazione rende la sfida ancora più epica, come se 2 piccoli Davide sfidassero Golia ad 80 colpi al minuto. Un’ occasione così va sfruttata, le soste fotografiche sono così numerose da rappresentare la principale fonte di ritardo, voglio rubare ogni possibile ricordo di questa giornata. Dopo un tornante più ripido vediamo uno zigzag che taglia la montagna, anche questo lato non scherza come sinuosità! Superati questi km ci aspetta un falsopiano che ci fa riprendere il fiato necessario a superare il Giogo di S.Maria ed arrivare lassù a 2758m.
Ci facciamo del male quando vediamo quella casetta la in fondo all’ inizio dei famosi tornanti finali da Prato, sapendo pure che solo ad arrivarci sarà lunga… Non fa nemmeno freddo, il vento ci infastidisce ma non soffriamo a scendere a S. Maria, l’ unico problema è dato dai tornanti sterrati in cui spavaldamente cerco di sorpassare Massimo, rischiando una scivolata. I tornanti li troviamo anche poco prima del paese, una serie continua che fa surriscaldare i freni. Seguiamo la valle, scopro con piacere che anche questo pezzo è molto bello, peccato che l’ elevata velocità lo faccia passare troppo in fretta.

A Prato mangiamo e ripartiamo, non siamo ancora a metà del dislivello e davanti a noi abbiamo una salita che ha fatto la storia, 1800m verso l’ alto senza sosta ci attendono, solo le prime fasi a lato del lussureggiante Rio Trafoi sono semplici, ma quando nel paese ononimo vediamo il cartello “48” capiamo che la musica cambia, d’ ora in avanti non ci sarà più alcun punto in cui respirare ed una crisi può essere letale. Come se Massimo non ne stesse già accusando i sintomi… Per sua fortuna si riprende e se non si fosse fermato ad aspettarmi lo avrei rivisto solo in cima, complici le innumerevoli foto all’ Ortles ed il mio calo fisiologico sulle salite molto lunge.
Prima pedaliamo in un verde bosco, è solo a quota 2200 che sbuchiamo allo scoperto, nel punto in cui inizia la più famosa serpentina d’ Italia. Capisco anche perchè lo Stelvio è così famoso, le sue curve ad U sono talmente strette che quelle a destra richiedono manovre anche in bicicletta per non trovarsi piantati al suo interno.
La mia condizione sta calando, faccio più fatica del previsto sulle continue pendenze al 9%, ma riesco comunque a salire decentemente e ad arrivare di nuovo ai 2758m del passo. La discesa non finisce mai, non sono del tutto lucido e preferisco rimanere a ruota di Massimo sino quasi alla fine, quando la sua barretta comincia a fare effetto.
Oggi ho consumato molto, ma stasera si prospetta una bella cenetta :)

In totale 109km e 3400m di dislivello

Perchè 4°?
La domanda da farsi è “perchè gli altri 3 giri sul podio”, ma a questo ci arriverò fra qualche giorno… E’ un giro altamente consigliato, duro ma fattibile, meno trafficato del previsto e bello anche dove non lo si aspetta, peccato che non l’ abbia affrontato con la facilità che mi aspettavo e che il versante di Prato sia stato un pochino meno spettacolare di quanto mi ero immaginato

L’ inizio del versante di Bormio

I tornanti del lato di Bormio

Il ghiacciaio dell’ Ortles
I famosissimi tornanti finali


Tripletta valtellina, giorno 2b: Prato – Stelvio

il 07/09/2010 · Commenti disabilitati su Tripletta valtellina, giorno 2b: Prato – Stelvio

20/08/2010

La prima parte la si può leggere qui: http://giriesalite.altervista.org/?p=610

Siamo a Santa Maria, la prima è compiuta, ora ci aspetta del falsopiano e la seconda scalata di giornata attraverso il mito dello Stelvio, quello con la S maiuscola e 48 tornanti. Decidiamo di mangiare in Italia per non avere problemi di cambio, perciò partiamo subito facendo solo una sosta a Munstar per riempire le borraccie. Il tempo è buono, non fa nè caldo nè freddo, l’ ideale per l’ impresa odierna. La strada lungo la valle del “Rom” è bella come immaginavo e nemmeno trafficata, inoltre una dolce discesa con sporadici tratti più ripidi ci spinge con forza verso il confine italiano, dove scambiamo un saluto coi finanzieri. Di bar nemmeno l’ ombra a Tubre, solo hotel da cui preferisco non andare per evitare l’ inculata, continuiamo quindi scambiandoci il turno in testa ora lungo un fitto bosco, ora su una vallata che si è aperta mostrandoci un mondo nuovo, quello delle montagne altoatesine, superando cartelli in tedesco ed italiano indicanti paesi come Merano, Glorenza, Malles e altri più piccoli in val Venosta, territori che conosco solo per sentito dire e che un giorno dovrò percorrere. Fortuna che le segnalazioni sono chiare e prendiamo subito il bivio giusto per Prato allo Stelvio, o meglio “Prad ad Stilfser”. Ed è qui che vediamo l’ unico tratto simil-pianura di questi 3 giorni, un drittone di 3-4 km con un dislivello minimo controllato dall’ occhio attento di un autovelox, che a noi non da problemi. Arriviamo a Prato e troviamo un bar, a fatica il ragazzo al bancone capisce cosa significhi “panino” e in un italiano veramente approssimato risponde che loro fanno birre, e ci consiglia dove cercarne un altro. Giriamo per Prato come due scemi fin quando capiamo che il grosso del paese è più avanti. Troviamo dove mangiare, un normale panino col formaggio ci rifocilla, mentre il lavandino del bagno mi aiuta a darmi una pulita.

Ed ora si va su, il Re Stelvio è li davanti a noi con 26km di salita che hanno fatto la storia del ciclismo grazie ai famosissimi 48 tornanti numerati che una volta usciti dal bosco si avvinghiano al lato nord della valle, regalando scorci da incubo, che diventano una favola una volta sconfitti. E’ la salita che Massimo stava tanto aspettando, e che anch’io rispetto visto che d’ ora in avanti non ci sarà nemmeno un metro in cui rifiatare. Si parte con il giusto riscaldamento su una leggera salita lungo il corso del rigoglioso rio Trafoi, una valanga d’ acqua fredda che ha scavato questa conca con le cime dell’ Ortles da un lato e la strada dall’ altro. Quando le pendenze si fanno importanti Massimo comincia a sentire i morsi di una crisi, lo stacco con troppa facilità ma penso che lo stia facendo solo per risparmiarsi, sebbene sia lui a confermarmi di non stare troppo bene. Sperando nella sua ripresa lo stacco e ne approfitto per delle foto, ora che la salita entra nel vivo con il primo tornante, il 48°. Passiamo attraverso Gomagoi dove superiamo uno straniero che sta salendo pian piano, se facciamo fatica noi, figuriamoci lui che probabilmente impiegherà 3 ore a completare la scalata!
La vista finalmente si amplia, stiamo ancora seguendo la valle ma cominciamo a prendere quota, con l’ Ortles che pian piano ci svela la sua bellezza composta di rocce scolpite dal tempo e di ghiacci eterni (per ora, global warming a parte). Ritardo perchè non posso non avere delle testimonianze di questa scalata, e fatico di seguito a raggiungere Massimo anche perchè rallentato da dei saluti a ciclisti eroici con almeno 10kg di bagagli a testa. Ci ricompattiamo solo perchè si è fermato ad aspettarmi, ma mi rendo conto che ora quello in forma calante sono io! Nulla di preoccupante al momento, solo qualche watt in meno del solito, ma i rapporti di forza tra di noi sono cambiati e fatico a recuperare il terreno dopo altri scatti all’ Ortles, ora più vicino che a Trafoi.
Da qui è vero Stelvio, siamo in un fitto bosco coi tornanti che ormai sono strettissimi, hanno passato il livello di curva a 180° e sono diventati “giri di boa”, che le auto devono prendere larghi e che anche in bici bisogna pennellare per non piantarsi all’ interno. La foresta ci fa compagnia sino a quote inconsuete per gli Appennini, solo dopo i 2000m si apre ai nostri occhi una delle visuali più famose al mondo. Per fortuna mia sono essenzialista, guardo in alto ma non mi scoraggio, perchè non mi importa di vedere i restanti 600m di dislivello, mi basta sapere che ci sono! Però, ancora 40 minuti almeno di salita sempre costante al 9% circa… Ma pian piano, salendo insieme superiamo la casa cantoniera e ci lanciamo per gli ultimi 500m di salita verticale, con diverse soste per salvare sulla fotocamera i sempre più numerosi tornanti precedenti e l’ Ortles che sembra man mano più vicino. Capisco anche perchè questi 48 tornanti sono mitici, è grazie al loro diametro minimo se questo versante è entrato nell’ olimpo delle Alpi, peccato che i camper ed ahimè alcune persone in macchina debbano fare manovra per superarli. Cominciamo pure a sentire delle sporadiche goccie, ma non mi preoccupo dato che non ci sono nuvole così consistenti da creare precipitazioni, ed infatti più che qualche pizzico non fanno.
Ci siamo quasi, dai, io sono in parziale crisi di qualsiasi cosa, ma la pedalata appesantita non compromette comunque gli ultimi km fatti a velocità discreta. Arriviamo assieme di nuovo al passo, è fatta! La bi-Stelvio è cosa nostra! Ma ho bisogno di mangiare qualcosa, non sono più al 100% della lucidità e una barretta rubata a Massimo mi aiuta a stargli a ruota per i primi km, dove scendo timoroso e con qualche sbavatura di troppo. La barretta fa il suo effetto e nel tratto finale prendo coraggio e scendo meglio, ma ovviamente senza prendere rischi sino a Bormio e alla macchina. Ci cambiamo, prendiamo un caffè e andiamo a sistemarci in hotel, perchè la giornata non è finita 😉
Totale del giorno: 107km, 3420m di dislivello.

Il tornante n° 48, il primo dello Stelvio


Il ghiacciaio dell’ Ortles visto dal basso


Ormai siamo già a 2300m circa


Ma ci aspetta ancora la parte più difficile


Il paesaggio è ammirevole e magnifico


Ormai è fatta, il grosso è sotto di noi


Panorama dell’ Ortles dalla vetta

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Purtroppo siamo solo noi 2, ma ormai quando sono in Valtellina è d’ obbligo andare a mangiare dalla “Giovanna”, la locanda val Grosina a Fusino, frazione di Grosio a 1200m di quota, che si raggiunge attraverso una salita piuttosto bella che taglia la montagna e che poi termina a vallata Eita. Noi affrontiamo ulteriori 600m di dislivello, ma stavolta in macchina e quando ci sediamo ci portano subito un tagliere di affettati che normalmente basta per 4 persone. Bresaola, lardo e altri salumi spariscono completamente, soprattutto per merito mio. Arrivano anche gli sciatt (praline di farina di grano saraceno fritte e contenenti formaggio fuso), anche in questo caso in quantità da 4 persone. Gli sciatt sono una droga, che peggio delle ciliege ti invitano a mangiarne uno in più. Mi trattengo a malincuore in attesa del resto, ma in proporzione un qualsiasi ristorante/pizzeria ti chiederebbe 40€ solo per gli antipasti…
I pizzoccheri sono l’ unico primo disponibile, ci rimango un po male quando non vedo il piatto trabordante, ma non si fanno problemi a portarcene un terzo. Chiediamo 5 minuti di pausa per decidere se prendere anche il secondo (a questo punto siamo già pieni), ma non ce li concedono servendoci ottimi pezzi di formaggio da arricchire col miele. Optiamo per un secondo in due, voglio solo sperare che si siano sbagliati perchè mi rifiuto di credere che quel piattone di carne di cervo marinata nel vino rosso con una ciotolata di polenta sia la metà di un piatto standard! Solo il dolce è di dimensioni comuni, ma poi arriva anche il Genepy casalingo e buonissimo, di cui riesco a farmi lasciare un assaggio da portare a casa.
Quando ci dicono il totale ci rimango male, 40€ è troppo, ma per fortuna Massimo capisce subito che il conto è complessivo e non a testa! E non vi ho nemmeno parlato del loro corposo vino rosso… Scendiamo e a Grosio seguo il consiglio di Kelios, andando a mangiare il gelato da Valentino, buono buono!
Direi che ci siamo rifocillati a dovere, abbiamo recuperato completamente oggi, e fatto pure qualche scorta per domani, che prevede Mortirolo e Gavia dai versanti ufficiali. Quando mi corico sento il bolo nello stomaco piantarsi, devo rimanere seduto in attesa che si svuoti un poco prima di dormire. Mi sveglio anche a metà notte per andare in bagno, Massimo tutto preoccupato pensa “boh, va a cacciare!“, ma in realtà ho solo bevuto dell’ acqua. E subito dopo dall’ altro letto arrivano preoccupazioni per dei rumori: “Pedra, tutto bene?” “Si, mi soffio il naso…“. Ho incontrato diversa gente che si crede una gran mangiatrice, ma dopo la cena escono sempre con frasi del tipo “ma tu sei un porco!”. Nessuno pensa sia possibile ingurgitare così tanto cibo per un ometto di 65kg in oltre 1.80m!

Domani sarà invece la mia giornata… prossimamente la racconterò!

Sciatt e Pizzoccheri

Tripletta Valtellinese, giorno 2a: Bormio – Stelvio – Santa Maria

il 06/09/2010 · Commenti disabilitati su Tripletta Valtellinese, giorno 2a: Bormio – Stelvio – Santa Maria

20/08/2010
Dai Massimo che lo Stelvio ci aspetta! Inizia così la seconda giornata, dalla finestrella del bagno il cielo sembra sereno, con solo qualche nuvola innocua verso nord. Apro le persiane e le proiezioni della toelette si confermano, salvo mutamenti improvvisi il bi-Stelvio è alla nostra portata! Alla colazione Maxi si rivela un ottimo avversario culinario, fette biscottate, frutta, brioches, biscotti e marmellata spariscono dal banco a quantità industriali, che bello mangiare così al mattino!
Prepariamo la macchina e partiamo per Bormio, le lunghe gallerie che penetrano la roccia ci accompagnano sino alla piana in cui sorge la capitale dell’ alta Valtellina, dove troviamo abbastanza facilmente parcheggio nella parte periferica. Oggi fa freschino, il cielo è comunque leggermente velato e considerate le quote indosso pure la canutiera. E via! Oggi è la giornata di Massimo, che sono anni che sogna lo Stelvio e salvo imprevisti lo assaporerà in doppia portata. Ma anche la mia, dopo i 3350m di dislivello di ieri me ne aspetto altri 3400, sul filo del mio (povero) record assoluto.

Tagliamo internamente per Bormio e ci addentriamo tra i monti. Il cartello Stelvio “aperto” ci galvanizza, ricordo la prima volta in cui l’ ho visto nell’ inverno 2009, chiuso dalla caterva di neve caduta in quell’ inverno. Sebbene questo sia il versante meno nobile, è una signora salita continua da 1500m di dislivello in 22km, al 7% medio, e notiamo già dai primi tornanti che il panorama è di sangue blu anche qui, dove splendide pareti verticali in pura roccia ci fanno sentire piccoli piccoli di fronte all’ immensità della terra, e ci spronano a sfidare il gigante. Il traffico non è nemmeno molesto, auto e moto ci sorpassano in continuazione, ma con una frequenza sopportabile che ci permette anche di affiancarci o di fermarci dall’ altro lato per delle foto.

La strada è bella e sale decisa, non fa nemmeno caldo e ci capita abbastanza spesso di superare tante persone che tentano la loro impresa anche con mtb da poco, ma noi sappiamo bene che l’ importante è arrivare, non in quanto! Ed è questa la mia filosofia, infatti mi metto a ruota di Massimo e lo abbandono solo per delle foto, ma lui pure si ferma ad aspettarmi: il giro è lungo, meglio risparmiarsi. Ad un certo punto iniziano anche le gallerie non illuminate, con qualche goccia al loro interno che ci colpisce il capo. Questo nella prima parte, ma poi le tonalità cambiano, allargandosi la valle ci mostra la seconda parte di questa salita, una tornantasi che poco ha da invidiare all’ altro versante! Massimo decide di proseguire del suo passo, mentre io mi fermo spesso sempre per fare foto, mi spiace spezzare il ritmo ma un’ occasione così è da sfruttare. Mi raggiunge anche un francese di Annecy ed uno con i pantaloni lunghi, del quale mi chiedo come faccia a non avere caldo.

Ormai la seconda parte è fatta, i numerosi tornanti sono sotto di noi, davanti invece si presenta un drittone e le costruzioni al passo, ancora in alto però… Forzo un pochino e stacco il francese, saluto Maxi quando lo sorpasso e faccio faticare quello coi pantaloni lunghi, finchè un’ altro vestito altrettanto pesante non ci supera poco prima della fine. Mancano 500m, non ci provo nemmeno a stargli dietro considerando che sono al km 22 di 106… ma raggiungo il mio nuovo amico al passo poco dopo. Mi racconta “quello è un professionista, gli sono stato dietro, ma se ci fossero stati altri 100m non ce la facevo”, ma risponto di no, non andava così forte. “Ma si, è della Katiusha!”, “Vabè si è forte, ma è una maglia”, “ma no, era Pozzato!”. I suoi soci confermano l’ identità, ed io effettivamente ricordo un giovane coi riccioli… Arriva Maxi, in tempo per fare la foto alla stele, chiedendo questo favore ad uno a caso dei tanti turisti presenti, che si godono il passo più alto d’ Italia da cui partono ottimi sentieri. Ne approfittiamo anche per dare un’ occhiata al versante dell’ Alto Adige, a quella casetta sullo sfondo a cui si arriva attraverso la serie di tornanti più famosa del mondo, e che io stimo essere a 2200m di quota (stima che si rivelerà abbastanza corretta).

Scendiamo all’ Umbrail pass, entriamo in Svizzera ed ammiriamo questo nuovo ma affascinante panorama, ci supera uno straniero che come noi si ferma per diverse foto, ma prendendo la discesa in modo più sbarazzino si allontana. Inizia finalmente il tratto in fondo naturale, un terriccio molto compatto, ma pur sempre sterrato con polvere e sassi, dove il pedalare in Oltrepò pavese mi fa prendere il coraggio per sorpassare Massimo in un tornante a sinistra, rischiando la caduta a causa dei piccoli sassi che alle auto non danno fastidio, ma che per ruote di 23mm sono destabilizzanti. Ma nessun problema, faccio il gesto del pollice su e continuo. L’ ultima parte presenta una vera trafila di tornanti ravvicinati, non si fa in tempo a lasciare i freni che bisogna di nuovo inchiodare, tutto questo sino a S. Maria, paesino Svizzero che credevo più ampio, e che invece non presenta nemmeno bar.

Ripartiamo subito dopo esserci tolti la mantellina, il tempo è ancora sereno con nuvole sparse, ma … il resto del racconto continua la prossima volta!

Vista dai primi km dello Stelvio



La seconda parte della salita, i numerosi tornanti dopo le gallerie


I tornanti dall’ alto


Panoramica della parte centrale della salita


Manca poco, il passo è davanti a me!


Massimo, Io e 3 che ho trovato per strada, a cui ho pubblicizzato il blog


Lo sterrato dell’ Umbrail pass, con i segni delle nostre biciclette


Santa Maria, da dove parte il versante meno conosciuto dello Stelvio.

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