Tripletta valtellina, giorno 2b: Prato – Stelvio

il 07/09/2010 · Commenti disabilitati su Tripletta valtellina, giorno 2b: Prato – Stelvio

20/08/2010

La prima parte la si può leggere qui: http://giriesalite.altervista.org/?p=610

Siamo a Santa Maria, la prima è compiuta, ora ci aspetta del falsopiano e la seconda scalata di giornata attraverso il mito dello Stelvio, quello con la S maiuscola e 48 tornanti. Decidiamo di mangiare in Italia per non avere problemi di cambio, perciò partiamo subito facendo solo una sosta a Munstar per riempire le borraccie. Il tempo è buono, non fa nè caldo nè freddo, l’ ideale per l’ impresa odierna. La strada lungo la valle del “Rom” è bella come immaginavo e nemmeno trafficata, inoltre una dolce discesa con sporadici tratti più ripidi ci spinge con forza verso il confine italiano, dove scambiamo un saluto coi finanzieri. Di bar nemmeno l’ ombra a Tubre, solo hotel da cui preferisco non andare per evitare l’ inculata, continuiamo quindi scambiandoci il turno in testa ora lungo un fitto bosco, ora su una vallata che si è aperta mostrandoci un mondo nuovo, quello delle montagne altoatesine, superando cartelli in tedesco ed italiano indicanti paesi come Merano, Glorenza, Malles e altri più piccoli in val Venosta, territori che conosco solo per sentito dire e che un giorno dovrò percorrere. Fortuna che le segnalazioni sono chiare e prendiamo subito il bivio giusto per Prato allo Stelvio, o meglio “Prad ad Stilfser”. Ed è qui che vediamo l’ unico tratto simil-pianura di questi 3 giorni, un drittone di 3-4 km con un dislivello minimo controllato dall’ occhio attento di un autovelox, che a noi non da problemi. Arriviamo a Prato e troviamo un bar, a fatica il ragazzo al bancone capisce cosa significhi “panino” e in un italiano veramente approssimato risponde che loro fanno birre, e ci consiglia dove cercarne un altro. Giriamo per Prato come due scemi fin quando capiamo che il grosso del paese è più avanti. Troviamo dove mangiare, un normale panino col formaggio ci rifocilla, mentre il lavandino del bagno mi aiuta a darmi una pulita.

Ed ora si va su, il Re Stelvio è li davanti a noi con 26km di salita che hanno fatto la storia del ciclismo grazie ai famosissimi 48 tornanti numerati che una volta usciti dal bosco si avvinghiano al lato nord della valle, regalando scorci da incubo, che diventano una favola una volta sconfitti. E’ la salita che Massimo stava tanto aspettando, e che anch’io rispetto visto che d’ ora in avanti non ci sarà nemmeno un metro in cui rifiatare. Si parte con il giusto riscaldamento su una leggera salita lungo il corso del rigoglioso rio Trafoi, una valanga d’ acqua fredda che ha scavato questa conca con le cime dell’ Ortles da un lato e la strada dall’ altro. Quando le pendenze si fanno importanti Massimo comincia a sentire i morsi di una crisi, lo stacco con troppa facilità ma penso che lo stia facendo solo per risparmiarsi, sebbene sia lui a confermarmi di non stare troppo bene. Sperando nella sua ripresa lo stacco e ne approfitto per delle foto, ora che la salita entra nel vivo con il primo tornante, il 48°. Passiamo attraverso Gomagoi dove superiamo uno straniero che sta salendo pian piano, se facciamo fatica noi, figuriamoci lui che probabilmente impiegherà 3 ore a completare la scalata!
La vista finalmente si amplia, stiamo ancora seguendo la valle ma cominciamo a prendere quota, con l’ Ortles che pian piano ci svela la sua bellezza composta di rocce scolpite dal tempo e di ghiacci eterni (per ora, global warming a parte). Ritardo perchè non posso non avere delle testimonianze di questa scalata, e fatico di seguito a raggiungere Massimo anche perchè rallentato da dei saluti a ciclisti eroici con almeno 10kg di bagagli a testa. Ci ricompattiamo solo perchè si è fermato ad aspettarmi, ma mi rendo conto che ora quello in forma calante sono io! Nulla di preoccupante al momento, solo qualche watt in meno del solito, ma i rapporti di forza tra di noi sono cambiati e fatico a recuperare il terreno dopo altri scatti all’ Ortles, ora più vicino che a Trafoi.
Da qui è vero Stelvio, siamo in un fitto bosco coi tornanti che ormai sono strettissimi, hanno passato il livello di curva a 180° e sono diventati “giri di boa”, che le auto devono prendere larghi e che anche in bici bisogna pennellare per non piantarsi all’ interno. La foresta ci fa compagnia sino a quote inconsuete per gli Appennini, solo dopo i 2000m si apre ai nostri occhi una delle visuali più famose al mondo. Per fortuna mia sono essenzialista, guardo in alto ma non mi scoraggio, perchè non mi importa di vedere i restanti 600m di dislivello, mi basta sapere che ci sono! Però, ancora 40 minuti almeno di salita sempre costante al 9% circa… Ma pian piano, salendo insieme superiamo la casa cantoniera e ci lanciamo per gli ultimi 500m di salita verticale, con diverse soste per salvare sulla fotocamera i sempre più numerosi tornanti precedenti e l’ Ortles che sembra man mano più vicino. Capisco anche perchè questi 48 tornanti sono mitici, è grazie al loro diametro minimo se questo versante è entrato nell’ olimpo delle Alpi, peccato che i camper ed ahimè alcune persone in macchina debbano fare manovra per superarli. Cominciamo pure a sentire delle sporadiche goccie, ma non mi preoccupo dato che non ci sono nuvole così consistenti da creare precipitazioni, ed infatti più che qualche pizzico non fanno.
Ci siamo quasi, dai, io sono in parziale crisi di qualsiasi cosa, ma la pedalata appesantita non compromette comunque gli ultimi km fatti a velocità discreta. Arriviamo assieme di nuovo al passo, è fatta! La bi-Stelvio è cosa nostra! Ma ho bisogno di mangiare qualcosa, non sono più al 100% della lucidità e una barretta rubata a Massimo mi aiuta a stargli a ruota per i primi km, dove scendo timoroso e con qualche sbavatura di troppo. La barretta fa il suo effetto e nel tratto finale prendo coraggio e scendo meglio, ma ovviamente senza prendere rischi sino a Bormio e alla macchina. Ci cambiamo, prendiamo un caffè e andiamo a sistemarci in hotel, perchè la giornata non è finita 😉
Totale del giorno: 107km, 3420m di dislivello.

Il tornante n° 48, il primo dello Stelvio


Il ghiacciaio dell’ Ortles visto dal basso


Ormai siamo già a 2300m circa


Ma ci aspetta ancora la parte più difficile


Il paesaggio è ammirevole e magnifico


Ormai è fatta, il grosso è sotto di noi


Panorama dell’ Ortles dalla vetta

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Purtroppo siamo solo noi 2, ma ormai quando sono in Valtellina è d’ obbligo andare a mangiare dalla “Giovanna”, la locanda val Grosina a Fusino, frazione di Grosio a 1200m di quota, che si raggiunge attraverso una salita piuttosto bella che taglia la montagna e che poi termina a vallata Eita. Noi affrontiamo ulteriori 600m di dislivello, ma stavolta in macchina e quando ci sediamo ci portano subito un tagliere di affettati che normalmente basta per 4 persone. Bresaola, lardo e altri salumi spariscono completamente, soprattutto per merito mio. Arrivano anche gli sciatt (praline di farina di grano saraceno fritte e contenenti formaggio fuso), anche in questo caso in quantità da 4 persone. Gli sciatt sono una droga, che peggio delle ciliege ti invitano a mangiarne uno in più. Mi trattengo a malincuore in attesa del resto, ma in proporzione un qualsiasi ristorante/pizzeria ti chiederebbe 40€ solo per gli antipasti…
I pizzoccheri sono l’ unico primo disponibile, ci rimango un po male quando non vedo il piatto trabordante, ma non si fanno problemi a portarcene un terzo. Chiediamo 5 minuti di pausa per decidere se prendere anche il secondo (a questo punto siamo già pieni), ma non ce li concedono servendoci ottimi pezzi di formaggio da arricchire col miele. Optiamo per un secondo in due, voglio solo sperare che si siano sbagliati perchè mi rifiuto di credere che quel piattone di carne di cervo marinata nel vino rosso con una ciotolata di polenta sia la metà di un piatto standard! Solo il dolce è di dimensioni comuni, ma poi arriva anche il Genepy casalingo e buonissimo, di cui riesco a farmi lasciare un assaggio da portare a casa.
Quando ci dicono il totale ci rimango male, 40€ è troppo, ma per fortuna Massimo capisce subito che il conto è complessivo e non a testa! E non vi ho nemmeno parlato del loro corposo vino rosso… Scendiamo e a Grosio seguo il consiglio di Kelios, andando a mangiare il gelato da Valentino, buono buono!
Direi che ci siamo rifocillati a dovere, abbiamo recuperato completamente oggi, e fatto pure qualche scorta per domani, che prevede Mortirolo e Gavia dai versanti ufficiali. Quando mi corico sento il bolo nello stomaco piantarsi, devo rimanere seduto in attesa che si svuoti un poco prima di dormire. Mi sveglio anche a metà notte per andare in bagno, Massimo tutto preoccupato pensa “boh, va a cacciare!“, ma in realtà ho solo bevuto dell’ acqua. E subito dopo dall’ altro letto arrivano preoccupazioni per dei rumori: “Pedra, tutto bene?” “Si, mi soffio il naso…“. Ho incontrato diversa gente che si crede una gran mangiatrice, ma dopo la cena escono sempre con frasi del tipo “ma tu sei un porco!”. Nessuno pensa sia possibile ingurgitare così tanto cibo per un ometto di 65kg in oltre 1.80m!

Domani sarà invece la mia giornata… prossimamente la racconterò!

Sciatt e Pizzoccheri

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