Giro dei 3 passi Svizzeri

il 30/07/2010 · Commenti disabilitati su Giro dei 3 passi Svizzeri

Si dice che il giro dei 3 passi Svizzeri (San Gottardo, Furka, Nufenen) sia uno dei più belli d’ Europa, esso attraversa 3 cantoni in 100km, con 3 passi mitici. Purtroppo farlo di domenica non è il massimo a causa del traffico intenso di persone che compiono lo stesso tragitto in auto e moto, ma personalmente l’ho trovato ancora nei limiti del sopportabile. Il clima è freschetto, c’è un forte vento da Nord-Ovest che però ci assicura una giornata senza pioggia, e senza sudore dopo il mese piuttosto afoso che abbiamo tutti sopportato.

SAN GOTTARDO

Siamo in tanti, in 22 con il gentilissimo cugino di Vittorio (l’ organizzatore ufficiale, anche se diversi hanno dato il loro contributo) che guida l’ ammiraglia sulla quale abbiamo tutti lasciato uno zainetto per affrontare le difficili condizioni ambientali. Noi che siamo usciti dall’ albergo siamo gli ultimi ad essere pronti, ancora un po’ e veniamo abbandonati già alla partenza dagli scalpitanti membri del BdC-forum, che però ci aspettano. Non ha senso la parola riscaldamento, già in pieno Airolo siamo in salita verso il Gottardo, il quale viene scalato da 2 strade che si incrociano più volte ma di cui una è un’ autostrada alternativa al famoso tunnel. Noi saliamo per il versante classico detto “Tremula”, una di quelle salite che ha fatto la storia dell’ umanità essendo il collegamento tra Nord e Sud Europa. E’ una salita particolare, ha un dislivello di quasi 1000m ma la parte interessante è quella finale, una trafila di tornanti ravvicinati in pavèe scala rapidamente il crinale sino ai 2000m del passo. E non sono sanpietrini molto compatti, nonostante non possano essere paragonati al vero pavèe della Roubaix, essi fanno comunque tremare la bici.
Partiamo che già si formano dei gruppetti in base alle capacità, sono indeciso se salire a ritmo brillante o fermarmi per le foto, ma confido che già altri lo facciano anche per me e allora mi porto nel gruppetto di testa dove mi riparo dalle forti folate dietro a quelli più grossi. Il Gottardo non ha mai pendenze ardue, ma sale con molta costanza e bastano pochi km per dividerci in più gruppetti. Continuiamo per qualche km che siamo rimasti in 4, ad un certo punto chiedo “ma quand’ è che si…” ma la risposta arriva subito: ora! Finalmente il pavèe, io da buon Oltrepadano so di trovarmi bene dove la bici sobbalza, abituato come sono ad asfalti preistorici e crepe omnipresenti, ed infatti comincio a forzare leggermente il ritmo fino all’ arrivo dell’ asfalto. Uffa, già finito? Ma scopro che solo i tornanti sono asfaltati, quindi il ritmo rimane abbastanza alto. Scopro anche che i due 2 rimasti insieme a me vanno nettamente di più, parlano mentre io cerco di ripararmi dietro loro dalle folate contrarie.
Il pavèe finisce, la strada si incrocia con l’ autostrada passando anche sotto ad un viadotto dalla pendenza elevata, ma poi finalmente reiniziano i sanpietrini, e con essi la vera Tremula: 6km con innumerevoli tornanti e poche occasionali strisce d’ asfalto o di cemento ai lati, che cerco di evitare godendomi appieno il fondo sconnesso. Veniamo anche superati da numerose auto d’ epoca, alcune risalenti addirittura agli anni 40, dietro alle quali gli altri 2 scattano sfruttandone la scia (al 7% su codesto fondo stradale…). Scopro anche che uno di quelli ha corso 2 anni da professionista… Il panorama è bellocon alti monti che ci accerchiano, ma la cosa che adoro è quella serpentina con un cambio di direzione ogni 100m, un tratto col vento a favore, uno col vento in faccia. A 200m dal passo ci aspetta l’ ammiraglia, gli altri 2 si fermano mentre io invece salgo sino al passo per poi scendere di nuovo alla macchina.
Belin se fa freddo! Sono indeciso su come affrontare la discesa, mentre arrivano gli altri mi vesto con impermeabile e mini-manicotti, poi ritorno al passo a godermi gli 8° di temperatura mentre mangio qualcosa. L’ ammiraglia sale, io sto tremando e sapendo di soffrire terribilmente il freddo alle mani attuo una soluzione poco ortodossa ma efficace: guantini in lattice del tipo odontoiatrico, il compromesso ideale tra volume ed efficacia. Alcuni hanno troppo freddo e scendono subito, noi altri partiamo a scaglioni lungo la veloce discesa accompagnati da delle folate veramente forti e pericolose, rallento diverse volte quando vengo spostato dall’ aria contraria che mi soffia in faccia e mi sposta di peso. Per fortuna la discesa dura meno del previsto e poco dopo siamo al bivio del Furka in attesa che arrivino tutti.

FURKA

Partiamo a gruppetti lasciando il materiale in ammiraglia, ora abbiamo il vento a favore così forte che nei successivi km di pianura andiamo tranquillamente a 35kmh. Siamo lungo una vallata alpina, non capisco che senso abbia quella ferrovia che scorre a lato e che entra nelle viscere delle terra, ma ne rimango affascinato. Stavolta sono nel secondo gruppetto, l’ ideale per fare le fotografie, ma inizio la salita a mezzogiorno esatto ed allora decido di onorare la più facile delle 3 ascese prendendola a ritmo brillante, per vedere quanto ci impiego. Non sono a ritmo gara, però continuo costante raggiungendo altri 2 lungo i tornanti iniziali che danno su Realp, continuando poi su pendenze sempre uguali (7-8%) e sorpassando diversi eroi che stanno salendo con city-bike modificate per portare almeno 15kg di bagagli. Chi è più forte, chi sale a 1100mh di VAM, o chi riesce a salire in quelle condizioni? Faccio loro un cenno di meritata stima, e continuo a salire a buona velocità supportato anche dal vento sulle spalle. La vegetazione sparisce in fretta, la visuale si amplia e si intravede il resto della salita, un lunghissimo drittone a mezzacosta che non sembra però duro. Il traffico purtroppo è molesto, auto moto e autobus continuano ad incrociarsi su questa strada che non è nemmeno tanto larga. Devo dire che fortunatamente qui la gente guida con più criterio rispetto all’ Italia, dove invece si affrontano pazzi spericolati e persone che la patente la trovano nelle uova di Pasqua.
All’ inizio del drittone raggiungo la testa del gruppo che se la sta prendendo comoda e non lesina 4 parole, io però voglio rispettare il mito del Furka e li abbandono pedalando da solo su pendenze troppo facili per i miei gusti. Pedalo e pedalo, tra le nuvole basse spazzate via furiosamente si intravedono le alte guglie Alpine e dei cumuli di neve che pian piano si stanno sciogliendo, ma l’ unica cosa che non si vede è il passo… Finalmente arrivano 2 tornanti ed il passo, con la santa ammiraglia ad attenderci! 48 minuti circa per 900m di dislivello, 1120mh di VAM, ottima considerata la quota e che arriva dopo un km di dislivello! Gli altri mi seguono di poco, fa freddo anche qui e ci copriamo in fretta, io mi asciugo pure perchè sono sudato nonostante sia salito in maglietta. Mangio qualcosa di più abbondante e riciclo il sacchetto della banana come cestino rifiuti per tutti, tranne che per una persona in particolare che ha scambiato i tornanti del Furka per una discarica.
Anche qui i guanti da chirurgo fanno bene il loro mestiere, fa leggermente più caldo che sul Gottardo, ma stiamo parlando di una temperatura di 10° circa. La discesa è qualcosa di impressionante, dalla visuale sui tornanti del Grimselpass a quella intravista sul ghiacciaio dell’ Atlesh. Tento qualche foto epica ma io non sono Emiliano e non mi riesce nulla di bello, peccato perchè la strada lotta contro la natura appoggiando alcuni suoi tornanti addirittura su dei pilastri, mentre la ferrovia di prima sbuca fuori dai monti per incrociarci ormai giunti a valle. Discesa molto bella, con ampi tornanti ed un vento non troppo fastidioso. Ci fermiamo a Gletsh per mangiare, alcuni sono li già da un pezzo, un altro gruppo si siede ad un tavolo con succulenti dolci. Io riempio la borraccia in bagno (dal lavandino!), poco dopo il primo gruppo parte mentre noi stiamo ancora mangiando, in questo caso paghiamo lo scotto di essere in tanti e non troppo organizzati. Partiamo anche noi nell’ ultimo tratto di discesa, un pezzo dritto col vento a favore che lancia me e Massimo verso gli 80, quando veniamo disturbati da refoli laterali e rallentiamo per sicurezza. Continuiamo noi 2 insieme senza forzare, ma con una bora simile i 40 li facciamo senza pedalare. Addirittura il vento è così forte che riusciamo a ripartire senza fare forza sui pedali. Gli altri ci raggiungono ad Ulrichen, subito dopo vediamo il bivio per il Nufenen ed Airolo, ma ci rendiamo conto che manca qualcuno che si è spaventato da 2 colpi di clacson in una galleria di 1km, che era pure permessa alle bici.

Noi infreddoliti

Tornanti di Furka e Grimsel

Discesa dal Furka. Spettacolare da vedere!

NUFENEN
Ci siamo tutti, almeno così sembra, gli altri non ci hanno aspettato ma li capisco, sono un po stizzito poichè nemmeno l’ ammiraglia è al bivio, ma non ho problemi a mettere il kway in tasca e salire. Questa salita sembra meno trafficata delle altre, ma non si parla comunque di immersione nella natura, uno stradone a 2 corsie serpeggia tra rocce e boschi per prendere velocemente quota. Anche in questo caso proseguo in solitudine per quella che è la più dura salita di giornata, 1100m di dislivello in 13km, 8,5% medio! Con alcuni tratti piani pure! E col vento forte contro che li fa sembrare salita! Entro in una lunga valletta circondata da monti imponenti e ghiacciai, e anche da enormi tralicci elettrici che distruggono la purezza di queste zone. Lassù c’è una diga, la cima è veramente lontana, ma comincio a preoccuparmi quando su quella che mi sembra una strada non vedo mai passare nessuno. E mi preoccupo ancor di più quando intuisco che la serpentina che sto per iniziare non porta al lago, ma in qualche posto ancor più alto. Fa freddo, ad Ulrichen un termometro segnava 16° ed io sono ben più in alto con la sola maglietta, ma per uno nato nell’ inverno ’85 questo non rappresenta un problema! Ormai la fatica si fa sentire, sono le 15:30 ed è praticamente un ora che sto pedalando in salita, quindi ad una curva con una buona visuale ne approfitto per una pausa fotografica. Folate contrarie rompono le scatole, quando vedo una strada a destra che spiana sono contento, quando capisco che è sterrata mi prende lo sconforto, ma quand’è che finisce? Ore 15:40, sto ancora salendo, non sono piantato ma ormai ho bisogno di riposo, quindi un paio di fotografie sono un’ ottima scusa per un minuto di tranquillità. Curvo a destra e lo vedo, il passoooo! Nufenen! Era ora! Sono talmente fuso che mi ricordo solo adesso che sono partito alle 14:40, quindi escludendo le pause ci ho impiegato 64 minuti, sarei voluto rimanere sotto l’ ora ma fa niente.
Gli altri mi raggiungono pochi minuti dopo, Vittorio ci offre un ottimo panettone al cioccolato, che io divoro pensando di essere tra gli ultimi. Marco, Massimo ed Andrea partono subito in discesa per sfuggire al vento freddo che soffia imperterrito da 2 giorni, io e Fabio (Tangy) ne approfittiamo per qualche foto al cartello. A Vittorio arriva un messaggio inquietante: 15:35, iniziamo ora la salita. Il gruppo di Tiziano è andato dritto al bivio di Ulrichen, allungando di 22km di cui 11 col vento in faccia. Io non sapevo nemmeno di avere gente dietro, certo che se ci fossimo aspettati al bivio, almeno a gruppetti, questi problemi non ci sarebbero stati, la gstione di un gruppo numeroso è un fattore da rivedere nei prossimi giri.
Purtroppo anche la strada del Nufenen è stata scambiata per una discarica dalla stessa persona, Vittorio lo ha visto abbandonare con disinvoltura una busta di enervit (che io stesso ho visto al km 5 di salita), ma nonostante essersi liberato del peso non è stato in grado di concludere la salita senza fermarsi!
La discesa verso Airolo è deludente, a parte le immancabili folate che mi sballottano (non immagino che fatica hanno fatto coloro con le ruote ad alto profilo), ogni 20m c’è una piega sull’ asfalto che mi fa sobbalzare, ed il bello che sono li apposta (per salire con la neve forse?). Grossomodo scendo con Tangy, alla fine del tratto ripido guardo il telato e noto una grossa mancanza, la borraccia mi è volata via in uno di quei dossetti e chissà dov’è finita. Fabio non l’ha vista e tornare indietro a cercarla è fuori discussione, è tardi per farsi 1000m extra di dislivello senza la certezza di rintracciarla.
Il vento gira e ci spinge forte ad Airolo, quando arrivo Marco si è già cambiato, Andrea lo sta facendo, io uso i miei soliti guanti da chirurgo per smontare la bici senza sporcarmi le mani, poi approfitto della gentilezza dell’ albergo per cambiarmi. Un’ ora dopo arrivano tutti, ci troviamo al parcheggio della funivia per riprendere gli zaini, approfittare della crostata di Vittorio e per rimborsare la benzina dell’ ammiraglia, prima di scappare a casa.

Serpentina finale.

Giro dalla bellezza incomparabile, difficile ma fattibile da chi è allenato, l’ organizzazione è da migliorare ma quando si è 22 persone che non si conoscono e dal livello eterogeneo i problemi ci sono, alla fine è andato tutto abbastanza bene. Un ringraziamento particolare a Vittorio e a suo cugino!

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