Nel Levante genovese

il 25/01/2016 · Commenti disabilitati su Nel Levante genovese

21 novembre

Ormai siamo alla fine di questo periodo di caldo anomalo, ma ancora oggi si può rischiare una bella uscita tardo autunnale in attesa dell’ormai preannunciato stravolgimento climatico. Scordiamoci caldo primaverile e sole, ma non si può certo dire che ci sia freddo o che bisogna ormai coprirsi, anche oggi i pantaloni corti sono obbligatori per non soffrire!
L’idea originaria prevedeva un centinaio di chilometri nel Monferrato, ma col cielo coperto e con una presenza di due persone, sentito Christian decidiamo di scendere in Liguria per un giro marittimo nel levante Genovese. Io entusiasta studio un percorso che prevede l’unica salita obbligatoria del giorno, ma il socio ne ha pensato uno migliore e più flessibile, per cui faremo quello.
In autostrada troviamo pioggia, poi solo nuvoloso sino a che non sbagliamo casello finendo dentro Genova ed attraversandola tra i suoi mille incroci, passaggi pedonali e mercati urbani di una città che ruba lo spazio ai monti che la circondano. Questo errore ci fa perdere almeno un quarto d’ora, e la cosa più avanti si rivelerà molto vantaggiosa! Usciti dalla città fatichiamo a trovare parcheggio finché ci fermiamo lungo l’Aurelia presso Bogliasco.

Christian è uno scalatore puro, un po’ carente in discesa ma per me quasi impossibile da staccare quando le rampe si fanno all’insù, i piccoli avvallamenti sulla statale verso Sori non lo mettono di certo in difficoltà e sino a Recco procediamo assieme per un ottimo riscaldamento. Ma siamo a Recco, paese della focaccia e quindi paese in cui sono esperti a fabbricare una delle mie pietanze preferite, per cui scusandomi faccio un giro alla ricerca di una focacceria che nel 2010/2011 era una tappa obbligatoria delle giornate rivierasche, ma non trovandola più ripiego in un’altra nella quale prendo tre ottimi quadrati che vorrei divorare subito, limitandomi però ad uno solo di essi.

Ripartire in salita con la focaccia nello stomaco non è mai una buona idea, ma la strada che ci porta ad Uscio è sempre agevole e passa affianco a numerose tipiche abitazioni liguri che si sono inventate lo spazio su cui poggiare le fondamenta, con piccoli e disordinati cortili che danno sull’asfalto. Al paese ci arriviamo senza problemi, ma è dopo il bivio verso il passo della Scoglina che la strada si fa all’insù facendoci progressivamente faticare sinchè, alle ultime ardue pendenze, riesco addirittura a staccare il mio compare nel terreno a lui più congeniale.

Scendiamo in val Fontanabuona e vi troviamo man mano più umido, sino al punto da alzare diversi schizzi dalle nostre ruote. Forse ha appena piovuto, ma la cosa non ci può di certo fermare sebbene nessuno dei due ami pedalare sotto l’acqua. Il prossimo passo è il motivo del giro, la Crocetta via Dezerega è una di quelle ascese che a guardare i dati metterebbe paura con una media di poco inferiore al 10% e dei tratti semi-piani, una carreggiata molto stretta e pure rovinata che si avvinghia a questi monti del mare. Christian parte lanciatissimo, mentre io non forzo, ma per lui proprio non è giornata e dopo poco rinuncia al record per salire assieme a me seminando piccole voragini e rilanciando l’azione su stretti tornanti, sinchè agli ultimi ripidissimi metri non riesco nuovamente a staccarlo.

Io e la focaccia di Recco abbiamo una relazione, per cui al passo mi fermo a sbranare un quadratino che custodivo gelosamente in tasca mentre Christian osserva giustamente preoccupato il cupo cielo a levante che ancora sta scaricando pioggia. Lui sarebbe dell’idea di scendere verso il mare, ma io sono fiducioso ed il ritardo accumulato alla partenza ci ha evitato un forte acquazzone che ha infradiciato l’ambiente. In discesa pure io tiro i freni e fatichiamo a ritornare in val Fontanabuona, poi rassicurati del fatto che il peggio sia ormai passato aggiungiamo una facile ulteriore salita al Bocco di Leivi, 4km piuttosto pedalabili che superiamo senza sforzi sinché il mare non ricompare in basso davanti ai nostri occhi. In discesa riesco a sbagliare alcune curve con un’invasione di corsia, ma a Chiavari ci arriviamo sani e salvi e come usciamo dal paese ci ritroviamo in una per me inaspettata salita sull’ Aurelia con vista sul mare mosso da nubi basse indicative di un clima che sta per cambiare. Zoagli e la sua successiva salita invece me li ricordo bene da 5 anni, non è nulla di duro ma si tratta comunque di dislivello extra prima di entrare a Rapallo.

Il ritorno diretto alla macchina sarebbe troppo veloce, per cui seguo l’altro su una salita poco conosciuta che si addentra negli alti monti che sfiorano le onde, una che presenta le prime rampe ancora tra i condomini ma che presto si fa selvaggia e stretta facendoci trovare in mezzo alla natura in meno di un chilometro. La meta è San Quirico, uno di quei posti che ti fanno pensare “ma perché mai dovrei vivere qui?”, lontano da tutto e senza sbocchi a parte la strada stessa… Però per noi è un piacevole allungo che ci riporta giù a Rapallo, dislivello in più prima della nuova e successiva salita della Ruta, ma per una strada alternativa e dura nei primi due chilometri, che poi fortunatamente spiana regalando occasionali affascinanti visuali su Rapallo e sul golfo del Tigullio con colori in netto contrasto tra il grigio delle nuvole e l’arancio di un sole che mi ha regalato stupendi giri, il tutto mentre due gocce bagnano i nostri visi.

Arriviamo alla Ruta e stavolta Christian cede alle mie proposte indecenti addentando quel che resta della mia focaccia, un toccasana a fine giro! C’è ancora della discesa che ormai è quasi asciutta, poi pedalando sulla via del rientro ci teniamo il mare a sinistra e ci fermiamo, dietro mia richiesta, a Sori. Voglio risfiorare il mare, quel Ligure che oggi è bello nervosetto e si scaglia incazzato sulle rocce, con quel sole in parte oscurato che lotta per non abdicare in favore del freddo… Mi parte un pensiero su cosa sia stato per me questo ultimo mese ciclistico, su quanto questi contrasti climatici abbiano favorito dei giri emozionanti, su come alla fine abbia riscoperto il sapore di terre viste ormai troppi anni fa… Che bello, i pensieri non bastano per mantenere vivo il ricordo di giri tutto sommato normali, ma che a novembre sono “torte al cioccolato” di un menù lungo un anno. Per questo li sto scrivendo con la speranza di poterli rivivere a lungo.
Dopo questa digressione ritorniamo alla macchina abbastanza soddisfatti, abbiamo evitato fortunosamente la pioggia, abbiamo tirato ed abbiamo visto belle cose, un giro veramente ben riuscito! Qualcuno parla addirittura di neve per questa notte, chissà…

106km, 2465m

Scendendo in val Fontanabuona dopo il passo Spinarola
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Le acque in basso ed in alto viste da sopra Chiavari, a Leivi
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S.Quirico, paese sperduto sopra Rapallo
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Rapallo dalla Ruta alternativa
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Tramondo ondoso a Sori
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Sori, il giro è finito
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Recco e l’ entroterra di Genova

il 23/09/2010 · Commenti disabilitati su Recco e l’ entroterra di Genova

28/08/2010

La proposta di questo giro con partenza da Recco mi è arrivata lo scorso autunno quasi come una provocazione, ma adesso i 3km di dislivello in poco più di 100km sono per me ordinaria amministrazione, specie dopo la Tripletta Valtellinese. Anche oggi sono in compagnia di Massimo, che è moralmente obbligato ad affrontare la sua proposta. Ancor più che al “Recco bis” parcheggio talmente in periferia da occupare l’ ultimo posto libero del paese, quasi sotto al viadotto autostradale, allungando il giro di quasi 4km. E come per il Recco bis mi fermo a prendere la focaccia, però stavolta fresca, che mangierò a pezzetti durante la pedalata.
Raggiungo Massimo a Sori in linea coi miei ritardi abituali, senza perdere troppo tempo partiamo per la prima salita, la quale inizia poco fuori il paese e termina a Cornua di monte Fasce, unendosi con l’ altro versante che abbiamo affrontato al giro del Levante Genovese di Maggio. Mi bastano poche pedalate per non vedere più l’ ormai abituale compagno di viaggio, possibile che il Mortirolo mi abbia allenato così tanto? Non fatico nemmeno sui tornanti che in poco tempo superano l’ alto viadotto autostradale, ma scopro poco dopo che la verità è che se la sta prendendo fin troppo comoda, e che la sua ruota sta toccando il freno perchè agganciata male. La sistemiamo dopo una sosta e riprendiamo con la sofferenza, non certo dovuta alla strada che mi sembra molto meno ripida rispetto a Maggio, ma ad umidità pazzesca che ci fa sudare come fontane e che satura talmente l’aria che la strada leggermente bagnata non riesce ad asciugarsi nonostante il sole.

Qua al bivio è dove avevamo fatto la foto di gruppo, ma non ci diamo importanza lanciandoci verso la val Fontanabuona passando attraverso Uscio, su una bella discesa nel bosco, come tutte le strade della zona. Sento la strada viscida, motivo per cui procedo con molta cautela nonostante ci sia soltanto un sottile velo sopra l’ asfalto. Questo però non basta, prima mi sembra di perdere la ruota anteriore su una foglia, poi in una lunga curva a destra prendo davvero paura quando sento di essere al limite nonostante sia quasi dritto, con la ruota anteriore che è su quel sottile filo tra tenuta e caduta, venendo spinto in mezzo alla carreggiata con altri ciclisti che stanno salendo occupando tutta la loro corsia… Se fossi caduto avrei fatto strike, ma il tutto si risolve solo con un grosso spavento ed una prudenza ancor più grande nelle curve, specialmente quelle a destra.

Sono contento in valle, ora si sale e l’ umidità servirà solo a farmi sudare. Il passo del Portello è una lunga salita regolare, che dai 200m scarsi arriva sin quasi a 900m del crinale che separa le 2 principali valli del levante Genovese, la Fontanabuona e la valle Trebbia. Manco a dirlo il tracciato è tutto all’ ombra, senza pendenze arcigne e con qualche sporadica spianata. L’ asfalto è ancora bagnato in molti tratti, qualche goccia nella notte sta facendo ancora effetto nonostante le temperature estive ed il cielo soleggiato, con solo alcune nebbie orografiche sulle vette più alte. In val Trebbia alterno curve tirate ad altre coi freni tirati, lo shock è stato forte e devo forzarmi per pennellare le tornate a destra dove vedo l’ asfalto sicuramente asciutto. Sino a Montebruno veniamo sospinti da un bel venticello che segue il fiume, ma li giriamo verso Barbagelata, una salita impegnativa dove saluto Massimo ai primi metri e che faccio a ritmo brillante, sia per sfogarmi (“se uno non torna a casa stanco che giro è?” direbbe qualcuno), sia perchè se arriviamo presto ho pure il costume da bagno a dietro e voglio finire prima del solito.

La regolarità all’ 8% mette a dura prova la volontà di spingere per tutta la salita, Massimo resiste meglio alla tentazione di mollare mentre io ogni tanto rifiato cercando panorami da fotografare, così che lo ritrovo allo scollinamento solo 1 minuto dopo di me (quindi verso Cornua stava proprio cazzeggiando!). Un paio di kilometri di falsopiano ci portano a Barbagelata, che se ha questo nome è per un motivo preciso… Inoltre le nebbie di Pedra mi perseguitano ricordandomi alcune giornate invernali padane. Massimo indossa gilet e manicotti, io prendo il mio bel foglio di giornale e mi lancio più tranquillo verso il passo della Scoglina, frenando solo dove vedo le chiazze più scure. Il resto della discesa è la stessa del Recco bis, quindi mi lascio un po’ andare, sto superando il timore della caduta, anche perchè l’ umidità ora è a livelli accettabili e la strada praticamente asciutta. Da Cicagna saliamo all’ ultimo passo del giorno, quello della Crocetta, che Maxi non ama e che decide di prendere tranquillo, mentre io do fondo alle mie forze rimanenti. Lo aspetto a metà salita, ma i tratti che superano il 10% della parte finale mi spingono a ritmo brillante sino ai 599m del valico. Ha detto di salire senza impegno, ma lo vedo provato. In discesa raggiungiamo l’ imbecille col grosso SUV, che oltre a non sapere a cosa servono gli specchietti riesce a fare TUTTE le curve contromano, guidando ovviamente a velocità ridotta e chiudendo tutti gli spazi per il nostro sorpasso, che avviene solo dove la strada si allarga ed in un punto non privo di rischi.

A Rapallo passiamo davanti alla scuola in cui Massimo insegna, ci manca solo la Ruta che è una salita banale, ma è dove meno te l’ aspetti che ti prende la crisi, quella che ti lascia solo il tempo di annunciarti il suo arrivo senza darti la possibilità di prevenirla. Inizia tutto con un buco nello stomaco, finisce col falsopiano con vista mare percorso arrancando col 34. Ero quasi sul punto di tornare indietro, ma poi anche lui ha superato il tunnel che c’è sulla cima, fermandosi di forza a mangiare sperando di recuperare quel minimo di forza per tornare a Genova.
La discesa è bella ed annusare la salsedine a tutto vento è una delle sensazioni più belle dello stare in riviera! Ci salutiamo, io torno alla macchina, indosso il costume e con gran fortuna trovo parcheggio vicino alla spiaggietta libera di Recco, una distesa di sassi che si butta in un mare talmente pieno di alghe che ne porto un mucchietto pure a casa. Dopo 113km e 3000m di dislivello quello che ci vuole sono 3/4 d’ora di nuoto tra le onde grosse e dei sassi appuntiti, col sole che picchia in faccia e solo dei bambini a farmi compagnia, mentre gli adulti sono intenti solo a prendere il sole. Ma anche questa è fatta, il Recco1 più bagno al mare è nei miei annali, ed ormai nella provincia di Genova mi manca ben poco, solo qualche strada cittadina e le salite verso La Spezia. Mi manca anche la val d’ Aveto, che sto per conoscere e di cui vi racconterò prossimamente!

Dove abiti? Sotto il viadotto autostradale. Ahh mi dispiace… Ma no, abito a Recco!


Poco sopra Sori


Barbagelata, che non gela certo per il caldo, ma per il clima ostico e per le mie abituali nebbie liguri


Dalla Ruta verso Rapallo con Chiavari sullo sfondo


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