Racconto del giro delle castagne (2)

il 18/11/2013 · Commenti disabilitati su Racconto del giro delle castagne (2)

Siamo giunti in val Tidone, siamo in un lembo piacentino che sfiora l’ Oltrepò pavese nel quale presto ritorneremo seguendo al contrario il corso del torrente, bloccato poco più avanti da un’ imponente diga che forma un significativo lago per scopi idroelettrici, o almeno che dovrebbe farlo, visto che troviamo l’ alveo completamente vuoto e contorniato da vegetazione arborea indicante un lungo periodo di secca. Poco dopo la strada si inerpica per trovare un passaggio tra pareti rocciose e la giornata entra nel vivo con Andrea che non cala la velocità ed io che ci sto a dietro. La forma personale non è al top, dopo una settimana fermo per maltempo e motivi di salute la gamba ha superato il vertice della curva di allenamento, ma nonostante catarro e tosse vado abbastanza bene.
Valerio ed Alessandro ci raggiungono quando la strada rispiana e all’ “Imbarcadero” al bivio del Carmine, ormai provincia di Pavia, ci chiediamo cosa imbarcassero visto che il torrente si trova molti metri più in basso: “boh, forse donnine?” sostengo io…

Il guanto di sfida è gettato e bastano le rampette che portano al bivio di Zavatarello per fare un buco, ricompattato prima dell’ ingresso in questo importante paese di alta collina. Leggo i cartelli e scopro, alla tenera età di quasi 29 anni, che Zavattarello va scritto con 2 T, sentendomi un’ idiota per aver sbagliato per anni ed anni… … E raccontanto la mia idiozia a tutti…
Gli altri ci raggiungono per il successivo tratto di salita, che dopo una discesina inizia con uno strappetto sino al bivio di Valverde per seguire decisamente pedalabile su strada larga e boschiva, pezzo in cui noto che anche Andrea ha perso un po’ di smalto rispetto a due settimane fa, lasciando però invariate le differenze di ritmo col sottoscritto. Nel secondo tratto questa strada si fa più aperta e più agevole, ne approfitto per delle fotografie e per rallentare sino al valico di Pietragavina, 725m slm; “praticamente siamo in montagna” dice Andrea, a cui replico che nemmeno questa sarà la Cima Coppi, poiché Oramala supererà gli 800. Arrivano gli altri ed insieme ci fermiamo alla fresca fontana poco più in basso, ripulendo i freni dal fango ed abbeverandoci sotto una tettoia in legno che fa da contorno ad una vasca in pietra.

La discesa verso Varzi è bella e divertente, attraversiamo il paese “capitale dell’ alta valle Staffora” per imboccare quello stretto ed improvviso bivio che porta ad Oramala, incastonato tra due abitazioni appena dopo un tratto di discesa. Finora abbiamo scherzato, adesso si fa sul serio con questa salita di quasi 450m di dislivello ed alcune rampe importanti. Spiego brevemente l’ andamento altimetrico indicando un muro dopo un tornante a sinistra situato dopo Albareto, per cui è consigliabile tirare il fiato nella sua attesa.
Io ed Andrea ci stacchiamo in avanti sulle già ripide pendenze che ci portano fuori da Varzi, la strada poi continua giusto un po’ meno decisa su colline aperte che danno spazio a campi di erba, frutta e calanchi contorniati da superfice boschiva, dentro la quale ci addentriamo nei pressi di Albareto che segna idealmente la metà della salita.
Complice un’ auto in senso contrario prendo qualche metro di distacco ed affronto questo difficile tratto di preparazione al muro, seguito da un tratto con pendenze più facili ben più lungo di quanto ricordassi nel quale tiro il fiato, vedendo Andrea allontanarsi sino a quel fatidico cartello posto ad avviso di un tornante a sinistra, girato il quale ce lo troviamo davanti: le pendenze sfiorano il 17% per 300m e qui ci si arriva in affanno, noi due saliamo difendendoci bene alla stessa velocità di poco inferiore ai 10 orari, ma poi quando la ripidità cala il buco si amplia enormemente lasciandomi solo col mio fiatone.
C’è una brevissima discesa utile a superare di slancio il successivo strappo, poi la strada riprende a scendere ed al castello di Oramala ritrovo Andrea, al quale propongo di andare avanti affrontando l’ultimo tratto di salita, siamo sempre nel bosco e dei pezzi interessanti si interpongono tra altri in falsopiano che ci fanno pensare ad un’ imminente fine delle fatiche.
Una volta finite le fatiche riprendo Andrea che è fermo in discesa, ma la strada qui è molto stretta e ci conviene continuare sino al bivio per Poggio Ferrato e fermarci nello spiazzo in attesa degli altri.

Non fa più molto caldo, vedo il vapore uscire dalle nostre bocche e mi copro un po’. Alessandro e Valerio ci raggiungono, la mia descrizione li ha tratti in inganno ed hanno pensato di aver superato agevolmente il muro di Albareto, trovandosi inaspettatamente quello vero più avanti. Ora abbiamo due scelte, ma optiamo per quella semplice che scende a Poggio Ferrato, all’ inizio su strada bagnata nel bosco, poi su carreggiata più larga ed asciutta sino all’ imbocco della provinciale della val di Nizza, una valle affluente dello Staffora che ha il pregio di essere costante al 1/2%, permettendoci di sfruttare facilmente la scia di chi tira, quindi per l’ 80% del tempo quella di Andrea che dimostra di avere ancora tante energie da spendere.
Rientriamo in valle Staffora e con sporadici cambi scendiamo verso Rivanazzano fino a giungere alla partenza, siamo stanchini ma ben soddisfatti di questa giornata, del percorso comunque molto bello (nonostante il cambiamento iniziale), della varietà delle salite e di Oramala che “era da un po’ che non scalavo una salita così”. Anche questo percorso improvvisato è piaciuto e potrei replicarlo nel 2014. Vedremo…
I giudizi sono positivi, l’ Oltrepò è piaciuto ancora e Valerio stasera festeggerà con un Barbera 2008 di Guerci acquistato due settimane fa. E sono queste le cose che fanno piacere!

Ma per me ed Andrea non è finita, lui ha la macchina al casello di Casei Gerola e gli suggerisco un’ alternativa per evitare il grosso del traffico attraverso le stradine di campagna, gli indico le vie immerse tra i campi della campagna Rivanazzanese e lo seguo sfruttandone la scia sino a Pontecurone, prima di indicargli l’ altra strada per il rientro e ritornare finalmente a casa.
Per me 109km e 1750m.
Qui la traccia originaria: http://tracks4bikers.com/tracks/show/161274

Andrea:

Uno dei giri migliori della stagione, ingiustamente disertato e non per questo meno divertente. Da un punto di vista paesaggistico suggestivo come poche strade sanno fare: spazi aperti, quasi aerei in certi tratti, intervallati da zone con vegetazione più fitta. Crinali sempre panoramici e discese spesso tecniche rese ancora più insidiose dall’asfalto umido e dalle foglie.
Dislivello sicuramente da non trascurare ( anche in relazione al chilometraggio) equamente distribuito tra salite pedalabili a muri oltre il 15%, per non farsi mancare nulla. Un giro che se affrontato a rimo serrato può mettere in difficoltà chiunque ..e non certo chi ha partecipato!

Qui c’era il lago di Trebecco
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Valerio ed Alessandro ci raggiungono a ZavatTarello
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Alla fontana di Pietragavina osservati dal suo castello
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Non smettete di seguire questo blog, seguiranno i racconti del bi-Lesima di Agosto, della “16 colli”, di fotografie sparse dal Tortonese e del calendario dello scalatore 2014!

Un saluto dal monte Penice

il 25/08/2013 · Commenti disabilitati su Un saluto dal monte Penice

Premessa: ieri ho approfittato delle “ferie” a casa per andare in perlustrazione di un pezzo del prossimo giro dei vigneti d’ Oltrepò (e Piacentino, per quest’ anno), 108km con 1850m tra alta val Versa e val Tidone in cui ho verificato che la discesa di Montalbo – Trevozzo è OK, ho scalato due nuove salite e soprattutto ho avuto l’ ispirazione per un nuovo giro che in teoria avrei programmato già per oggi, se non che la temperatura pienamente estiva mi ha fatto propendere per il piano P, quello del Penice.

13 agosto: Quest’ anno ho già tentato due volte la scalata sino alla vetta del Penice, ma in entrambe sono stato bloccato dalla neve. Mi sembra normale il 3 Gennaio, un po’ meno il 7 Aprile… Quindi so dove andare oggi, aggiungendoci poi la salita allo Scaparina da Bobbio che mi ha visto sulle sue strade una sola volta.
Seguo quasi tutta la statale sino a Varzi, dopo pranzo il traffico è contenuto ed una brezza favorevole mi aiuta a raggiungere i piedi del Penice, croce e delizia del mio inizio di carriera nel 2001 su cui sono convinto di avere un record di 43′, anche se questa misura mi lascia perplesso su come abbia fatto ad ottenerla anni fa. Approccio la prima decisa parte di salita con andatura media, poi però mi faccio prendere la gamba e fino al bivio Menconico spingo utilizzando anche il 50 per rimanere nei 3 quarti d’ora effettivi. La seconda parte riprende a salire (relativamente) decisa, l’ asfalto ogni anno più ruvido non aiuta di certo, ma sono confidente di potercela fare, finché non vedo il cartello di 5km all’ arrivo e mancano soli 18 minuti, ai -3km ho 10 minuti, ai -2km soli 6… ma poi spiana, e riesco nel mio intento con 45′ netti!

Qualche minuto di relax al passo, poi intraprendo la strada della vetta finalmente libera dalla neve (e vorrei vedere!) con estrema calma. La sommità del Penice arriva a 1460m, con un antico santuario abbastanza frequentato e soprattutto è isolata rispetto alle altre cime, permettendo una bella vista a 360° su val Trebbia, Staffora, Tidone e su tutte le colline e montagne dell’ Oltrepò, con lo sguardo che si spinge sino alla pianura parzialmente coperta da smog e foschia. Nonostante ci sia stato numerose volte, ripassare di qui è sempre un piacere.

Bobbio si trova 1200m più in basso
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Le campane del santuario
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La valle Staffora dalla vetta
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La val Tidone
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La discesa sino al passo è ruvida, il resto verso Bobbio è invece una goduria con curve facili ed una temperatura che aumenta a vista d’occhio. Svolta verso Ceci accolto da un ambiente prima calanchivo e poi boschivo, con una strada di media larghezza che dopo un inizio altalenante prende una bella costanza sino a Ceci, per terminare con pendenze più decise a 3km dal passo del Brallo.
Era da tanto che non salivo da qui, e me la ricordavo molto più impegnativa.

Scendo sino ai 950m del Brallo, scendo beato sino a Varzi pedalando tutto il tempo per contrastare la brezza opposta e poi torno a casa passando per la valle Staffora, una parte di giro abbastanza noiosa che non offre spunti da raccontare.

La zona calanchiva all’ inizio della salita dello Scaparina
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Da qui a Ceci solo ambiente selvaggio
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Un saluto dal Penice

il 05/01/2013 · Commenti disabilitati su Un saluto dal Penice

E’ veramente da tanto che non pubblico niente, da quasi un mese ormai quando ho mostrato a tutti il risultato delle selezioni del calendario dello scalatore 2013.

Al momento ho diversi progetti in mente, cioè di tracciare una serie di percorsi turistici tra Oltrepò e Tortonese suddivisi per zona e difficoltà, quello di scrivere la classica classifica personale dei migliori giri del 2012, raccontarvi i progetti per questo 2013 ed anche aumentare l’ interattività con gli iscritti al gruppo su Facebook.
Ma per il momento vi mando una cartolina dal passo Penice (purtroppo la strada per la vetta era inagibile, ma non che questo mi abbia fermato!)

Voglio andare lassù, ce la farò?

Beh intanto sono arrivato al passo e gli ultimi 1500m non sono stati molto agevoli a causa della nevicata del giorno precedente


Tento la via della vetta, ma dopo 1km rinuncio, non ho il tempo necessario per salire e scendere in tutta sicurezza (dalla foto si capisce perchè?)


Un peccato, le colline e le Alpi che sbucano dalla foschia sono un vero spettacolo!

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Lesima Lesimin…

il 10/07/2012 · Commenti disabilitati su Lesima Lesimin…

Lesima lesimin, tutt’i mont i ghè fa inchin, non ghè che mont Alfé che l’è ciu alto che ne lé… Così recita un’ antica canzoncina ligure, quando ancora non esistevano strumenti per capire che il Lesima in realtà è più alto del monte Alfeo dominando tutto il panorama circostante dai suoi 1724m. E’ la cima Coppi e Mortirolo dell’ Appennino pavese, per giungere alla sua sommità si deve affrontare una strada molto ripida che tutti gli inverni soffre di forti escursioni, frantumandosi in ghiaia che disturba la pedalata già precaria.

E’ l’ obbiettivo principale della giornata, ma non l’ unico, dato il caldo da estate piena indosso una vecchia maglia trasformata in canutiera (che errore…) e parto con lo scopo principale di compiere un giro talmente lungo da far diventare Giugno 2012 il secondo mese di sempre per chilometri, considerato che per me è stato sempre un mese di scarico. Alla fine sbaglierò i conti e questo mese rimarrà il 3° di sempre a 3km dal secondo, comunque 490km in più del precedente record. Non male considerato che non ho fatto ferie e gli unici permessi di lavoro che ho avuto li ho presi per i giri ciclo-enologici…

La statale verso Varzi è troppo trafficata al sabato mattina, sino a San Ponzo passo sulla secondaria e poi obbligato mi sorbisco 7km di traffico. A Varzi inizia il passo Brallo, molto pedalabile che mi conferma che oggi la gamba gira bene, poi perdo qualche metro di quota sino a Casanova Staffora ed intraprendo il Pian dell’ Armà, quasi 1000m di dislivello altimetrici, almeno 1100 considerando buche ed asfalto “d’ epoca”. Una settimana fa in discesa mi ha messo di cattivo umore per 2 giorni (ma come si fa a tenere una strada così?), in salita è poco meglio… Sino a Cegni si sale bene su una strada regolare, poi cominciano le buche, i rattoppi ed a faticare per spianare migliaia di microdislivelli presenti tra i sassi collegati tra loro da quel che rimane dell’ asfalto. La pendenza ufficiale arriva al 10% prima di Negruzzo, quella patita è almeno dell’ 11%. Il panorama è comunque buono, sono sulle pendici dei monti Bogleio e Chiappo ed un nascente Staffora scorre sensibilmente più in basso formando una specie di lussureggiante gola.
Sfioro i 1500m dello scollinamento e scendo al passo Giovà / Pian del Poggio, dove approfitto della fontana per riempirmi di acqua (almeno mezzo litro bevuto in un attimo) e dove incrocio Ciro e Damiano, 2 compagni di squadra che stanno facendo una pausa godendosi il fresco clima che c’è qui a quota 1300. Ho tempo da perdere e mi offrono una bella e buona birra fresca (la Castello lager per la precisione). Ok, ormai non c’è giro lungo in cui non assumo alcolici, sto prendendo una brutta piega…
Scendiamo dal Giovà assieme, la strada si butta nell’ alta valle Staffora con un asfalto dignitoso interrotto da troppe curve con sassi in mezzo, motivo per cui la prendiamo tutti tranquillamente. A Pianostano comincia già ad esserci caldo, ma mentre per loro ci sarà il ritorno, per me c’è una salita che mai sono riuscito a fare intera, gli altri 2 tentativi sono sfumati al bivio di Cima Colletta al quale sono giunto completamente privo di forze. E non avevo il Pian dell’ Armà di mezzo, ma nemmeno i rapportini di adesso. Supero agevolmente il bivio per Cencerate e non patisco nemmeno il tratto successivo nel fitto bosco su una carreggiata larga tre metri. Al bivio di Cima Colletta sto bene, il Lesima è alla mia portata.
Sono stati 3 in tutti i tentativi di arrivare in cima, al primo stavano riasfaltando la strada e ci sono arrivato a piedi, al secondo invece ho rinunciato dopo 300m. Al terzo nel 2007 ci sono riuscito, ora sono confidente di non patire e quando la famosa sbarra alzata si presenta davanti ai miei occhi combatto il 20% iniziale a viso aperto, con la catena sul bel 34×27 e tutto seduto per non far slittare la ruota sulla ghiaia. Il primo tornante arriva in fretta e le pendenze si fanno più umane, la vegetazione mi abbandona e scalo questo muro incastonato tra ripidi prati fino al crinale, dove si può respirare in attesa del muro finale che porta sino al famoso ripetitore aereo, muro che manda in acido lattico le mie cosce ma che non mi crea troppi problemi. Più facile del previsto è il mio responso…

Fatto 30 faccio 31 e salgo sino alla vera e propria vetta a piedi su un piccolo sentiero, dalla cima la visuale è fantastica sebbene mitigata dalla foschia. Da qui si dominano la selvaggia val Boreca, la più antropizzata valle Trebbia, si vede lo Staffora, tutte le alte cime dell’ Appennino ligure e sullo sfondo l’ afosa pianura. Però se le pile della fotocamera non mi avessero fatto lo scherzo di esaurirsi proprio ora sarebbe meglio… salvo riprendersi più avanti in discesa… molto ripida da fare a freni tirati. Ad un certo punto vedo una roulotte di un allevatore in basso, una curva e quella roulotte è al mio fianco… C’è ancora un tratto di leggera salita verso Cima Colletta, poi sino al Brallo è tutta discesa e pure messa meglio di quanto mi aspettassi, alla fine l’ unica strada montana veramente indecente è quella dell’ Armà, le altre le si affrontano facendo un po’ di attenzione.
Ai 950m del Brallo ricomincia a fare caldo, che aumenta al termine della discesa al bivio del Ponte Blu, dove inizierà per me un’ altra salita che da Menconico arriva quasi al passo Penice.

Sino al paese alle pendici del Penice nessun problema, poi la strada si impenna rimanendo immersa tra la vegetazione che non copre il sole all’ apice del suo tragitto. Non la ricordavo così ripida, i 10% abbondano ed aggiungendoci temperature di poco inferiori ai 30° a 1000m di quota faccio fatica ad arrivare al bivio delle 4 strade, un chilometro prima del passo Penice.
Scendo verso Romagnese ma non posso saltare la fresca fontana di Casa Matti in cui bevo a sbafo e bagno i guanti che sto indossando esclusivamente in discesa. Questa sarebbe una bella discesa se non trovassi sabbietta o crepe proprio in curva. Supero il paese ed affrontando la calura estiva ormai pesante arrivo sino al bivio di Le Moline, dal quale parte un assolato strappetto che mi porta sino a Valverde e dal quale prosegue la salita sino a S. Albano.
La val di Nizza è un lunghissimo e ripido falsopiano che in discesa scorre agilmente, a Ponte Nizza seguo la statale per quel chilometro necessario a riportarmi su stradine secondarie su cui pedalo sino a casa.

In tutto 154km, 3400m di dislivello, 6:30 pedalate in solitaria, tanto caldo ed una scottatura memorabile sulle spalle scoperte. Ma ne valeva la pena.

Il monte Lesima da Pian dell’ Armà

Il muro finale del monte Lesima

Ripido lato orientale del Lesima, verso la val Trebbia

Eccolo il ripetitore aereo

Ottone e val Trebbia

il 27/06/2011 · Commenti disabilitati su Ottone e val Trebbia

29 Maggio

E’ sabato e domani ho voglia di dormire sino a tardi e di pranzare a casa, però voglio anche incamerare un bel giro con molto dislivello in posti nuovi. Riesco velocemente a quadrare il cerchio con una soluzione accettabile per entrambi i miei scopi.
Parto alle 13:50 da Varzi dopo una breve trasferta, l’ obbiettivo del giro è Ottone, paesino in alta val Trebbia che purtroppo non sono ancora riuscito a vedere. L’ itinerario è ovviamente condito da qualche nuova salita, tra cui una che secondo le mappe scende proprio ad Ottone, ma che sembra essere parzialmente sterrata.

Inizio col passo Brallo, 550m di dislivello spalmati in 17km con punte del 7%, constato felice che quel tratto iniziale in cui nel 2009 mi impegnavo per non scendere sotto i 20 all’ ora, adesso scorre con più facilità oltre i 21. Sulla salita c’è poco da dire, ogni tanto scende un poco o spiana, poi prosegue regolare al 5/6% sino allo scollinamento verso la val Trebbia. Io però sono diretto ai Piani di Lesima, tratto di salita di tutt’ altra caratura con drittoni al 9% e panorami grandiosi sulla valle sottostante. Superato il centro turistico la strada si trasforma, ora pedalo nel bosco su una carreggiata molto ruvida e talmente stretta da sembrare una pista ciclabile. La discesa è una via semi dimenticata per veri intenditori, 5km al 10% medi con stretti tornanti, buche, saltellamenti continui ed ancora pochissimo spazio di manovra, tanto che l’ unico veicolo che ho incrociato ha dovuto farsi da parte per farmi passare.
A Zerba rientro nella civiltà, il tratto che scende in val Trebbia è bello e divertente, nonchè spettacolare. A Traschio svolto in direzione opposta ad Ottone, tento la sorte con la salita da Losso a Santa Maria, sperando che il collegamento con Ottone Soprano sia percorribile. Questo pezzo è un tornante così continuo da far girare la testa, ma le condizioni del bitume e la sporcizia presente lasciano a desiderare. In cima potrei continuare su una sterrata (lo sapevo!), ma non voglio rischiare di infilarmi in avventure escursionistiche e perciò ricurvo numerosissime volte sino ad essere nuovamente in val Trebbia, questa volta però verso Ottone, raggiunto in pochi minuti.

Il paese è carino, abbastanza vivo per essere lontano da luoghi importanti, una veloce biciclettata attraverso le sue vie mi permette di conoscerlo prima di affrontare un’ altra salita, quella che mi porta con regolarità sino al crinale della val d’Aveto, un saliscendi stupendo che ho affrontato nel senso opposto lo scorso Settembre.
L’ Aveto ha creato queste gole col passare dei millenni, l’uomo ne ha risalito gli argini e ci ha costruito paesi aggrappati alla roccia. La discesa direi che è bella, ma mi capita troppo spesso di sentire la ruota anteriore scossa da alcuni sassolini mentre è piegata in curva, e la cosa mi innervosisce parecchio, non mi era mai successo con questa costanza. Devo sbrigarmi perchè ho giusto un pomeriggio allungato a disposizione e manca ancora l’ ultima salita al Brallo. Sulla carta non è nulla di proibitivo, ed in effetti nemmeno sotto le ruote è particolarmente difficile, ma il suo asfalto a tratti ruvido, le pendenze iniziali che raggiungono l’ 8% e la lunghezza superiore ai 10km, uniti ad una gamba ormai affaticata, rendono questi 550m verticali impegnativi. Fortunatamente l’ ultimo tratto è un falsopiano in quota e la successiva discesa è divertente, con giusto qualche strappo a rompere il ritmo.

Alla fine è stato un buon giro, ottimo se considero che è stato un ripiego, i kilometri totali sono 114 per 2750m di dislivello e 5 ore nette di pedalata, più 20 minuti tra fotografie e visita ad Ottone.

Consigli:
Essendo un giro di riserva, propendo maggiormente per altri itinerari. Però anche questo è bello, basta evitare l’ inutile salita da Losso a Santa Maria.
La strada dei Piani di Lesima è affascinante, ma l’ asfalto è rovinato, è meglio passare per Cima Colletta/Giovà/Zerba.
Credo che questo giro in senso opposto sia migliore, ma più duro.
Questa la traccia: http://tracks4bikers.com/tracks/show/55091

Affioramenti ofiolitici nei pressi del Brallo di Pregola

Guardando in basso dalla strada Brallo – Corbesassi

Ultimo tratto di salita dopo i Piani di Lesima

La strada della val Trebbia tra Ponte Organasco e Traschio

La strettissima discesa verso Zerba

La val d’Aveto sopra Cerignale


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