Turchino, Faiallo, Beigua e mare

il 13/01/2016 · Commenti disabilitati su Turchino, Faiallo, Beigua e mare

14 novembre

Il mondo occidentale è stato appena sconvolto dai fatti di Parigi, io per fortuna lo sono stato meno del temuto dai commenti letti su internet a proposito del miliardo e mezzo di musulmani al mondo (commenti a dir poco banalizzanti e stupidi tipo “sono tutti terroristi”, “sterminiamoli”, “ci hanno dichiarato guerra”. E’ un problema dalle mille sfaccettature di difficile comprensione, ma in fondo invidio quelli che hanno la soluzione pronta per tutto).
Ritornando a questioni molto più frivole, io sono ancora sconvolto dalle due pizze della sera precedente (“faccio carburante per domani”) e da un clima impazzito con temperature primaverili in montagna ed una fitta nebbia che abbandono solo addentrandomi nell’ Appennino ad Ovada. Anche oggi è la giornata perfetta per prendere la macchina e trasferirsi verso la Liguria per un altro dei giri classici di queste parti, quello di Faiallo-Beigua-Turchino con una variante non ancora sperimentata.

Parto da Masone, con questa temperatura la giacca invernale su abbigliamento estivo è fino eccessiva, ma almeno è comoda in discesa.
L’inizio è quello classico che ogni anno porta i ciclisti della Milano-Sanremo a vedere il mare, 2km di salita facile fino al nuovo e più largo tunnel del Turchino che ha soppiantato quello vecchio e stretto budello che collega due mondi talvolta in netto contrasto climatico. Non oggi però, fa caldo a nord e a sud di esso, mi fa solo un’infinita tristezza vedere il passaggio storico ormai sbarrato ed abbandonato come una vecchia star che non riscuote più successo.
Il Faiallo è la naturale prosecuzione del Turchino, una continua e lunga salita vista mare, dapprima in un rado bosco e poi scoperta, una piccola strada a due corsie avvinghiata ai pendii meridionali scavati dalle forze della natura sui quali si alternano rocce spioventi ed arbusti aggrappati alle ripide pendenze. Uno dei passi più belli della zona, dai sentori alpini che riesce comunque ad emozionarmi nonostante i miei tanti passaggi. Non ho molto da dire sulle difficoltà altimetriche, sino al Bric del Dente è continua e pedalabile, poi si avvalla e lì raggiungo un biker valtellinese che come me ha sfidato la nebbia e come il sottoscritto sta andando verso il monte Beigua, ma per tutt’altra via. Raggiungiamo il passo assieme parlando di gare, podismo ed agonismo, ci salutiamo sapendo che anche a lui spetteranno strade rovinate, ma per me su un asfalto con qualche buca di troppo: ancora si leggono sui cartelli degli insulti per la scarsa manutenzione che fortunatamente hanno spronato un parziale miglioramento.

Al bivio di Urbe il giro classico prevede la scalata diretta al monte Beigua, ma stavolta provo un’ alternativa più lunga che passa attraverso La Carta, un valico che porta a Sassello e che non avevo notato nello studio preventivo del percorso, una difficoltà altimetrica non trascurabile che sale di 200m in 5km scarsi. Nulla di preoccupante, qualche tornante nel bosco su una strada poco trafficata sino all’ imbocco con la salita successiva a Piampaludo che al contrario presenta da subito pendenze decise di mio maggiore gradimento. Il bosco in formato autunnale contrasta con la temperatura piacevole circostante, vestito con la giacca sudo e proseguo con maniche sollevate e zip aperta per far traspirare il motore surriscaldato da questo tratto che termina a Veirera, altro sperduto paesello nel versante nord dei monti liguri.
Prima di ricongiungermi al classico versante scendo di quota arrivando a Piampaludo rilassato per il successivo tratto, quello eternamente in ombra orografica e vegetativa, in cui occasionali massi neri spuntano dal mare di foglie rosse su cui una striscia di bitume viene continuamente interrotta da buche grosse e piccole. Sino al rifugio del parco del Beigua è un seguirsi di strappetti e pianori, poi la fretta di finire ha fatto tracciare una riga quasi diritta verso i 1287m della vetta su cui sorgono (giustamente) una serie di antenne di trasmissione televisiva. Si deve spingere su punte de 14%, ma arrivo lassù e vi trovo due elementi tipici de posto: tanti bikers anche stranieri, che qui vengono per godersi lunghe discese sterrate, e la nebbia marittima.

Mi fermo per qualche minuto utile a reintegrare giusto qualche caloria e per delle foto, purtroppo la nuvolaglia sparsa blocca la visione del mare ed oggi c’è poco di panoramico. La discesa la ricordavo peggiore, è sempre il solito budello nel bosco tutto bucato, ma i fori sono sottili e le vibrazioni controllabili tra curve e controcurve al 10%. Ad Alpicella ritorno a vie di comunicazioni più civili e larghe che spedite mi portano all’obbiettivo solo sfiorato nei giri liguri precedenti: il mare! E’ bello e strano vederlo così da vicino, respirarne la salsedine e vedere ancora le persone in spiaggia a metà novembre! E a questo punto mi parte l’embolo, voglio anch’io fare il bagno a novembre! Ma ragionando sulle difficoltà tecniche desisto un attimo ripartendo e scalando i due capi, Piani di Invrea e Colletta di Arenzano, due salitelle facili da 60m verticali che danno pepe all’Aurelia. Ma ad Arenzano prendo coraggio e … non mi tuffo, sarebbe veramente troppo, ma appoggio bici e scarpe in spiaggia ed immergo le gambe sino alle ginocchia in un’acqua limpida ed ancora calda, è una goduria! Per pulirmi uso l’acqua della borraccia e poi coi piedi ancora umidi mi rimetto le scarpe e pedalo salato sino a Voltri, all’addio (o arrivederci?) alle spiagge e all’imbocco del Turchino, che nel versante ufficiale è una salita da 500m continua e molto frequentata, ma che ha una sorella molto più desolata ed affascinante attraverso Acquasanta.

L’inizio è un budello lungo il torrentello ononimo, il paese invece è un centro termale con vasche all’aperto, un enorme santuario ed un impressionante viadotto ferroviario in muratura. Una visita superficiale è obbligatoria, poi riempio la borraccia precedentemente usata per lavarmi dalla sabbia e riparto per la seconda e ben più dura parte attraverso i boschi che qui crescono indisturbati. Il cielo si è fatto nuvoloso ma la parte selvaggia della Liguria si tiene in mostra nei tratti più scoperti, con qualche occasionale casa isolata che interrompe la monotonia e che mi interroga su chi possa volere vivere qui, quantomeno per la scomodità della posizione. Il mio primo passaggio risale al 2008, ed oggi è il secondo. La stanchezza si fa sentire, ma la fine sempre più vicina è di conforto ed il passo arriva all’ improvviso e senza cartelli. Panorami zero, da qui manca veramente poco al rientro a Masone, 3km di sola discesa.

E’ fatta, questo altro grande classico rivisto è completato ed è forse migliore dell’ originale! Mi cambio quasi tutto in piazza davanti ad un bar, e poi giustamente mi gratifico con una merenda brioche più caffè, prima del rientro nella densa e terribile nebbia abbandonata in pianura. La prossima settimana dovrebbe far brutto, ma per domani ho già un’idea particolare…

104km, 2400m

Il Turchino così fa tristezza
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Panoramica salendo al Faiallo
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Altra panoramica del passo Faiallo
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Foglie di un autunno che non c’è al monte Beigua
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Le antenne poste in cima al monte Beigua
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Il bagno in mare era obbligatorio!
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La spiaggia a Cogoleto
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Viadotto ferroviario ad Acquasanta
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bi-superFaiallo e sterrato

il 18/05/2011 · Commenti disabilitati su bi-superFaiallo e sterrato

10 Aprile

La provincia di Genova è la mia seconda casa, il luogo delle mie prime avventure extraterritoriali e di quelle che all’ epoca erano le più dure salite mai fatte. Ora, nel 2011, conosco quasi tutte le strade tra Savona e Chiavari, ma mi mancano ancora alcune salite secondarie di grande importanza: il Faiallo via Cannellona e Cappelletta e almeno un versante meridionale della Madonna della Guardia, che spero di completare quest’ oggi partendo da Masone.

Il clima nell’ entroterra è rovente, l’ ideale per la fine di Maggio con massime stimate sui 28° (ma è metà Aprile!), ma in riviera sarà ben più fresco con massime sui 20°, la canutiera leggera tornerà utile. Ho con me nel baule anche una camera d’aria e un copertone di scorta, non si sa mai con le mie ruote abbastanza consumate.
Via Cappelletta è un muro, in poco più di un kilometro arriva sulla strada del Faiallo, ben sopra al Turchino. Nella sua ricerca vengo rapito dal cartello “strada panoramica del serpente”, che seguo trovandomi appena sopra ad una piccola cascata in un territorio brullo e roccioso, con alcune abitazioni avvinghiate alla nuda roccia a pochi minuti dal paese principale. Riscendendo imbocco il bivio giusto, su un asfalto ruvido che entra nel bosco ed inizia a respingere il mio pur docile peso, lottando contro la forza newtoniana per eccellenza e contro la mia volontà che porterebbe la catena sul 34×27. Arranco dignitosamente su tratti al 17%, poi alle prime case di Cappelletta posso respirare, il primo “Super-Faiallo” è fatto!.

Ricordo dal 2004 la bellissima discesa del Turchino, ora piena di motociclisti che tento di sfidare con curve al limite della sopportazione del mio copertone ormai liscio, che trema alle velocità maggiori e che mi preoccupa un po’ sino alla foratura ai 50kmh in una semicurva a destra, lasciandomi il tempo di frenare prima di constatare l’ ovvio: la prima foratura dell’ anno. A destra un cartello indica la stazione di Mele, sento che la sfiga deve essere pareggiata e tento di arrivare in stazione con la speranza di prendere al volo uno dei rari treni per Masone, dove ho a disposizione qualsiasi ricambio. Purtroppo un abitante gentilissimo mi avvisa dell’ attesa di un’ ora, cercando di aiutarmi con una pompa non compatibile con le valvole di una bicicletta stradale.
Ricado sui vecchi metodi, smonto la gomma, cambio camera d’aria e rigonfio la ruota a circa 4 atmosfere. Il giro è rovinato, ma ora che sono in zona cerco comunque di approfittarne.

Scendo comunque a Voltri e cercando via Cannellona seguo una forte triatleta che per preparare una mini Ironman mi porta sino a Fabbriche, un’ altra salita imprevista seppur facile, poi con lo spirito dell’ esploratore sperduto chiedo indicazioni, finisco su strade sterrate e solo alla fine trovo quel famoso muro assimilabile ad un tratto di Mortirolo Genovese. La chiamano “il brevetto“, se la si fa tutta senza mettere il piede a terra si è buoni ciclisti, sta di fatto che grazie al 27 mai fatto togliere non solo non corro il rischio di uno stop, ma la trovo meno difficile del previsto, con massime non esagerate e soli 2,4km consecutivi veramente duri, che scopro solo adesso avere una media del 13%, tratto nel quale non sono mai sceso sotto gli 8 orari.

Anche questa è fatta, ritorno a Masone per mangiare la brioche e sistemare ruota e ricambi. E’ troppo presto per andare a casa, è troppo tardi per il giro originale, ma ho già l’ idea di riserva che guarda quel cartello blu indicante i Piani di Praglia, voglio vedere sin dove arriva l’ asfalto e si sa mai che la cima sia raggiungibile!
Salgo e salgo abbastanza, ma alla fine mi aspetta solo uno sterrato sporco con pietre e sabbia, improponibile per una bicicletta da corsa, non mi resta che scendere e vedere dove mi porta quel bivio in discesa da Romitorio verso Prato Rondanino. Dopo un tratto molto ripido scopro che la strada arriva sino ad un guado cementato, seguito da un altrettando duro strappo che da l’ inizio ad una salita in cui il dislivello dato dalle autentiche voragini non è trascurabile, una addirittura è talmente grossa che mi scopro funambolo nel passare negli unici 20cm di strada intera, omettendo la foto della più grossa buca mai vista (e dire che ci sono abituato!).
Anche qui, a Prato Rondanino, si arriva allo sterrato, ma mi dicono essere ciclabile, perciò tento l’ impresa. La ciclabilità è bassa, alcuni punti sono su pietre, altri su sabbia scavata da rili d’ acqua piovana, devo fare attenzione a non scivolare sul terreno sdrucciolevole e in alcuni tratti sono al limite dell’ equilibrio su pendenze da salita vera, ma alla fine trovo le sbarre e l’ asfalto con esse. Dopo il Bi-Super-Faiallo compio un’ altra piccola impresa off-road, ci vorrebbe come minimo la bici da ciclocross per salire, ma solo la mtb è adatta a questa via.

Salgo sino a raggiungere i Piani di Praglia e fermarmi al bar per un gelato, seduto al sole assieme a decine e decine di gitanti della domenica venuti qui per godersi la montagna, ma non il fresco, dato che la temperatura è la stessa che c’era a pochi metri dalle spiagge. Scendo a Campo Ligure facendo bene attenzione a non farmi fregare da quella curva infida prima del paese, fallendo parzialmente, per poi arrivare a Masone sospinto dalla tramontana in compagnia di un tifoso sampdoriano triste per gli scarsi risultati dei blucerchiati, ciclista che mi fa i complimenti sia per la Cannellona che per lo sterrato odierno, e che mi porta ad allungare di alcuni kilometri sino a Molino del Pesce, la più pianeggiante delle frazioni di Masone.

Ho perso la Guardia dal versante sud, ma nonostante tutto è stato un bel giro di 105km e 2400m di dislivello

La cascata del Serpente


quartieri alti di Voltri


verso la Cima dell’ Inferno, passo Faiallo


panorama dai Piani di Praglia

L’ altimetria di Via Cannellona per gradire

La provincia di Genova è la mia seconda casa, il luogo delle mie prime avventure extraterritoriali e di quelle che all’ epoca erano le più dure salite mai fatte. Ora, nel

2011, conosco quasi tutte le strade tra Savona e Chiavari, ma mi mancano ancora alcune salite secondarie di grande importanza: il Faiallo via Cannellona e

Cappelletta e almeno un versante meridionale della Madonna della Guardia, che spero di completare quest’ oggi partendo da Masone.

Il clima nell’ entroterra è rovente, l’ ideale per la fine di Maggio con massime stimate sui 28° (ma è metà Aprile!), ma in riviera sarà ben più fresco con massime sui

20°, la canutiera leggera tornerà utile. Ho con me nel baule anche una camera d’aria e un copertone di scorta, non si sa mai con le mie ruote abbastanza

consumate.
Via Cappelletta è un muro, in poco più di un kilometro arriva sulla strada del Faiallo, ben sopra al Turchino. Nella sua ricerca vengo rapito dal cartello “strada

panoramica del serpente”, che seguo trovandomi appena sopra ad una piccola cascata in un territorio brullo e roccioso, con alcune abitazioni avvinghiate alla nuda

roccia a pochi minuti dal paese principale. Riscendendo imbocco il bivio giusto, su un asfalto ruvido che entra nel bosco ed inizia a respingere il mio pur docile

peso, lottando contro la forza newtoniana per eccellenza e contro la mia volontà che porterebbe la catena sul 34×27. Arranco dignitosamente su tratti al 17%, poi

alle prime case di Cappelletta posso respirare, il primo “Super-Faiallo” è fatto!.

Ricordo dal 2004 la bellissima discesa del Turchino, ora piena di motociclisti che tento di sfidare con curve al limite della sopportazione del mio copertone ormai

liscio, che trema alle velocità maggiori e che mi preoccupa un po’ sino alla foratura ai 50kmh in una semicurva a destra, lasciandomi il tempo di frenare prima di

constatare l’ ovvio: la prima foratura dell’ anno. A destra un cartello indica la stazione di Mele, sento che la sfiga deve essere pareggiata e tento di arrivare in

stazione con la speranza di prendere al volo uno dei rari treni per Masone, dove ho a disposizione qualsiasi ricambio. Purtroppo un abitante gentilissimo mi avvisa

dell’ attesa di un’ ora, cercando di aiutarmi con una pompa non compatibile con le valvole di una bicicletta stradale.
Ricado sui vecchi metodi, smonto la gomma, cambio camera d’aria e rigonfio la ruota a circa 4 atmosfere. Il giro è rovinato, ma ora che sono in zona cerco

comunque di approfittarne.

Scendo comunque a Voltri e cercando via Cannellona seguo una forte triatleta che per preparare una mini Ironman mi porta sino a Fabbriche, un’ altra salita

imprevista seppur facile, poi con lo spirito dell’ esploratore sperduto chiedo indicazioni, finisco su strade sterrate e solo alla fine trovo quel famoso muro assimilabile

ad un tratto di Mortirolo Genovese. La chiamano “il brevetto”, se la si fa tutta senza mettere il piede a terra si è buoni ciclisti, sta di fatto che grazie al 27 mai fatto

togliere non solo non corro il rischio di uno stop, ma la trovo meno difficile del previsto, con massime non esagerate e soli 2,4km consecutivi veramente duri, che

scopro solo adesso avere una media del 13%, tratto nel quale non sono mai sceso sotto gli 8 orari.

Anche questa è fatta, ritorno a Masone per mangiare la brioche e sistemare ruota e ricambi. E’ troppo presto per andare a casa, è troppo tardi per il giro originale,

ma ho già l’ idea di riserva che guarda quel cartello blu indicante i Piani di Praglia, voglio vedere sin dove arriva l’ asfalto e si sa mai che la cima sia raggiungibile!
Salgo e salgo abbastanza, ma alla fine mi aspetta solo uno sterrato sporco con pietre e sabbia, improponibile per una bicicletta da corsa, non mi resta che

scendere e vedere dove mi porta quel bivio in discesa da Romitorio verso Prato Rondanino. Dopo un tratto molto ripido scopro che la strada arriva sino ad un guado

cementato, seguito da un altrettando duro strappo che da l’ inizio ad una salita in cui il dislivello dato dalle autentiche voragini non è trascurabile, una addirittura è

talmente grossa che mi scopro funambolo nel passare negli unici 20cm di strada intera, omettendo la foto della più grossa buca mai vista (e dire che ci sono

abituato!).
Anche qui, a Prato Rondanino, si arriva allo sterrato, ma mi dicono essere ciclabile, perciò tento l’ impresa. La ciclabilità è bassa, alcuni punti sono su pietre, altri

su sabbia scavata da rili d’ acqua piovana, devo fare attenzione a non scivolare sul terreno sdrucciolevole e in alcuni tratti sono al limite dell’ equilibrio su pendenze

da salita vera, ma alla fine trovo le sbarre e l’ asfalto con esse. Dopo il Bi-Super-Faiallo compio un’ altra piccola impresa off-road, ci vorrebbe come minimo la bici da

ciclocross per salire, ma solo la mtb è adatta a questa via.

Salgo sino a raggiungere i Piani di Praglia e fermarmi al bar per un gelato, seduto al sole assieme a decine e decine di gitanti della domenica venuti qui per godersi

la montagna, ma non il fresco, dato che la temperatura è la stessa che c’era a pochi metri dalle spiagge. Scendo a Campo Ligure facendo bene attenzione a non

farmi fregare da quella curva infida prima del paese, fallendo parzialmente, per poi arrivare a Masone sospinto dalla tramontana in compagnia di un tifoso

sampdoriano triste per gli scarsi risultati dei blucerchiati, ciclista che mi fa i complimenti sia per la Cannellona che per lo sterrato odierno, e che mi porta ad

allungare di alcuni kilometri sino a Molino del Pesce, la più pianeggiante delle frazioni di Masone.

Ho perso la Guardia dal versante sud, ma nonostante tutto è stato un bel giro di 105km e 2400m di dislivello

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